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Hans Ulrich Obrist e Kasper König

Foto cortesia di Hans Ulrich Obrist

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Hans Ulrich Obrist e Kasper König

Foto cortesia di Hans Ulrich Obrist

Hans Ulrich Obrist: la mia conversazione infinita con Kasper König

Il direttore artistico della Serpentine di Londra ricorda i 35 anni di amicizia e collaborazione con il curatore, editore, insegnante, direttore di museo e amico degli artisti da poco scomparso

Hans Ulrich Obrist

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Con la morte di Kasper König, avvenuta a Berlino il 9 agosto, il mondo perde uno dei più importanti curatori della seconda metà del ’900. La pratica di König ha così tante dimensioni da assomigliare quasi alla teoria delle superstringhe. È stato curatore, progettista di mostre, editore, professore ed educatore, preside di una scuola d'arte e artefice di diverse nuove istituzioni, direttore di museo, amico dell'artista (o, come mi disse una volta On Kawara, complice dell'artista) e anche un artista la cui forma d’arte è stata l'invio e la condivisione di un flusso infinito di cartoline e collage di cartoline.

Rudolf Hans Kasper König era nato a Mettingen, nel nord-ovest della Germania, il 21 novembre 1943, l’anno della battaglia di Stalingrado e della Conferenza di Casablanca. A vent'anni lascia la natia Germania e si ferma a Londra, trovandosi nel posto giusto al momento giusto e lavora per la leggendaria Robert Fraser Gallery, dove vengono esposti Richard Hamilton e i primi artisti Pop. Ben presto König diventa un corriere della Fraser a New York, dove svolge lavori in gallerie e fa scouting con Richard Bellamy per Jean Leering, allora direttore del Van Abbemuseum di Eindhoven. Per ottenere la carta verde trova lavoro come rappresentante statunitense del Moderna Museet di Stoccolma: come mi ha spiegato una volta il suo mentore Pontus Hultén, aveva assunto Kasper per creare un ponte transatlantico tra New York e il museo. Invitato da Hultén, König cura una mostra storica di Claes Oldenburg nel 1966 al Moderna Museet, e nel 1968 una celebre mostra di Andy Warhol.

 

 

 

 

Kasper König editore e curatore di libri notevoli

La prima direzione per König arriva nel 1969 quando, insieme all'amico Isy Fiszman, gestisce lo spazio sperimentale A379089, ad Anversa. Parallelamente alle sue attività espositive e curatoriali, Kasper fonda a Colonia, con il fratello maggiore Walther, la casa editrice Verlag Gebrüder König, che ha anche una filiale a New York. Gli artisti producono libri da secoli (basti pensare agli innovativi libri autoillustrati di William Blake), ma il libro d'artista è diventato un aspetto importante dell'arte contemporanea negli anni Sessanta, quando alcuni artisti hanno iniziato a usare il libro non come un complemento esplicativo del loro lavoro «reale», ma come un mezzo primario in sé. I libri giocano un ruolo importante anche nel passaggio successivo di König, che insegna ad Halifax, in Nuova Scozia, e dirige la Press of the Nova Scotia School of Art and Design: qui negli anni Settanta cura una notevole serie di libri.

Benjamin Buchloh subentra nell'incarico in Nuova Scozia nel 1977, quando König si rende nuovamente indipendente e torna in Germania, organizzando negli anni Ottanta tour de force museali su larga scala. Uno di questi, la mostra «Westkunst» del 1981 a Colonia, curata insieme al critico d'arte Laszlo Glozer, è stata l'iniziazione all'arte per un'intera generazione. Come mi ha riferito König una volta, con «Westkunst mirava a «Die Zurückführung der zeitgenössischen Kunst auf ihre Ursprünge» («Il ritorno dell'arte contemporanea alle sue origini»). «Westkunst» vale a König la nomina a una nuova cattedra per l'arte e il pubblico all'Accademia d'Arte di Düsseldorf e un'altra grande mostra «Von hier aus» («Da qui. Due mesi di nuova arte tedesca), allestita nel 1984 alla Fiera di Düsseldorf dove, accanto a importanti pionieri, König offre una prima piattaforma internazionale a giovani artisti come Katharina Fritsch e Thomas Schütte.

 

 

König lancia Skulptur Projekte Münster

A partire dal 1977 König è stato un pioniere del concetto di arte pubblica, realizzando, insieme al suo cocuratore Klaus Bussman, una serie di installazioni e opere d'arte intorno alla città di Münster, nella Germania nord-occidentale, e lanciando Skulptur Projekte Münster, che è diventata una delle mostre di arte pubblica più influenti. Come mi ha raccontato l’artista Dominique Gonzalez-Foerster in un'e-mail inviata all'inizio di questa settimana, il ciclo Skulptur Projekte Münster era l'idea rivoluzionaria di una mostra/rituale che si svolgeva ogni dieci anni.
«Da quel momento in poi mi è parso di vivere nel tempo di Kasper, scrive Gonzalez-Foerster, tutti gli anni che finiscono per 7: 1987, 1997, 2007, 2017 e presto 2027; e un sogno folle si è avverato quando mi ha invitato a partecipare nel 2007».

