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Una veduta della mostra «I Farnese nella Roma del Cinquecento. Origini e fortuna di una Collezione»

Foto: Monkeys Video Lab

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Una veduta della mostra «I Farnese nella Roma del Cinquecento. Origini e fortuna di una Collezione»

Foto: Monkeys Video Lab

Dentro la passione collezionistica dei Farnese

La mostra allestita nella Villa Caffarelli è «un’ottima opportunità per apprezzare, di nuovo riunita, parte di una collezione straordinaria, nata per eternare Roma, città nella quale sarebbe dovuta rimanere per sempre» 

Roma, 13 ottobre 1534. All’età di 66 anni, dopo solo 48 ore di conclave, viene eletto papa, con il nome di Paolo III, il potente cardinale Alessandro Farnese. La città è ancora prostrata dal sacco che sette anni prima l’aveva vista messa a ferro e fuoco dai lanzichenecchi, umiliata dalla fuga di una corte papale che, reputata fino ad allora inviolabile, era stata costretta ad asserragliarsi in Castel Sant’Angelo e a scappare a Orvieto e, poi, a Viterbo, abbandonando l’Urbe a sé stessa. Da oltre cento anni non sedeva sulla cattedra di Pietro un romano e l’elezione di Alessandro, nato a 40 chilometri da Viterbo, viene salutata come un’ottima opportunità di riscatto per la città verso la quale il cardinale si era sempre rivelato munifico. Le aspettative non vengono deluse. Il rinnovamento urbanistico, il mecenatismo, la passione collezionistica e antiquariale assumono un ruolo strategico nella logica del programma politico dell’energico ancorché anziano pontefice e dei suoi familiari, finalizzato a ristabilire la continuità della Roma cattolica con quella imperiale e, al contempo, la sovranità del papa e della sua casata. È in questa chiave che la mostra «I Farnese nella Roma del Cinquecento. Origini e fortuna di una Collezione», curata da Claudio Parisi Presicce e Chiara Rabbi Bernard a Villa Caffarelli, fino al 18 maggio racconta il momento più fulgido di uno dei massimi esempi del fenomeno collezionistico in età moderna. 

La rassegna si apre con l’illustrazione della Renovatio Urbis con la quale Paolo III con lungimiranza predispose la città a ospitare il Giubileo del 1550, che tuttavia non vide a causa della morte sopraggiunta solo pochi giorni prima, all’età di 81 anni. La riproduzione di una mappa del 1555 indica i numerosi interventi urbanistici che culminarono nel rinnovamento della piazza del Campidoglio affidato a Michelangelo. Simbolo per eccellenza del potere municipale, la piazza riceve dalle collezioni pontificie quello che diverrà il monumento iconico del luogo, la statua equestre di Marco Aurelio trasferita dal Laterano nel 1538. L’interesse per il mondo antico e per le arti, maturato nel giovane Alessandro a Roma presso l’umanista Pomponio Leto e poi a Firenze all’ombra della corte medicea, viene trasmesso anche ai suoi familiari e in particolare al nipote, il gran cardinale Alessandro che contribuirà in modo significativo alla formazione delle raccolte. Ecco, quindi, sfilare in mostra i volti dei protagonisti: Paolo III ancora giovane e in vesti cardinalizie ritratto da Raffaello e poi, ormai papa e con il camauro, in un dipinto di Tiziano e in un magnifico busto in marmo e alabastro giallo scolpito da Guglielmo Della Porta; il cardinal nipote Alessandro rappresentato da Perin del Vaga e il suo pronipote, il cardinale Odoardo Farnese effigiato da Domenichino

Una veduta della mostra «I Farnese nella Roma del Cinquecento. Origini e fortuna di una Collezione». Foto: Monkeys Video Lab

La collezione è avviata negli anni intorno al 1514, quando il futuro papa commissiona la costruzione del palazzo in via Giulia, ultimato nel 1584 con il coinvolgimento di Antonio da Sangallo il Giovane, Michelangelo, Vignola, Giacomo della Porta. Nel cortile, che compare in progetti e piante esposti in mostra, erano collocate alcune tra le più celebri sculture antiche a indicare già all’esterno il prestigio del luogo e del casato: il «Toro» e l’«Ercole Farnese», entrambe rinvenute nel 1545-46 nell’area delle Terme di Caracalla e rappresentate nell’esposizione da esemplari in miniatura, e l’«Eros a cavallo di un delfino», originariamente posto nell’atrio del palazzo. Senza dubbio fu la passione antiquariale a prevalere nelle raccolte Farnese, com’è testimoniato non solo dalla statuaria, ma anche dalla glittica, dalle monete, dalle medaglie e perfino dalla suppellettile da tavola come la sottocoppa incisa da Annibale Carracci su lastra di argento commissionata da Odoardo. Il percorso espositivo propone, dunque, alcuni degli ambienti più emblematici del palazzo, rievocati riunendo le opere presenti un tempo nella sale di via Giulia e ora dispersi tra vari musei. Si procede così con il «Camerino», la «Sala dei Filosofi» e la celebre «Galleria» decorata per volontà di Odoardo tra il 1597 e il 1608 da Annibale Carracci, coadiuvato dal fratello Agostino e da allievi. I numerosi disegni preparatori provenienti da musei internazionali costituiscono un’occasione imperdibile per apprezzare l’estro creativo e la straordinaria abilità del maestro bolognese a rielaborare i modelli classici e a conferire loro nuova vitalità. 

Delle dieci statue che decoravano la Galleria, cinque sono esposte in mostra, tra i quali il «Satiro con Bacco bambino» e l’«Eros Farnese». L’«Afrodite Callipigia» e la «Venere accovacciata», accostate a effigi dei filosofi antichi, riecheggiano la «Sala dei Filosofi», in cui il gran cardinale Alessandro amò proporre il singolare abbinamento iconografico arricchito da quadri di età moderna ugualmente dedicati alla dea. Tra i dipinti di tema sacro che decoravano la sala al secondo piano del palazzo, appaiono in mostra «La Madonna del Divino Amore» di Raffaello e aiuti e «La guarigione del cieco nato» di El Greco. Centro di studio e non solo di conservazione, la dimora Farnese attirava umanisti e letterati, tra i quali Fulvio Orsini, che esercitò un ruolo determinante nella creazione delle raccolte e nella decorazione degli ambienti, tanto da lasciare alla potente famiglia parte delle proprie collezioni al momento della morte, nel 1600. E alla fusione dei due patrimoni culturali è dedicata l’ultima sezione della mostra in cui è possibile ammirare il «Ritratto di Giulio Clovio» di El Greco, posseduto dall’Orsini, proprio accanto al «Libro d’Ore» proveniente dalla Morgan Library di New York, miniato dal Clovio e raffigurato nel ritratto. La mostra offre un’ottima opportunità per apprezzare, di nuovo riunita, parte di una collezione straordinaria, nata per eternare Roma, città nella quale sarebbe dovuta rimanere per sempre, secondo l’espressa volontà testamentaria del gran cardinale Alessandro purtroppo disattesa.

Afrodite Callipigia, I secolo d.C. Napoli, Museo Archeologico Nazionale

Dalma Frascarelli, 23 marzo 2025 | © Riproduzione riservata

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