Che ne sarà delle parole in un mondo di immagini? Il Musée des beaux-arts Le Locle (Mbal) presenta fino al 18 settembre una mostra sul rapporto fra immagini e parole nel mondo dell’arte. Il titolo «Le Plaisir du Texte», rimando al saggio di Roland Barthes del 1973, è anzitutto un dialogo interdisciplinare fra le creazioni di oltre 30 artisti contemporanei e i capolavori della collezione permanente del museo.
Tra questi, la direttrice Federica Chiocchetti, curatrice della mostra, ha individuato come soggetto ricorrente la rappresentazione di donne assorte nella lettura: «Questo elogio della lettura, afferma, è il punto di partenza per una lenta e graduale invasione verbale dell’immagine». Concepita come un susseguirsi di capitoli, la mostra si apre con le sale dedicate al piacere immaginario della scrittura e della lettura.
Accanto alle litografie anni ’30 di Pierre Bonnard, trovano posto le fotografie vernacolari raccolte da Sara Knelman nel progetto «The lady reader», il video di Melissa Catanese (Cleveland, 1979), o ancora lo sguardo delirante di Jo Spence (Londra, 1934-92) che nelle vesti di un’operaia intenta a leggere Freud scardina distinzioni di genere e classe. La sala dedicata alla poesia concreta, curata da Alex Balgiu, mostra una nuova forma di linguaggio basata sui gesti corporei e sulla fisicità della parola.
Dai primi piani della bocca di Lenora de Barros (San Paolo del Brasile, 1953), che lecca una macchina da scrivere fino a bloccarne il meccanismo, alla performance di Ketty La Rocca (La Spezia, 1938-Firenze, 1976), che si fotografa a letto insieme alla scultura di una «J» gigante. Scandito dalle parentesi e dai frammenti grafici di Philippe Decrauzat (Losanna, 1974), questo viaggio alla (ri)scoperta del testo approda nello spazio urbano, con Nelis Franken che accosta fotografie ad aforismi creati dall’intelligenza artificiale, con le parole «del quotidiano» catalogate dal giovane artista italiano Luca Massaro (Reggio Emilia, 1991) e con le irriverenti creazioni grafiche di Nora Turato (Zagabria, 1991).
Per concludere, tra ghiacciai in scioglimento e bunker antiatomici, il paesaggio svizzero fotografato da Chloe Dewe Mathews (Londra, 1982) nella serie «In Search of Frankenstein» suggerisce letture parallele fra la regione che ispirò il celebre romanzo di Mary Shelley e le ansie ambientali di oggi, mettendo il punto finale all’indagine visiva sul piacere del testo.