«Susanna e i vecchioni» (1617) del Guercino, Madrid, Museo del Prado

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«Susanna e i vecchioni» (1617) del Guercino, Madrid, Museo del Prado

Guercino e l’era Ludovisi alle Scuderie del Quirinale

Un biennio straordinario (1621-1623): Gregorio XV e il cardinal nipote Ludovico Ludovisi da Bologna portarono a Roma il loro pittore preferito e la collezione di famiglia

«Guercino. L’era Ludovisi a Roma» è una mostra che presenta, dal 31 ottobre al 26 gennaio 2025 alle Scuderie del Quirinale di Roma, l’operato di uno dei grandi protagonisti dell’arte seicentesca e il contesto romano in cui si affermò. Curata da Raffaella Morselli e Caterina Volpi, la mostra mette a fuoco un biennio rivoluzionario, quello del papato di Gregorio XV e del mecenatismo del cardinal nipote Ludovico Ludovisi, tra il 1621 e il 1623, quando i due, trasferitisi da Bologna nella città eterna, portarono con sé il loro pittore preferito, Giovanni Francesco Barbieri, detto Il Guercino (Cento, 1591-Bologna, 1666). E, assieme a lui, la collezione d’arte di famiglia per collocarla, arricchita di nuovi voraci acquisti dell’antico e del moderno, nella villa principesca sul Pincio, la Villa Ludovisi, che il giovane cardinale acquisì e ampliò con il Casino Ludovisi, affrescato proprio dal Guercino (Casino eccezionalmente aperto al pubblico nel periodo della mostra, previa prenotazione). Quanto avvenne in quei due anni, tra dispiegamento del genio guerciniano e influenza di Tiziano, Veronese e Carracci della collezione Ludovisi, costituì il trampolino di lancio per l’arte del secolo, tra fulgide cromie, maestoso classicismo e voli barocchi.

Intervistiamo a riguardo Caterina Volpi.

Tra le opere in mostra, vero sfolgorio di grande pittura, quali sono le più importanti?
Il «Busto di Gregorio XV» di Giano Lorenzo Bernini, l’«Autoritratto» di Guercino di collezione privata, la serie completa delle tele commissionate dai Ludovisi quando ancora risiedevano a Bologna, una ricchissima scelta di disegni che illustrano la fase ideativa e progettuale degli affreschi del Casino Ludovisi; alcuni capolavori dalle antiche collezioni Ludovisi come la grandissima tela di Domenichino del «Peccato originale» di collezione Pallavicini Rospigliosi mai vista prima, e l’Ares Ludovisi, insieme ad altre antichità provenienti da Palazzo Altemps. Sono anche presenti le due incredibili pale commissionate contemporaneamente nel 1624 ai due eterni rivali Guercino e Reni dai Ludovisi, la «Pala della Ghiara» del primo e quella della «Santissima Trinità» del secondo. Inoltre, c’è il grandioso soffitto proveniente dalla Chiesa di San Crisogono a Roma, voluto da Scipione Borghese e portato via dall’Italia nell’Ottocento perché acquistato dal Duca di Sutherland, e da allora non più visibile perché conservato in Inghilterra a Lancaster House. La sala dei paesaggi contiene alcuni gioielli del Guercino giovanile, affiancati a opere dei principali paesaggisti del momento a Roma. Da menzionare anche il «Ritratto di Giudo Bentivoglio» di Van Dyck e il «Mosè» della Fondazione Rothschild. E poi Poussin, Pietro da Cortona, Jacopo Bassano, il Duquesnoy.

Il nome Guercino, ovvero piccolo guercio: un curioso paradosso per un artista visivo, no? 
Sì, ma in antico si usava dare nomignoli derivanti da difetti o particolarità fisiche (oggi sarebbe impossibile e molto offensivo): abbiamo l’Orbetto (Alessandro Turchi), il Monocolo di Racalmuto (Pietro d’Asaro), il Bamboccio (Peter Van Laer) ecc. Guercino aveva un grave strabismo dalla nascita, un «doppio sguardo» di cui in catalogo parla Raffaella Morselli anche a proposito della sua doppia residenza tra Cento e Bologna.

