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Uno still dal video «Migratori», 2025, di Agnese Galiotto

Cortesia dell’artista

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Uno still dal video «Migratori», 2025, di Agnese Galiotto

Cortesia dell’artista

Come le valli orobie guardano il contemporaneo

Il nuovo ciclo del progetto di GAMeC in tre paesi nel bergamasco affida a tre video l’indagine della relazione tra umano e animale

Marta Cereda

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È l’articolo maschile che fa capire subito come si imponga un punto di vista diverso. «Il biennale delle Orobie», non «la» biennale, come si è soliti dire. Ciò che è sottinteso prima dell’aggettivo sostantivato è l’idea di un programma della durata di due anni e di un percorso, vista la natura itinerante. Ve ne abbiamo già parlato: ci stiamo riferendo a «Pensare come una montagna», progetto di GAMeC-Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo con la direzione artistica di Lorenzo Giusti e la collaborazione curatoriale di Sara Fumagalli e Marta Papini, con l’obiettivo di coinvolgere la provincia bergamasca e riflettere sul ruolo dell’istituzione artistica del capoluogo, anche in attesa dell’apertura della nuova sede del museo, prevista nella primavera 2026. 

«Pensare come una montagna», dunque, per prendere le distanze, per indagare la complessità delle relazioni ecosistemiche all’interno delle quali anche GAMeC si colloca, presentando una serie di opere in modo diffuso in un territorio che si connota certamente come montano, ma anche come fortemente antropizzato.

L’interrogativo sulle modalità e possibilità di armonizzare questa coesistenza è affidato per il terzo ciclo, inaugurato l’8 febbraio, a tre produzioni video di Michela de Mattei e Invernomuto, Agnese Galiotto, Giulio Squillacciotti, protagoniste tanto quanto Branzi, Gorno, Vedeseta, Averara, Gromo, località delle cinque valli bergamasche che accoglieranno i progetti filmici in una tournée di quattro mesi, con date fino a maggio. I lavori rimangono gli stessi, è vero, ma i paesi dove vengono presentati sono di volta in volta differenti e inevitabilmente ne condizionano la percezione. Il giorno dell’inaugurazione del ciclo, per esempio, le nuvole, i cappucci e gli ombrelli impedivano la vista delle Orobie, ma il riferimento alla montagna si avvertiva ben chiaro in tutti i lavori.

Squillacciotti (Roma, 1982) lo dichiara nel titolo: «Mut», in dialetto bergamasco, è il monte, di cui il formato quadrato scelto per le riprese fa scorgere soltanto delle porzioni. Il regista è stato accolto in un alpeggio e ha osservato i gesti e le azioni che si ripetono dall’alba al tramonto. Ha raccontato le abitudini, l’amore fraterno, mettendo silenziosamente a confronto le tinte di terra della natura e i colori accesi degli abiti degli escursionisti. Un film armonioso che rivela i contrasti della montagna, tra cura, sfruttamento, produzione, tra chi va e viene e chi resta.

Nel lavoro di Galiotto, intitolato «Migratori», lo sguardo si apre sulle vallate attraverso i campi lunghi, che indugiano sul paesaggio bergamasco e trentino per poi concentrarsi sulle attività di due stazioni di inanellamento per gli uccelli migratori. In questo caso, l’asimmetria di rapporti tra umano e animale è resa evidente dai sistemi di cattura e dal metodo scientifico, applicato per raccogliere informazioni e monitorare i movimenti degli uccelli. Un contrasto che si avverte in modo ancor più forte nel momento della liberazione, con stupore e meraviglia che si rinnovano a ogni volo.

Con «Paraflu», anche Michela de Mattei (Roma, 1984) e Invernomuto (Simone Bertuzzi, Piacenza, 1983 e Simone Trabucchi, Piacenza, 1982), alla prima collaborazione, indagano la coesistenza tra domestico e selvatico, in particolare tra uomo e lupo, partendo da un episodio di cronaca (l’avvelenamento tramite liquido antigelo di un branco) e sovrapponendo a questo riferimento immagini girate in pellicola 16mm e contenuti generati da un’intelligenza artificiale, in modo antigerarchico, con un’unitarietà data esclusivamente dalla voce narrante: istruzioni tratte da un manuale per illusionisti, in cui si indaga il rapporto tra mago e spettatore. Ed è impossibile, anche in questo caso, non sentirsi chiamati in causa, non mettere in discussione il proprio ruolo, in sala e nel mondo.

Il calendario prevede la proiezione dei tre film, grazie alla collaborazione con Lab 80 film, il 15 marzo a Gorno, in Val del Riso, e il 5 aprile a Vedeseta, in Val Taleggio. «Migratori» di Agnese Galiotto, sarà visibile l’11 maggio ad Averara, in Val Brembana; «Paraflu» di Michela de Mattei e Invernomuto il 18 maggio a Gromo, in Val Seriana.

Marta Cereda, 26 febbraio 2025 | © Riproduzione riservata

Come le valli orobie guardano il contemporaneo | Marta Cereda

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