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Marco Goldin in conferenza stampa con il sindaco di Treviso Giovanni Manildo e gli sponsor della mostra

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Marco Goldin in conferenza stampa con il sindaco di Treviso Giovanni Manildo e gli sponsor della mostra

Goldin colonizza Treviso

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Stefano Luppi, Veronica Rodenigo

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Treviso. È stato un Marco Goldin «su di giri» quello che mercoledì 26 ottobre ha presentato alla stampa le proposte espositive ideate per il ventennale della sua Linea d’Ombra, la società di organizzazione di mostre fondata a Treviso due decenni fa.
Dopo oltre due anni d’impasse (sono state diverse le città che, come Brescia, hanno espresso un diniego nell’accogliere nuovamente il curatore trevigiano) il 29 ottobre si sono inaugurate al pubblico «De Pictura. Dodici pittori in Italia» (a Palazzo Giacomelli); «Storie dell’Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir da Van Gogh a Gauguin», «Tiziano Rubens e Rembrandt. L’immagine femminile tra Cinquecento e Seicento», «Da Guttuso a Vedova a Schifano. Il filo della pittura in Italia nel secondo Novecento», «Massagrande legge Parise. Pittori italiani a confronto con i Sillabari» (Museo di Santa Caterina, fino al 17 aprile).
«In questi vent’anni, spiega Goldin ripercorrendo le tappe della sua carriera, abbiamo ottenuto prestiti da 1.100 musei internazionali, abbiamo esposto oltre 10mila opere che sono state viste in tutto da 10 milioni di visitatori. La prima mostra che organizzai con la società fu a fine 1996, si chiamava “Pitture” ed era a Casa dei Carraresi. Nell’aprile 1997, a Conegliano esposi i primi dipinti impressionisti, due Monet, che furono il nostro primo prestito internazionale. Erano dieci anni che non realizzavo una vera e propria esposizione sull’Impressionismo» («Turner e gli Impressionisti» si tenne a Brescia nel 2006 per il decennale di Linea d’Ombra, Ndr).
«Per la mostra principale, prosegue il curatore, qui a Treviso abbiamo messo insieme 140 opere che documentano non solo il mezzo secolo che va dalla metà dell’Ottocento fino ai primissimi anni del Novecento: abbiamo inteso illustrare quanto la pittura in Francia ha prodotto, con l’avvento di Ingres a inizio XIX secolo, nell’ambito di un classicismo che sfocerà nelle prove per lo più accademiche degli artisti del Salon. Quindi mettendo in evidenza quanto precedette l’Impressionismo, illustrando poi quella esperienza rivoluzionaria, la sua crisi negli anni Ottanta, e gli sviluppi e influenze che ebbe nel nuovo secolo».

In chiusura il manager trevigiano non ha tralasciato un affondo autocelebrativo anche sulla pinacoteca di Santa Caterina. «La mia società con 700mila euro ha fatto risorgere il museo civico», afferma riferendosi al finanziamento (ammontante sino al giorno precedente la conferenza stampa a 640mila euro, Ndr) per l’adeguamento di altre sei sale. Lavori funzionali a rendere possibili le esposizioni di Linea d’Ombra. «La professionalità è un mio tratto distintivo», conclude.

Goldin durante l’incontro con i giornalisti non ha fatto alcun cenno al dialogo, preannunciato da tempo,  delle sue esposizioni con parte della collezione permanente della pinacoteca civica, in larga parte disallestita. Eppure, una volta saliti al primo piano (dove ha inizio il percorso delle mostre) a catturare per prima l’occhio del visitatore è proprio una piccola selezione di quanto della pinacoteca rimane, riallocata temporaneamente lungo il corridoio sul quale si affacciano le sale ospitanti le opere degli Impressionisti.
Così, accolto da una Resurrezione di Cristo di Paris Bordon (1550-60), il visitatore compie un percorso zigzagante che dai tre quadri di Rembrandt, Rubens e Tiziano («piccola, superba mostra dossier», osserva giustamente il curatore forse però dimentico che per veder un Tiziano in Veneto non è necessario farlo arrivare dalla Scottish National Gallery di Edimburgo) segue la numerazione delle sale. I sei capitoli della rassegna Storie dell’impressionismo, e l’intermezzo di Parise tradotto in pittura da Matteo Massagrande si trovano quindi ad intersecare Jacopo Bassano, Sebastiano Ricci, Rosalba Carriera, Francesco Guardi, Hayez.
Il percorso temporaneo si chiude successivamente nella sala ipogea con «Da Guttuso a Vedova a Schifano»: «Un racconto che si fa storia senza paura di essere, scrive ancora il curatore nel comunicato stampa, una sorta di tavola sinottica dal 1946 al 2000».

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Civico Museo di Santa Caterina. La manica lunga al primo piano riallestita con una selezione delle opere appartenenti alla Pinacoteca

Civico Museo di Santa Caterina. Una delle sale dedicate agli Impressionisti

Stefano Luppi, Veronica Rodenigo, 02 novembre 2016 | © Riproduzione riservata

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