«Evoluzione, Serie Wus/La stella a sette punte, Gruppo VI n. 16» (1908) di Hilma af Klint

Cortesía di The Hilma af Klint Foundation, Stoccolma, HaK 84. © The Hilma af Klint Foundation, Bilbao 2024

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«Evoluzione, Serie Wus/La stella a sette punte, Gruppo VI n. 16» (1908) di Hilma af Klint

Cortesía di The Hilma af Klint Foundation, Stoccolma, HaK 84. © The Hilma af Klint Foundation, Bilbao 2024

Hilma af Klint non voleva esporre le sue opere

Il Guggenheim Bilbao ospita un’ampia retrospettiva dell’artista svedese che, nel testamento, fece esplicita richiesta di non esibire i propri lavori per almeno vent’anni dopo la sua morte

Esistono molti artisti in anticipo sui tempi che non ricevono in vita il riconoscimento che meritano, ma è molto raro che siano proprio loro a voler passare inosservati. È il caso di Hilma af Klint (Stoccolma, 1862-1944), pioniera dell’astrazione concettuale che non volle mai divulgare le sue opere, ma si preoccupò di conservarle e classificarle per le generazioni future. Convinta che il pubblico non fosse preparato per comprendere le sue creazioni dalla complessa simbologia e dai colori audaci (il giallo rappresenta l’uomo e l’azzurro la donna), si rifiutò sempre di esporre le sue opere in contesti artistici e le rare volte che lo fece fu in comunità spiritualmente affini, interessate, come lei, all’esoterismo, allo spiritismo e ad altre correnti di pensiero come la tradizione alchemica dei Rosacroce, la teosofia di Helena Blavatsky o l’antroposofia di Rudolf Steiner. Nel suo testamento indicò che le opere non potevano essere esibite per almeno vent’anni dopo la sua morte e in effetti ci è voluto quasi un secolo per riconoscerne il valore.

Un riconoscimento a cui si unisce il Museo Guggenheim Bilbao, che dal 18 ottobre al 2 febbraio 2025 le dedica un’ampia monografica a cura di Tracey R. Bashkoff, direttrice delle collezioni dei musei Guggenheim, e Lucía Agirre, curatrice della sede di Bilbao. Il percorso espositivo spazia dai primi lavori figurativi, passando per i disegni automatici, fino alle sue serie più importanti, come quella dedicata all’atomo, «Perceval», e i 193 «Dipinti per il tempio», realizzati per essere installati in un edificio elicoidale di quattro piani collegati da una scala a chiocciola, che non riuscì mai a costruire. In queste opere Hilma af Klint inizia ad adottare caratteristiche che verranno poi associate all’astrazione moderna, come l’approccio riduzionista al colore e alla composizione e la mancanza di profondità pittorica. 

Tutto il suo processo creativo è segnato dalle rivelazioni e indicazioni spirituali che intorno al 1907 la invitano a realizzare opere monumentali, assolutamente insolite per l’epoca, eseguite a una velocità vertiginosa e probabilmente disposte a terra. L’artista continua a ricercare il significato dei messaggi che riceve dall’aldilà e nel 1916, nell’arco di dieci settimane, crea la serie «Perceval», sul cavaliere della Tavola rotonda che dedica la vita alla ricerca del Santo Graal. L’anno seguente realizza la serie sull’atomo, che i teosofi sostengono di vedere attraverso la chiaroveggenza e che Hilma af Klint, affascinata dal mondo naturale, considera una specie di porta d’accesso al cosmo. La mostra si chiude con i dipinti geometrici, un estremo tentativo di plasmare l’invisibile, e un insieme di acquerelli d’ispirazione botanica raffiguranti le forze spirituali della natura, in cui permette alla pittura di scorrere libera su una superficie precedentemente bagnata, lasciando che siano i colori a creare il soggetto.

Hilma af Klint nel suo studio di Hamngatan a Stoccolma. Cortesia della Hilma af Klint Foundation

Roberta Bosco, 15 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Hilma af Klint non voleva esporre le sue opere | Roberta Bosco

Hilma af Klint non voleva esporre le sue opere | Roberta Bosco