«Rekha with beads in her mouth. Falkland Road, Mumbai, India, 1978» di Mary Ellen Mark

Per gentile concessione della Mary Ellen Mark Foundation/Howard Greenberg Gallery

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«Rekha with beads in her mouth. Falkland Road, Mumbai, India, 1978» di Mary Ellen Mark

Per gentile concessione della Mary Ellen Mark Foundation/Howard Greenberg Gallery

I Rencontres di Arles ritraggono la nostra umanità

Una cinquantina di mostre per la 55ma edizione del festival di fotografia francese il cui tema ruota attorno alla nostra società con le sue tragedie, i suoi conflitti, vite vissute ai margini, ma anche la sua bellezza

Dopo il boom di visitatori dell’edizione 2023 (circa 145mila), torna dal primo luglio al 29 settembre il festival Les Rencontres de la photographie di Arles, che dal 1970 accoglie i grandi nomi della fotografia internazionale. Questa 55ma edizione propone un mosaico di visioni dell’umanità, con le sue tragedie, i conflitti, le vite vissute ai margini della società, ma anche la sua bellezza. Lo spiega Christoph Wiesner, dal 2020 direttore dell’evento: «Fotografi, artisti e curatori rivelano le loro visioni, le loro storie, quelle della nostra umanità, a volte contrastata, in perenne ridefinizione, resiliente o visionaria. Storie che emanano dagli interstizi di una superficie porosa: si intrecciano, si sovrappongono e si accavallano. È un momento emozionante, continua Wiesner in una nota, con tante strade diverse da percorrere». 

Su questo tema centrale dell’umanità sono allestiti tra gli altri gli scatti della spagnola Cristina De Middel del progetto «Journey to the Center», un lavoro che, ispirandosi all’immaginario di Jules Verne, racconta l’esodo dei migranti dal Messico verso gli Stati Uniti (nell’Église des Frères Prêcheurs), e le sperimentazioni urbane di Mo Yi, fotografo autodidatta, il cui gesto sfida in modo sorprendente tutti i codici della tradizione fotografica (alla Mécanique Génerale), figura di spicco della fotografia cinese contemporanea, che documenta i cambiamenti della società del suo Paese. 

Il festival propone un programma di una cinquantina di mostre, organizzate, anche quest’anno, in diversi luoghi della cittadina provenzale (a cui si aggiunge il fitto programma «Satellites», proposto da istituzioni partner del festival in altre città provenzali tra cui Nîmes, Aix e Mougins). La mostra evento di quest’edizione, che prosegue l’impegno del festival di Arles di riscoprire e valorizzare il lavoro, ancora mal conosciuto, delle fotografe, è la retrospettiva di Mary Ellen Mark (1940-2015), fotografa statunitense nota per i suoi ritratti in bianco e nero dei margini della società, da lei documentati con sensibilità per oltre cinque decenni e pubblicati su «Life», «Vanity Fair» o «Vogue». La mostra «Rencontres [Encounters]» (all’espace Van Gogh), coprodotta con il centro espositivo e fondazione berlinese C/O Berlin e la Mary Ellen Mark Foundation, presenta cinque progetti dell’artista, tra cui la serie sui bambini nelle strade di Seattle e quella sulle prostitute di Mumbai, accanto a documenti d’archivio. Filo rosso della rassegna è inoltre l’omaggio alla fotografia giapponese, con quattro mostre sul tema, tra cui «Quelle joie de vous voir» (al Palais de l’Archevêché), con i lavori di oltre venti fotografe giapponesi dagli anni ’50 ad oggi, e la monografica «Belongings» di Ishiuchi Miyako, vincitrice, a 77 anni, del premio Women in Motion 2024 (alla Salle Henri-Comte). Sono presentati anche il progetto originale nei criptoportici di Sophie Calle e le visioni della guerra di Stephen Dock, che rivisita i suoi archivi dal fronte in Siria, e poi gli scatti di Randa Mirza, Rajesh Vora, Nicolas Floc’h, Debi Cornwall e ancora Mustapha Azeroual e Marjolaine Lévy.

Un’immagine dalla serie «Dancing Streets» (1998) di Mo Yi. Cortesia dell’artista e dell’Ucca Center for Contemporary Art

Luana De Micco, 28 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

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