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Jeff Marcus
Leggi i suoi articoliL’artista tedesca Käthe Kollwitz (1867-1945) è stata influenzata dalle innovazioni estetiche dell’Europa precedenti alla Prima guerra mondiale, ma ha infuso nella sua arte ostinatamente figurativa convinzioni politiche e una ferocia morale che la collegano agli attivisti dell’epoca piuttosto che agli artisti sperimentali. Dopo la sua morte, avvenuta pochi giorni prima del crollo della Germania nazista, la sua posizione di donna impegnata l’ha resa utile per diverse generazioni di politici e creatori di immagini della Germania del secondo dopoguerra, ma probabilmente ha contribuito allo scarso apprezzamento come artista.
Al MoMA di New York, la retrospettiva allestita dal 31 marzo al 20 luglio presenta, attraverso circa 120 opere (disegni, incisioni e sculture) dai primi anni Novanta dell’800 ai primi anni Quaranta del ’900, la sua intera vicenda. Starr Figura, curatrice del Dipartimento di stampe e disegni del museo, afferma che è la prima volta in più di trent’anni che il pubblico statunitense ha la possibilità di vedere opere di Kollwitz provenienti da importanti collezioni statunitensi ed europee. In parallelo, in Germania, dal 20 marzo al 9 giugno lo Städel Museum di Francoforte rivisita la produzione dell’artista e la sua contestata eredità nel suo Paese natale.
Nata Käthe Schmidt nella Prussia orientale, Kollwitz si muove tra le istituzioni artistiche della Monaco di fine secolo e di Berlino prima di stabilirsi nella nuova capitale tedesca all’inizio degli anni Novanta dell’800 con il marito, il medico Karl Kollwitz, che aveva aperto il suo studio in quello che allora era il quartiere operaio di Prenzlauer Berg. L’artista trovò subito ispirazione nel suo crescente sentimento di ingiustizia per le condizioni di vita che la circondavano. Tuttavia, come documentano entrambe le mostre, il suo primo e più grande soggetto era sé stessa.
Al MoMA la mostra si apre con i primi autoritratti, tra cui un sorprendente lavoro su carta color seppia, in prestito dall’Art Institute di Chicago. Combinando gouache nera, bianca e grigia e caratterizzata da uno sguardo penetrante, l’opera è «un pezzo incredibile», afferma Figura, che ammira il modo in cui Kollwitz ha utilizzato la superficie marrone per aggiungere al ritratto l’equivalente di un quarto colore. Anche se per un breve periodo subisce l’influenza di artisti francesi come Degas e Bonnard, di cui vede le opere a Parigi nei primi anni del ’900, Kollwitz abbandona la pittura per concentrarsi sul disegno e sull’incisione.
«Il colore introduceva un effetto decorativo», afferma Figura, che l’artista considerava «incompatibile con i suoi messaggi socialmente critici». Entrambe le mostre tuttavia possono sorprendere gli ammiratori di Kollwitz con opere come «Nudo femminile, da dietro, su tela verde» del 1903. La litografia, rifinita a pastello e stampata in due colori, sembra lontana dalle madri sofferenti che caratterizzano gran parte della sua opera, così come le opere erotiche, «Scena d’amore I», un pastello nero del 1909-10 ca, in prestito al MoMA dal Käthe Kollwitz Museum di Colonia. Secondo la curatrice questo genere di opere fu ispirato da un’appassionata relazione dell’artista con un libraio viennese.
Il MoMA presenta un’ampia gamma di prove utilizzate per creare alcune delle immagini più note di Kollwitz, come l’acquaforte del 1903, «Donna con bambino morto», che unisce la preoccupazione per la mortalità infantile con il pacifismo. La mostra include il primissimo stato, un’opera spettrale a sé stante, con un’ombra aggiunta a carboncino. Il motivo della madre addolorata si rivelò una premonizione. Kollwitz utilizzò il proprio figlio, Peter, come modello per l’acquaforte, e in seguito egli stesso sarebbe caduto nella Prima guerra mondiale.
La vocazione primaria per la grafica fu in seguito accompagnata da un interesse per la scultura, e la mostra di Francoforte espone la sua piccola «Pietà» in bronzo del 1937, in prestito dai Musei di Stato di Berlino, in cui la figura materna tiene tra le gambe il figlio adulto morto, in una visione che imita l’atto della nascita. Una versione più grande della scultura fu al centro di una controversia nei primi anni dell’unificazione tedesca, quando fu installata, per volere dell’allora cancelliere Helmut Kohl, come memoriale in onore di tutte le vittime tedesche della guerra e della tirannia.
La mostra ripercorre quelle vicende e analizza il destino dell’artista nel dopoguerra da una parte e dall’altra del confine tedesco della Guerra Fredda, quando l’Occidente la considerava più una sorta di esempio morale che un’artista e l’Est la usava come un monito contro l’Occidente. La tempistica delle due mostre può essere una coincidenza, ma per la curatrice solo ora il mondo è pronto ad apprezzare pienamente Käthe Kollwitz.
