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Palazzo Forcella De Seta, Palermo

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Palazzo Forcella De Seta, Palermo

Hauser & Wirth sceglie Palermo: un Altare alla Contraddizione

Nel capoluogo siciliano, tra splendore e contraddizioni, l’arrivo della mega galleria trasforma un quartiere complesso nel nuovo crocevia dell’arte contemporanea

La diciannovesima sede di Hauser & Wirth, la famosa galleria globale, aprirà a Palermo, che così diventerà una capitale dell’arte contemporanea. La sede sarà nel maestoso, oltre che sinistro, Palazzo Forcella De Seta, in piazza della Kalsa. Storico quartiere arabo di Palermo, luogo di spaccio, visto che da poco si è conclusa una grande operazione antidroga, col nome di «Porta dei Greci», su cui sorge proprio il Palazzo Forcella De Seta, e territorio difficile, nonostante una parte bonificata da Palazzo Butera. Città di contrasti, dove il vertice più alto, raffinato ed esclusivo della cultura, l’arte contemporanea, si mostrerà in un quartiere dove recentemente è tornato uno dei suoi boss, Luigi Abate, detto «Gino u mitra», uno dei pochi che chiama il quartiere ancora col suo nome antico, Avusa. Ma è questa la vera natura di Palermo, ricca e povera insieme, raffinata e scassata, elegante e sbracata, città dai grandi conflitti e dalle enormi contraddizioni; la notizia dell’apertura della galleria viene poco dopo la spaccata della vetrina di Gucci nella via del lusso. 

Città globale prima della globalizzazione, terra di un termine famoso più di Ferrari, Apple e McDonald’s messi assieme, in un’isola rigogliosa e arida, esotica ed affascinante, dove il sangue blu decide, la Sicilia, terra dei limoni, è ancora uno scrigno indecifrabile. Così il grande Palazzo Forcella De Seta esporrà le opere dei più famosi artisti d’arte moderna e contemporanea in un quartiere di vampe, che ha problemi di spazzatura. Opere d’arte che sono distanti dall’idea di «Bellezza» di Palermo (qui la bellezza si scrive con la B maiuscola), ma che forse vogliono, proprio a Palermo, avere come un lasciapassare, una specie di riconoscimento da una terra che è «la chiave di tutto», come disse qualcuno. 

Come una nomina, un prestigio formale, che solo questa città può dare, coi suoi luccichii della carrozza d’oro del Principe di Butera o i riflessi cangianti del Palazzo Reale o i folli interni dei suoi folli palazzi, sobri da fuori, fino alla squisita Palazzina Cinese e all’assurda Villa Palagonia di Bagheria, coi mostri e la sala degli specchi, luogo di effimero svago di una delirante noia dell’eccesso. Saranno così esposte opere esclusive di artisti esclusivi con valori esclusivi in una città che oltre ad essere esclusiva è anche difficile. Anche i jet privati atterrano in un aeroporto che si chiama Falcone e Borsellino, che, come aveva detto tempo fa qualcuno, non è certo un bel biglietto da visita per la città; certo per evitare temi inopportuni si potrebbe dire «Punta Raisi», anche se il nome in siciliano vuole dire «non atterrare». Ma a vedere bene, sia Palermo che l’arte contemporanea hanno qualcosa in comune: mettono insieme gli opposti e per farlo bisogna essere lontani dalla realtà. Solo che se l’arte è rappresentazione, una città non può esserlo fino in fondo, e Palermo è così tanto vera e viva che è anche feroce. Ha detto che porta con sé sempre una pistola «perché Palermo è una città violenta», l’uomo che ha ucciso un ragazzo alla Vucciria lo scorso ottobre.

Flavio Favelli, 10 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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