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Le opere e gli arredi del seicentesco Hôtel Lambert sono andati all’asta dall’11 al 14 ottobre a Parigi da Sotheby’s

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Le opere e gli arredi del seicentesco Hôtel Lambert sono andati all’asta dall’11 al 14 ottobre a Parigi da Sotheby’s

Il 2023 del mercato: aspettiamoci il meglio, ma prepariamoci al peggio

Il mondo è già in recessione ma, stando ai risultati del 2022, per l’arte il pericolo sembrerebbe ancora lontano. Ci sono segnali al ribasso e segmenti più vulnerabili, ma anche nuove geografie di collezionismo e comparti in evoluzione

Bruno Muheim

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Per il 2023 il mercato dell’arte ha un grande punto interrogativo, che non dipende da sé stesso, ma dall’orientamento globale dell’economia mondiale. Tutti i parametri sono chiari, da Pechino a Santiago del Cile siamo in piena recessione. Di norma, nella prima fase di una contrazione mondiale gli effetti sull’arte sono assai benigni e il famoso valore rifugio dell’oggetto d’arte gioca un ruolo di primo piano. Al contrario, alla fine di una recessione il collezionista, che sia persona della finanza o dell’industria, deve concentrare i propri investimenti sul rilancio dell’attività. Certo, sarà più facile per un tycoon della finanza che ha bisogno solo di una squadra ristretta di poche persone, mentre l’industriale deve affrontare il costo di migliaia d’impiegati e di grandi impianti.

Il 2022 è stato eccellente e i risultati non danno l’impressione di una recessione vicina. Christie’s ha totalizzato 8,4 miliardi di dollari di cui più di 1,6 dall’asta di Paul Allen. Sotheby’s ha portato a casa splendide collezioni come quella dell’Hôtel Lambert, la Solinger o la seconda parte della collezione Macklowe, con un fatturato globale annuale di 8 miliardi. Quest’ultima cifra eccellente sarebbe la prova della splendida rimonta di Sotheby’s che, malgrado non abbia avuto una collezione Allen, ha recuperato gran parte del distacco. E tutti i commentatori hanno parlato di un’epoca d’oro del mercato dell’arte quando nel novembre scorso Christie’s e Sotheby’s hanno raccolto 3 miliardi di dollari in appena dieci giorni. Addio crisi, Ucraina, Covid e altre calamità.

Ciò detto, le cifre strettamente connesse alle vendite all’asta delle due case vanno precisate: si parla di 7,2 miliardi per Christie’s e 6,4 per Sotheby’s. Quest’ultima, nel suo globale di 8 miliardi, contabilizza anche i risultati di un’azienda di vendite automobilistiche, RM Auctions, nella quale ha solo una partecipazione appena maggioritaria.

Segnali di ribasso?
Se si guarda più attentamente, tutti i segnali da tenere d’occhio sono ben presenti e lo erano già al momento dell’asta Allen. Nella stessa settimana a New York da Christie’s le cose non sono andate così bene e la dinamica Allen non ha trascinato dietro di sé le altre vendite. Se si considera il totale di quasi 308 milioni di dollari per l’asta generica di arte moderna del 17 novembre contro i 420, sempre da Christie’s New York, dell’anno prima, il confronto non è positivo.

Il quadro più importante, un de Kooning offerto con una garanzia da Christie’s, è rimasto invenduto. Ciò significa una perdita di 35 milioni di dollari per la major, da aggiungere ai 9,5 milioni di garanzia offerti sempre da Christie’s per un quadro di Gauguin e per uno di Hans Hofmann, anch’essi rimasti invenduti, ossia una perdita totale di circa 45 milioni: quasi quanto il guadagno della collezione Allen.

Inoltre, otto importanti quadri della collezione del finanziere Tom Marsico erano in vendita con una garanzia di Christie’s: stranamente uno straordinario Bazille comprato nel 2004 per 5,3 milioni è stato rivenduto soltanto per 3,7 milioni. Il risultato complessivo di 35,5 milioni, che partiva con una stima bassa di 32 milioni, appare un guadagno modesto.

A livello globale sembrerebbe che finalmente le «superstar» Basquiat e Jeff Koons si stiano fortemente ridimensionando, con vendite, quando trovano un acquirente, al di sotto della stima bassa. Personalmente sono rimasto basito quando, facendo visita a collezionisti molto facoltosi ma senza grande capacità di comprendere, sempre ho trovato abbinati un Basquiat e un Koons.

