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«Così fan tutte» W.A.Mozart in scena al Teatro alla Scala di Milano con la regia di Robert Carsen è ambientato ai giorni nostri, durante un reality show televisivo

Foto Vito Lorusso

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«Così fan tutte» W.A.Mozart in scena al Teatro alla Scala di Milano con la regia di Robert Carsen è ambientato ai giorni nostri, durante un reality show televisivo

Foto Vito Lorusso

«Così fan tutte» è un reality show sull’amore

Con la regia di Robert Carsen l’opera di Mozart in scena alla Scala di Milano abbandona la Napoli del Settecento e si trasporta in un set televisivo, in cui Don Alfonso e Despina diventano i conduttori dello spettacolo e gli spettatori i giudici

Sergio Buttiglieri

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Già nell’Ottocento Kierkegaard e Nietzsche si erano interrogati sulla misteriosa forza che trabocca dal teatro musicale di Wolfgang Amadeus Mozart, avvolgendo lo spettatore-ascoltatore entro una sorta di cerchio magico. Una sensazione che il canadese Robert Carsen è riuscito a restituire perfettamente con la sua ultima regia mozartiana di «Così fan tutte, ossia la Scuola degli Amanti», che ha appena debuttato alla Scala (fino al 26 novembre) con la pregevole direzione musicale di Alexander Soddy.

Carsen, che ha curato anche le scene e le luci, assieme a Luis F. Carvalho e Peter Van Praet, non ha avuto bisogno di farci vedere i vari cantanti imbacuccati in abiti settecenteschi. Ha preferito spiazzarci, mostrandoci una sorta di «reality show» contemporaneo, anche grazie ai magnifici video di Renaud Rubiano e con i costumi ideati da Luis F. Carvhalo, in cui noi spettatori, assieme a loro, giudicavamo le azioni dei protagonisti. Due coppie che, attraverso vari stratagemmi, mettevano in pericolo la loro fedeltà, attraverso il puro razionalismo di Don Alfonso, interpretato dal bravo iconico basso-baritono Gerald Finley

L’esperimento scientifico di Don Alfonso è in realtà un gioco truccato e paradossale al quale i personaggi prendono parte con diversi livelli di consapevolezza: l’intensa idealizzazione di Ferrando (inscenato senza le solite lacrimucce da Giovanni Sala) e Fiordiligi (impersonata con grande qualità dal soprano Elsa Dreisig), il pragmatismo di Dorabella (la calibratissima mezzosoprano Nina Van Essen), lo scettico cinismo di Guglielmo (impeccabile baritono  Luca Micheletti), il sanguigno realismo plebeo di Despina piacevolmente interpretata dal soprano Sandrine Piau.

Edward J. Dent, tra i padri della musicologia del Novecento, così salutava nel 1947 il coltissimo libretto di Lorenzo da Ponte: «Il migliore fra tutti i suoi libretti, la più squisita opera d’arte fra i melodrammi di Mozart». Ci troviamo senza dubbio tra i capolavori della letteratura drammatica italiana del Settecento in cui confluiscono fonti e ispirazioni letterarie che includono Ovidio, Boccaccio, Ariosto, Marivaux e Goldoni, con possibili richiami anche a Cervantes e Shakespeare. 

Ambientata fin da subito nel Golfo di Napoli (simbolo di turbamento interiore e sconvolgimento esistenziale), l’opera andò in scena con buon esito, con poche repliche al Burgtheater di Vienna il 26 gennaio 1790, per poi rientrare in scena l’anno successivo a Praga, Lipsia e Dresda. «Così fan tutte» venne proposta in prima italiana alla Scala nel 1807 e ripresa nel 1814 con il titolo di «La Scuola degli Amanti». Le reazioni critiche oscillavano tra condanne senza appello di frivolezza, inverosimiglianza e immoralità dell’opera, e più rare manifestazioni di entusiastico consenso per la sua ironia e raffinatezza di sfumature. È necessario attendere al 1941 per ascoltare di nuovo il capolavoro mozartiano sotto la direzione di Gino Marinuzzi. 

In quest’opera, che, se vogliamo, è l’apoteosi dell'insincerità, il solo istante in cui qualcuno dica la verità è quello in cui Don Alfonso pronuncia la massima che ne costituisce il titolo. Si percepisce, in questo riuscitissimo «Cosi fan tutte», un superbo equilibrio, condotto come sul filo di un rasoio, tra ironia e empatia, distacco e coinvolgimento, finzione e realtà scenica. La nuova regia di Carsen ha affascinato tutti gli spettatori, compresi quelli che solitamente non vogliono mai innovazioni registiche. D'altronde già nel 1988 Nikolaus Harnoncourt dirigeva a Vienna un «Così fan tutte» che Jean-Pierre Ponnelle trasformò in un film-opera tuttora famoso. Due anni dopo esce la trilogia di Mozart-Da Ponte tradotta in chiave contemporanea da quel geniaccio di Peter Sellars (che l’ambienta negli anni ’90 del Novecento, in una tavola calda di Las Vegas, Ndr):  ne viene un «Così fan tutte» magari non scioccante come il celeberrimo «Don Giovanni» ambientato nel Bronxma che chiarisce senza mezzi termini quanto l’esperimento di Don Alfonso, «le conseguenze dell’amore» così innescate, sia un evento che ci riguarda da vicino. 