Caterina Volpi

Dai tempestosi contrasti luministici e la teatralità della fase giovanile, Guercino passa alla compostezza classica e quasi sospesa della maturità, per cui Goethe parlò di «tranquilla e libera grandiosità»: che significato ha questa trasformazione?
In verità la teatralità permane, anzi si fa ancora più evidente nelle opere mature, solo si tratta di un teatro tragico, sublime, mentre quello della fase giovanile era un teatro melodrammatico, ispirato ai temi cavallereschi e pastorali. Come andare da Frescobaldi e Monteverdi a Calderon de la Barca e Jean Racine. Nella fase matura sembra subentrare una riflessività e una razionalità assenti prima, e questo con ogni probabilità dipende da stimoli culturali e visivi che il Guercino ebbe tra la Roma di Nicolas Poussin e di Alessandro Algardi e la Bologna dei letterati sostenitori di uno stile anticiceroniano in letteratura e ammiratori di Guido Reni per quanto riguarda lo stile pittorico.

Che tipo di carattere aveva? Non si sposò mai, visse sempre con la madre e poi con la sorella…
Non sappiamo con certezza che carattere avesse, ma lo possiamo desumere dalle sue opere e dalla sua biografia: doveva essere schivo, laborioso, serio, ma non esente da una bollente passione che riversò tutta nella pittura e che imparò a domare con gli anni giungendo a un filosofico equilibrio non scevro da venature stoiche che traspare dalle sue opere mature. Mi piace molto citare la frase riportata da Giovan Battista Passeri, secondo cui Guercino, per giustificare il suo cambio di stile nella maturità rimproveratogli dallo stesso biografo rispose: «Ma caro amico allora bolliva il pignattone!», a sottolineare proprio quel carattere di irruente passionalità che lo aveva contraddistinto da giovane e che aveva poi perso con gli anni. Come si evince dalla sua pittura, egli fu orgoglioso ma anche umile e in certo senso domestico, mantenendo sempre un contatto concreto con la realtà che gli impedì di sentirsi troppo coinvolto dallo stile oratorio e sfarzoso di alcuni suoi colleghi contemporanei (Pietro da Cortona, ad esempio). Il suo linguaggio rimase popolare, o meglio naturale, anche quando affrontava temi e dimensioni grandiose, in conformità a uno spirito umile e profondamente religioso (era molto vicino all’ordine dei Cappuccini), in certo qual senso francescano. La maestosità, la retorica, la preziosità nel Guercino è confinata agli elementi teatrali e scenografici delle sue composizioni storiche, molto apprezzate dai collezionisti contemporanei ma, come si evince dai disegni, la realtà ebbe su di lui per tutta la vita un grandissimo ascendente.

Il dipinto «Et in Arcadia Ego»: c’è chi lo interpreta in chiave morale, e chi invece lo collega alle correnti filosofiche dello Stoicismo, dell’Epicureismo, diffuse nell’ambito del pensiero anticonformista del tempo. Lei come si colloca? 
Questa straordinaria invenzione è il frutto, come si conviene, di diversi stimoli: dalla pittura veneta di Giorgione alla poetica accademica del tempo, ma soprattutto è l’espressione di un sentimento molto diffuso al tempo di malinconica riflessione sul tempo che fugge, sulla vanità dei beni terreni, a cui si contrappone l’anelito a una vita semplice e agreste, a contatto con la natura e le gioie della giovinezza e dell’amore che caratterizza l’Arcadia dei poeti, da Virgilio a Sannazzaro, e che rivive nella poesia contemporanea del tempo. A questo sentimento e vagheggiamento dell’Arcadia, particolarmente sentito entro le mura della Villa Ludovisi e di cui si nutre anche la pittura di paesaggio del Seicento, è dedicata un’intera sala della mostra. Possiamo dire che Guercino fu l’inventore di questo tema dell’Et in Arcadia Ego, suggeritagli da qualche letterato bolognese e particolarmente affine al suo carattere, che tanta fortuna ebbe poi nella poetica degli artisti del Seicento.

Veduta della mostra «Guercino. L’era Ludovisi a Roma» alle Scuderie del Quirinale di Roma

Guglielmo Gigliotti, 31 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Guercino e l’era Ludovisi alle Scuderie del Quirinale | Guglielmo Gigliotti

Guercino e l’era Ludovisi alle Scuderie del Quirinale | Guglielmo Gigliotti