«Le cose che non sappiamo» è il titolo della nuova mostra della galleria parigina Romero Paprocki, fondata da Guido Romero Pierini (1980) e Tristan Paprocki (1993), che apre i suoi spazi della rue Saint-Claude, inaugurati nel 2022 nel quartiere del Marais, ai lavori recentissimi di tredici artisti italiani attivi tra Italia e Francia. La mostra, dal primo febbraio al primo marzo, realizzata con il sostegno della Galleria Poggiali di Milano e curata da Rossella Traverso, «richiama un tema universale: la tensione tra ciò che possiamo conoscere e ciò che ci sfugge, tra certezza e mistero. Ci sono cose che sfuggono alla nostra comprensione, spazi inesplorati che abitano la soglia tra il visibile e l'invisibile. La mostra si addentra in questa dimensione liminale», è spiegato in una nota critica di Giorgia Aprosio, curatrice indipendente responsabile attualmente della programmazione e produzione di mostre per Poggiali.
I tredici artisti sono: Beatrice Alici, Andrea Barzaghi, Claudio Coltorti, Giuseppe Lo Cascio, Giulia Mangoni, Matisse Mesnil, Pietro Moretti, Lulù Nuti, Marta Ravasi, Luca Resta, Luca Rubegni, Erik Saglia e Sofia Silva. Molti di loro hanno presentato i loro lavori alla mostra «Pittura italiana oggi» della Triennale Milano, edizione 2023-24, curata da Damiano Gullì, un ampio progetto espositivo che ha tracciato una panoramica della scena pittorica italiana del nostro tempo con più di 120 artisti nati tra il 1960 e il 2000.
Gli artisti selezionati da Romero Paprocki hanno una lettura comune delle cose e del mondo secondo la quale in una società dove, grazie ai progressi della tecnologia in particolare, si ritiene di poter conoscere e controllare tutto, di fatto esiste sempre una zona d’ombra, una parte di mistero, qualcosa che inevitabilmente ci sfugge. Le loro opere lasciano trasparire questa consapevolezza. Questi artisti, scrive ancora Rossella Traverso, «guardano al quotidiano come uno spazio ancora tutto da inventare. Dipingono, scolpiscono, costruiscono mondi che oscillano tra immaginario e reale, tra una visione condivisa e una dimensione profondamente interiore». Il napoletano Claudio Coltorti (1989), formatosi a Parigi all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts, presenta «Silenzio» (2024), in cui si ritrova il suo linguaggio visivo che accenna alla figura umana, combinando elementi figurativi e astratti. Beatrice Alici (1992), che presenta «Angry Girl» (2024), esplora i temi legati all'identità e alla percezione, mentre Luca Resta (1982), che vive e lavora a Parigi, propone un'insolente forchetta in marmo di Carrara del 2020. Di Giulia Mangoni (1991), interessata al tema dell'identità locale, è «Un Giotto a Boville», opera eseguita con olio su lino che suggerisce un dialogo tra arte antica e contemporanea. Da parte sua, Giuseppe Lo Cascio (1997), artista palermitano, presenta uno dei suoi schedari monumentali a torre, in metallo e cartelline, che, reinventando l'uso degli oggetti della vita quotidiana, diventa un raccoglitore di memoria.