Chinma Johnson-Nwosu
Leggi i suoi articoliLa Repubblica del Benin, che non a caso quest’anno ha fatto la sua prima apparizione in assoluto alla Biennale di Venezia con un proprio padiglione nazionale, sta puntando sulla cultura nell’ambito di una strategia per stimolare la crescita economica. Il Governo sta costruendo quattro nuovi musei in diverse località e un quartiere culturale a Cotonou (la città più grande, sede del Governo), oltre a incrementare gli investimenti nell’educazione artistica.
La Maison de la Mémoire et de l’Esclavage nella città costiera di Ouidah, da dove nel 1860 partì l’ultima spedizione di schiavi verso gli Stati Uniti, mira a raccontare la storia della schiavitù «da prospettive africane, americane, caraibiche ed europee», spiega Alain Godonou, direttore dei musei dell’Agenzia nazionale del patrimonio e del turismo. Il completamento del primo dei quattro nuovi musei che verranno aperti in Benin nei prossimi cinque anni è previsto per fine 2024.
Per il decennio 2016-2026, il Governo del Benin ha stanziato un budget di 250 milioni di euro, con l’obiettivo di fare della cultura il secondo pilastro dell’economia dopo l’agricoltura. Oltre alla costruzione di musei, il Governo si concentra sulla conservazione del patrimonio immateriale, sull’incremento del turismo culturale e sull’offerta di incentivi finanziari agli investitori privati. L’impulso alle arti, afferma il ministro della Cultura Babalola Jean-Michel Abimbola, va oltre la promozione di un senso di identità nazionale: «È una lotta contro la povertà, che ci permette di creare posti di lavoro e di costruire un’economia migliore». L’anno scorso è iniziata la costruzione di un nuovo quartiere culturale nel centro di Cotonou, noto come Le Quartier Culturel et Créatif, che ospiterà un museo d’arte contemporanea, un parco di sculture, un istituto culturale franco-beninese, un’arena per concerti, gallerie commerciali e un villaggio dedicato a promuovere l’artigianato e il patrimonio locale. Il Musée d’Art Contemporain de Cotonou è previsto come piattaforma per talenti internazionali e nazionali e, come sottolinea Abimbola, il Governo auspica che diventi «il più grande e importante museo d’arte contemporanea dell’Africa».
Tra gli altri progetti troviamo il Musée des Rois et des Amazones du Danhomè (Murad) ad Abomey, dove in futuro i visitatori potranno esplorare i 300 anni di storia del Regno del Dahomey. Il Musée International du Vodun, situato nella capitale Porto-Novo, mira a riabilitare l’immagine di una religione indigena, nota anche come voodoo, molto criticata e poco compresa a livello globale. Il Governo mira a replicare il successo della mostra del 2022 «Arte del Benin di ieri e di oggi. Dalla restituzione alla rivelazione», in cui nel Palazzo presidenziale sono stati esposti anche 26 manufatti reali recentemente rimpatriati. Nei tre mesi di apertura a mostra ha attirato più di 230mila visitatori, il 90% dei quali cittadini del Benin. In precedenza i musei beninesi attiravano in media 40mila visitatori all’anno, ma ora l’obiettivo è di 100mila, afferma Godonou. L’anno scorso il Governo ha anche lanciato un’Agenzia per lo sviluppo dell’arte e della cultura. I ministeri del Turismo e delle Finanze stanno inoltre cercando di introdurre politiche di sgravi fiscali per le industrie culturali. I grandi progetti museali finanziati con fondi pubblici e guidati dal Governo che il Benin sta intraprendendo hanno pochi precedenti in Africa. Lo Zeitz Museum of Contemporary Art Africa del Sudafrica è una joint venture tra il Victoria & Albert Waterfront development e Jochen Zeitz, amministratore delegato della Harley Davidson. In Nigeria, il Museum of West African Art di Benin City è di proprietà del Mowaa trust, un’iniziativa privata senza scopo di lucro. In Marocco, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Mohammed VI di Rabat è un’iniziativa della casa reale, mentre il Museo d’Arte Contemporanea Africana Al Maaden (Macaal) di Marrakech è finanziato da Othman Lazraq e dal padre Alami, due degli uomini più ricchi del continente. Anche il piano di sviluppo promosso del Governo del Benin prevede il coinvolgimento del settore privato. Dimostrando agli imprenditori che la gente del Paese è interessata all’arte, Abimbola spera di suscitare l’interesse delle compagnie private. In alcune zone di Cotonou questo sta già accadendo. Nel 2022 la galleria Septième, che aveva già uno spazio a Parigi, ha aperto a Cotonou e l’anno scorso ha partecipato all’inaugurazione del Cotonou Gallery Weekend, insieme a una galleria commerciale beninese, Borna Soglo, e a centri d’arte come Le Centre e Kulturforum Sud-Nord.
Espandere l’istruzione e la formazione
Anche gli investimenti nell’istruzione artistica e nella formazione professionale sono in aumento. Sèmè City, un progetto di sviluppo sostenuto dal Governo, ha svelato i piani per un nuovo campus dell’Africa Design School situato a Ouidah, destinato ad accogliere 30mila studenti a partire dal 2026. La scuola è stata lanciata a Cotonou nel 2019 in collaborazione con L’École de Design Nantes Atlantique e da allora ha aggiunto un programma di master.
L’anno scorso l’École du Patrimoine Africain, che forma professionisti del patrimonio, ha festeggiato il 25mo anniversario. Quando è nata solo il 5% delle persone che lavoravano nei musei beninesi aveva una formazione sulla conservazione del patrimonio. Ora la percentuale è dell’80% e nel momento in cui i Paesi africani hanno iniziato a recuperare i tesori saccheggiati dai musei occidentali il suo lavoro ha acquisito importanza. Negli ultimi cinque anni l’organizzazione ha lanciato un programma di laurea, ha iniziato a formare giornalisti culturali e ha lanciato una formazione bilingue online per i professionisti di tutto il mondo. Gli studenti della scuola, spiega il direttore Franck Ogou, sono ora coinvolti nei progetti museali di Abomey e del Musée du Vodun. Il Benin, afferma, è «uno dei pochissimi Paesi africani che pongono l’arte e la cultura al centro dell’agenda politica».
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