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Dalla faccia all’interfaccia

Alessia Muroni

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Chiamiamo interfaccia il punto d’incontro tra due diverse entità, come in informatica, ad esempio, ove il termine, tra le sue numerose applicazioni, ha quella che indica la superficie che permette all’utente di interagire e utilizzare le proprietà della macchina. Nella parola interfaccia, «faccia» è la chiave, l’elemento umano di un discorso tecnologico. E la nostra umana faccia è il nostro punto d’incontro col mondo, inteso in senso ampio, natura e cultura, perché lungi dall’essere una mera superficie, essa comunica non solo il nostro essere psicofisico, ma il nostro stare nel mondo come essere sociale, che agisce a partire dal volto. Sulla base dell’assunto della faccia come strumento biologico, sociale e culturale, Hans Belting intraprende quindi una complessa storia del volto come forma del nostro vivere e del nostro rappresentarci nel vivere.


Non si tratta di fare una storia del ritratto, ché il ritratto è solo una delle possibili declinazioni culturali del volto; e anzi, proprio a partire dal ritratto, scopriamo che parlare del volto (nel contesto della cultura occidentale, beninteso) significa disporsi a seguire un percorso fratto, a più prospettive, quasi labirintico: «Tutto ciò che del volto si può dire e narrare è solo il riflesso di ciò che non è direttamente presente, ma al contrario è avvolto da quinte in cui le società e le culture hanno rinchiuso il volto stesso». Sul tema del volto come rappresentazione e discorso sociale si innesta il rapporto con l’ambigua sorella, la maschera: elemento di peso variabile nelle epoche, ma sempre presente nel ricordare, con la sua eloquente fissità, la sostanziale inafferrabilità del volto. Ma Belting non si ferma qui, arriva al nostro presente tecnologico e multimediale: ove con esiti storici e culturali alterni fotografia, cinema, televisione e social media alimentano un discorso sul volto come individualità nella collettività, come esposizione ma anche perdita di sé, in equilibrio tra predominanza dell’Io e dispersione nell’anonimato della massa. Nella foto, Ritratto maschile da Hawara, oasi del Fayyum, Età adrianea 117-138 d.C., Monaco di Baviera, Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek.

Facce. Una storia del volto, di Hans Belting, traduzione di Cristina Baldacci e Pietro Conte, 376 pp., ill., Carocci, Roma 2014, € 37,00

Alessia Muroni, 29 aprile 2015 | © Riproduzione riservata

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Una raccolta di scritti dedicati a Joyce, Hemingway, Faulkner, Eliot e Woolf del pittore cofondatore del Vorticismo, poeta, critico d’arte, scrittore, critico letterario, mai facile e mai accomodante

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