È stata l'arte pubblica a farmi incontrare per la prima volta König, presso la centrale elettrica Romerbrucke Heizkraftwerk di Saarbrücken. Nel 1990 mi ero recato nella città tedesca, vicina al confine con la Francia, per conto dei miei amici Peter Fischli e David Weiss. In quel caso si trattava di un lavoro divertente. La centrale elettrica ospitava un progetto in cui artisti contemporanei erano invitati a creare installazioni. L'idea di Fischli e Weiss era di creare un pupazzo di neve da installare in un frigorifero di vetro, alimentato dalle eccedenze della centrale elettrica; finché avesse generato elettricità, sarebbe stato esposto un simpatico pupazzo di neve non sciolto. L'opera esprimeva in modo affascinante la funzione della centrale. Così ho guidato la Volvo cigolante dei miei genitori fino a Saarbrücken con un pupazzo di neve sul sedile posteriore... A essere precisi, era un finto pupazzo di neve, una sorta di manichino di prova per l’opera di Fischli e Weiss. Dovevo consegnarlo allo staff curatoriale. L'uomo che aspettava me e il pupazzo di neve era Kasper König, che avevo già incontrato in precedenza con gli artisti Gerhard Richter e Katharina Fritsch, ma fu lì a Saarbrücken che ebbi modo di parlargli a lungo per la prima volta.

 

 

 

König e Obrist collaborano a «Der öffentliche Blick»

Dopo il nostro incontro a Saarbrücken, König mi chiese se volessi collaborare con lui a un'antologia, che si sarebbe intitolata Der öffentliche Blick  (Lo sguardo pubblico). L'idea era di dar vita a una sorta di annuario in cui artisti e scrittori sarebbero stati chiamati a creare opere in qualche modo correlate al tema del titolo. Iniziai a viaggiare ogni settimana per lavorare con lui al libro a Francoforte, dove era direttore della Städelschule, un’importante scuola d'arte. Cominciai a frequentarne le lezioni ogni volta che mi trovavo a Francoforte; in seguito König creò uno spazio lì accanto, chiamato Portikus. Era poco più di un container, ma lui lo ha reso magico, invitando diversi artisti a reinterpretare l’ambiente a modo loro.

La maggior parte delle mostre di König sono nate da conversazioni con gli artisti, e una lezione fondamentale che mi ha insegnato è che il compito di un curatore non è imporre la propria firma, ma essere un mediatore tra artista e pubblico. Il nostro libro è stato una sorta di mostra collettiva e di dibattito con il mezzo della stampa. Durante la realizzazione di Der öffentliche Blick, io e König siamo rimasti colpiti dal difficile status della pittura e così abbiamo iniziato a pensare insieme a una mostra di pittori. Ho preso ad andare a Francoforte con maggiore frequenza, mentre iniziavamo a organizzare una mostra per il Festival di Vienna dal titolo «Der zerbrochene Spiegel» (Lo specchio rotto).

 

 

«Lo specchio rotto» per il Festival di Vienna

Per la prima volta curavo una grande mostra per un’istituzione importante. Lo spazio espositivo copriva migliaia di metri quadrati, il che poneva la questione della massa critica e di come utilizzare al meglio una tale quantità di spazio. König e io volevamo intraprendere un'indagine sulla pittura in un momento in cui non molti curatori esponevano dipinti, e anche offrire piccole retrospettive di opere di alcuni artisti pionieri che non avevano ancora ricevuto l'esposizione che meritavano, come Maria Lassnig, Dick Bengtsson o Raoul de Keyser.

In linea con il metodo dell'indagine storica, il nostro catalogo elencava gli artisti in ordine cronologico di data di nascita. È stata un'esperienza fondamentale per me lavorare per la prima volta a una mostra così grande. «Lo specchio rotto» ha cercato di raggruppare un'ampia gamma di pittori senza imporre una struttura o una tesi su come essi dovessero relazionarsi tra loro. La mostra non doveva essere un palcoscenico per un'argomentazione saggistica sulla pittura, ma un assemblaggio discontinuo di possibilità: abbiamo invitato la più vasta gamma di pittori possibile e alla fine ci siamo ritrovati con tremila dipinti di quarantatré pittori. Uno di loro è stato particolarmente sorprendente: la pittrice austriaca Maria Lassnig (nata nel 1919), con la quale ho iniziato una lunga serie di conversazioni. Esposta in «Lo specchio rotto»  tra tanti artisti molto più giovani, l'opera di Lassnig sembrava avere un potere straordinariamente radioso. I suoi dipinti divennero una sorta di mostra nella mostra.

Per me è stata un'esperienza di apprendimento straordinaria. Ho poi capito che questo era parte integrante della metodologia di König, il quale era solito coinvolgere nel suo progetto giovani collaboratori, ai quali insegnava le regole del gioco, ma anche come romperle e inventarne di nuove per il gioco del fare mostre. König è stato una scuola di curatela individuale molto prima che esistessero le scuole per curatori. Ma è stato anche il principale impresario culturale della sua generazione che ha mediato tra arte, politica e società, tra artista, curatore e pubblico.
Come curatore indipendente König portava i musei nella sua testa e tuttavia, da brillante direttore del Ludwig Museum di Colonia, dal 2000 in poi ha saputo lavorare entro i vincoli di un'istituzione e di aprirne il potenziale. Ha usato il passato come una cassetta degli attrezzi per costruire il futuro e un dialogo tra le generazioni. Nella lunga carriera di König, che dopo Colonia è proseguita con progetti indipendenti a livello internazionale, il dialogo diretto e lo scambio con gli artisti è sempre stato centrale, sempre presente e mai interrotto: una conversazione infinita.

 

Hans Ulrich Obrist, 29 agosto 2024 | © Riproduzione riservata

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