La capacità di Carsen è stata quella di immergerci nella musica di Mozart, grazie al bravissimo Alexander Soddy, e all’Orchestra e Coro del Teatro alla Scala diretta da Giorgio Martano, puntando a farci conoscere la verità interiore dei personaggi ai quali dà voce al di sotto delle maschere delle convenzioni retoriche. Ed è anche grazie al gioco raffinatissimo con tali convenzioni, e all’oscillare della caratterizzazione musicale o verso l’alto (stile tragico ossia opera seria) o verso il basso (stile comico ossia opera buffa), che i personaggi acquisiscono la loro identità umana

L’atteggiamento di Mozart è, al solito, shakespeariano: la musica commenta le situazioni e conduce lo svolgimento dell’azione senza prendere partito per nessuno dei personaggi, e inoltre senza che sia sempre possibile stabilire, al di là di ogni dubbio, se di volta in volta prevalga l’empatia sentimentale o la distanza ironica. Un fatto, però, è certo. Le coppie incrociate grazie all’esperimento di Don Alfonso sono assai meglio assortite di quelle iniziali: i registri vocali, la caratterizzazione testuale e musicale indicano che affinità elettive portano ad attrarsi Fiordiligi e Ferrando da un lato, Dorabella e Guglielmo dall’altro, mentre convergenza di vedute sull’amore e pratica convenienza avvicinano la strana coppia di non amanti formata da Despina e Don Alfonso. 

Se l’incrocio tra gli amanti è il punto focale di «Così fan tutte», al centro del campo magnetico tra i personaggi si colloca il rapporto tra Fiordiligi e Ferrando (l’ottimo tenore Giovanni Sala), la coppia più consapevole e profonda per qualità morale e umana. Certo, il ritorno alle coppie iniziali, quando è ormai evidente che tale combinazione è innaturale e violenta i sentimenti dei personaggi, ha un che di crudele: le nozze che suggelleranno la riconciliazione paiono assai meno autentiche di quelle che stavano celebrando sino a qualche minuto prima, seppure all’interno della commedia allestita da Don Alfonso e Despina.

Don Alfonso, in fondo, ci ricorda il regista, «mette in scena un inganno per smascherarne un altro: vuole che questi ragazzi si sveglino, che imparino una lezione. Spesso ci innamoriamo di un’immagine che proiettiamo sull’altra persona, non di ciò che essa è davvero. Ecco, il problema nelle relazioni è accettare l’altro per ciò che è, non per ciò che vorremmo che fosse... Il tema del “chi siamo davvero” è una questione centrale per Mozart e Da Ponte. Ho pensato, continua il regista, di ambientare tutta la vicenda nel mondo della televisione. Come se i protagonisti fossero concorrenti di un reality show incentrato sull’amore: “Temptation Island”, “Love Island”, “Love is Blind ”e così via. I programmi televisivi e le piattaforme di streaming sono invase da format di questo tipo. Il nostro s’intitola "La Scuola degli Amanti". E mette alla prova le coppie, ne tenta la solidità, le espone a tentazioni per vedere che cosa succede. In questa chiave Don Alfonso e Despina diventano i conduttori dello show. E questo è molto attuale. Oggi il valore dell’amore è costantemente messo in crisi: viviamo in un mondo in cui si desidera diventare ricchi all’istante e più famosi possibile sui social, ottenendo visualizzazioni, like, click. È un universo dove il riconoscimento pubblico conta più della verità dei sentimenti, per quanto doloroso. Il mio compito, come regista, non è cercare un’equivalenza storica, ma rendere il materiale vivo e pertinente per chi la guarda oggi. Gli essere umani, in fondo, non sono cambiati: provano le stesse emozioni, le stesse fragilità. È cambiato il mondo intorno a noi, il modo in cui rapportiamo, le forme sociali e mediatiche dell’amore, della gelosia, della vergogna. In questo caso la chiave del reality televisivo mi è sembrata una via interessante».

E a giudicare dai prolungati applausi al termine dell’opera il pubblico scaligero è d’accordo con il regista.

 

Un momento di «Così fan tutte» di W.A. Mozart per la regia di Robert Carsen

Sergio Buttiglieri, 17 novembre 2025 | © Riproduzione riservata

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