Altro elemento di confronto molto importante è dato dall’asta di Christie’s del XXI secolo, passata da 220 milioni nel 2021 a 114 nel 2022 (sempre il 17 novembre). Quest’asta è chiamata da diversi commentatori il laboratorio personale di François Pinault, il più grande collezionista d’arte contemporanea al mondo. Poiché egli è anche il proprietario di Christie’s questa vendita, dicono i maliziosi, serve un po’ da vetrina ai suoi ultimi acquisti.

Quando il presidente di Christie’s Guillaume Cerutti dichiara che il mercato è più difficile di sei mesi fa, non è solo per preparare psicologicamente il suo proprietario, la famiglia Pinault, ma anche per dare un segnale chiaro a tutti gli attori del mercato dell’arte. Le ultime dichiarazioni trionfalistiche di alcuni sull’estrema salute del mercato dell’arte mi sembrano delle autosuggestioni.
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La vulnerabilità delle opere trofeo
Altro argomento che non condivido è insistere sul fatto che i super ricchi hanno guadagnato tantissimo in questi due ultimi anni, che ciò sia da mettere in relazione con un numero esiguo di opere d’arte disponibili e che proprio il numero così esiguo proverebbe il dinamismo del mercato dell’arte, un mercato cioè con un futuro splendido.

Primo sbaglio: queste opere assai care non sono comprate da collezionisti che costruiscono un insieme organico, ma molto spesso da persone facoltose che hanno solo bisogno di icone facilmente identificabili da mettere sopra il divano per fare capire la loro evidenza finanziaria. Dunque poche. Un collezionista vero comprerà diverse opere di valore variabile, da mille a centomila euro, anche da un milione, in fiera o in una galleria oppure anche all’asta, ma non opere da decine di milioni, per ragioni ovvie. Vorrà costruire un insieme che metterà in mostra successivamente, ma il principio dell’esibizionismo non è importante per lui. Ciò che gli interessa è l’interazione di un’opera con un’altra. Si tratta di un approccio intellettuale, che non richiede di essere visto da altri. Dunque, la dinamica è totalmente diversa per questi due generi di opere e rende molto più vulnerabili le opere trofeo.

L’ombra del cigno nero è sempre in agguato
Non dobbiamo dimenticare come il mercato dell’arte fosse crollato rovinosamente all’inizio degli anni Novanta, con la scomparsa immediata dei compratori giapponesi. Potrebbe accadere lo stesso con i compratori cinesi o i megaricchi di oggi. Un fenomeno non sorprendente e perfino probabile dopo il cedimento in questi ultimi mesi del mondo della new economy.

Un’altra realtà a cavallo fra il 2022 e il 2023 è la forte flessione dell’immobiliare di lusso. Il notevole rallentamento del mercato cinese e l’assenza totale della clientela russa sono stati un duro colpo per transazioni nell’ordine di varie decine di milioni. Potrebbe sembrare un sacrilegio paragonare un’attività immobiliare all’arte, ma sono le case d’asta che hanno preso questa direzione. Sotheby’s non parla più di «precious objects» ma di «luxury goods» mettendo insieme la borsa Hermès, il gioiello Art déco o la scatola di pietre dure e oro settecentesca. Se un ricchissimo uomo d’affari mostra meno interesse nell’acquisto di un appartamento da 50 milioni, mi sembra evidente che non comprerà un quadro alla stessa cifra per adornare il suo salotto.

La concomitanza dirompente di fattori mortiferi
Come già menzionato, la ripartizione geografica dei compratori e venditori ha subìto e subirà parecchie tensioni. La Russia è totalmente da dimenticare per anni, con la guerra d’invasione dell’Ucraina. In Cina era prevista una crescita dell’8% e invece non si sa se supererà il 3% per colpa della politica di gestione del Covid da parte del Governo. Sembra che finalmente sia previsto un allentamento delle restrizioni, ma il danno prodotto finora necessiterà di lunghi mesi per essere superato. La Brexit dimostra di essere una realtà perfino più tragica delle nostre peggiori aspettative e sta silurando totalmente il mercato dell’arte, nello specifico settori come quello degli oggetti d’arte e degli arredi classici, i quali peraltro sono in estinzione, eccezion fatta per i capolavori assoluti.

Questo fenomeno per le aste subirà un’accelerazione nel 2023, mentre le fiere d’arte contemporanea come Frieze per il momento sembrano resistere bene. Dall’altra parte Parigi sembra volare sempre più in alto nella guida europea del mercato dell’arte. L’insieme di tutte queste notizie non porta a essere ottimisti. All’alba del 2023 è importante capire se il mercato dell’arte è entrato in recessione o se essa slitterà al secondo semestre, o addirittura al 2024. Non dimentichiamo che il mercato dell’arte è in piena ristrutturazione a causa del cambiamento culturale in atto nel mondo. Il Covid prima e adesso la recessione non fanno che accelerarne un processo inesorabile. Il soprammobile barocchetto ha sempre più i giorni contati.
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Tuttavia...
Ci sono tuttavia segnali positivi da notare. Mai i mercati nazionali sono stati così floridi: la Germania, l’Italia e la Svezia, per esempio, hanno avuto ottimi risultati. Da alcuni anni in Svezia una splendida iniziativa sta rivoluzionando il mercato. La Svezia è il tempio delle arti decorative dal Settecento e una miriade di piccole case d’asta hanno sviluppato la loro attività. La più grande, Bukowski, ha certo una reputazione internazionale, mentre era difficile per decine di piccole case farsi conoscere.

Così, alcuni ex direttori di Bukowski hanno creato una nuova struttura, Auctionet, e convinto la maggior parte dei loro colleghi a proseguire in autonomia nella stesura dei propri cataloghi, che poi vengono messi online sul sito di Auctionet. Successivamente è la stessa azienda a occuparsi delle spedizioni a prezzi assai competitivi. Il sito di Auctionet è chiaro, facile da usare e funziona perfettamente. Ho comprato un vaso da loro: l’ho pagato cinque minuti dopo l’aggiudicazione, mandato un’ora dopo le mie istruzioni per la spedizione, il vaso è stato spedito in Francia per 60 euro e l’ho ricevuto cinque giorni dopo. Lo stesso mese ho comprato a Londra da Christie’s un altro vaso delle stesse proporzioni e mi è costato 500 euro di trasporto con consegna un mese dopo. La rete di Auctionet adesso si è estesa alla Germania, all’Olanda e alla Spagna. Facciamo un sogno: sarà l’Italia il prossimo passo?

Come abbiamo già detto il ritiro dal mercato dei compratori giapponesi era stato l’inizio della più grande recessione del mercato dell’arte. Prima, qualsiasi nudo rubicondo tardivo di Cézanne, vasi Gallé industriali e anche false vedute venete fatte malamente a mano trovavano acquirenti. Il Giappone, offeso nella sua grande tradizione millenaria, si è ripiegato su sé stesso. Ma sembrerebbe che la bella addormentata sia pronta al risveglio. E in Corea del Sud sta emergendo una nuova generazione di collezionisti, principalmente orientati sull’arte contemporanea, e ogni anno appaiono nuovi musei. È vero che i cinesi adorano le aste e che il giapponese, più discreto, preferisce invece il contatto più intimo in galleria.

Le gallerie d’arte contemporanea, di design e di fotografia potrebbero affrontare meglio il futuro. Christie’s e Sotheby’s hanno mescolato i generi agendo come intermediari, ma al tempo stesso comprando e vendendo direttamente hanno creato una grande confusione anche in certe persone che normalmente preferiscono un mercante che fa il suo mestiere di mercante e nient’altro. Interessante è poi l’eccitazione che ha creato l’indiscrezione d’un possibile acquisto di Gagosian da parte di Lvmh.

Que será será
In conclusione, come riusciamo a sapere come andrà il 2023? Se va bene tanto meglio, ma se va male ancor peggio, perché significherà che tutta l’economia è andata malissimo, colpita in pieno dalla recessione. Il mercato dell’arte non ha in mano le carte per decidere. Saranno ugualmente vittime il quadro da 100 milioni di dollari così come la michetta di pane del tranviere. Interessante è notare come la comunicazione delle due case d’asta principali sia totalmente diversa: per Christie’s dobbiamo stare attenti, i tempi cambiano; per Sotheby’s marcia trionfale. Ci rivediamo il 31 dicembre 2023.

I giovani fondatori di Microsoft, Bill Gates (1955) e Paul Allen (1953-2018)

«Autoritratto» (1986) di Andy Warhol nell’asta della Macklowe Collection da Sotheby’s

Bruno Muheim, 27 febbraio 2023 | © Riproduzione riservata

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