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Un particolare di «Aqua Dresses» (2022) di Charlene Komuntale, rappresentata da Afriart Gallery

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Un particolare di «Aqua Dresses» (2022) di Charlene Komuntale, rappresentata da Afriart Gallery

La fiera che fa networking

1-54 Contemporary African Art Fair celebra il suo decimo anniversario e il suo direttore pensa a come restare «piccoli» in pieno boom dell’arte africana

Chinma Johnson-Nwosu

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La fiera leader per l’arte contemporanea africana, 1-54, celebra questo mese (dal 13 al 16 ottobre) la sua decima edizione a Londra, accogliendo 50 gallerie, tra nuovi arrivi come Selebe Yoon di Dakar e affezionati come Gallery 1957, con sedi ad Accra e Londra, nuovamente a Somerset House. Nel 2014, al suo debutto, la fiera contava solo 16 espositori, il che dimostra quanto sia cresciuto l’appetito per l’arte africana e diasporica in dieci anni.
«Quando ho iniziato, vedere a Londra una galleria con un artista africano era raro», afferma Touria El Glaoui, direttrice di 1-54, «mentre oggi qualunque realtà ha un artista o africano o della diaspora africana». Nonostante i sorprendenti risultati dell’arte africana nel mercato secondario, c’è ancora da lavorare. «Ci sono ancora alcuni paesi in Africa senza gallerie [e] senza ecosistemi a livello locale che promuovono i loro artisti contemporanei», avverte la direttrice, aggiungendo la sua personale speranza che 1-54 possa aiutare a cambiare la situazione.

Quest’anno, per la prima volta, la fiera ospiterà un evento di networking per i rappresentanti di vari centri d’arte africani allo scopo di incentivare la collaborazione all’interno del continente. A tal proposito, El Glaoui sostiene: «Se un museo marocchino fa una mostra incredibile, invece di farla solo una volta, potrebbe spostarla in Benin e poi in Sud Africa». 

Anche 1-54 ha beneficiato della collaborazione, nello specifico con Christie’s che ha lavorato a suo fianco sin dalla sua prima edizione. Durante la pandemia, la casa d’aste ha ospitato la fiera nella sua sede parigina sia per l’edizione 2020 che per quella 2021, offrendo a 1-54 una «zattera di salvataggio» in un momento difficile per gli eventi live. Ha inoltre collaborato con la casa d’aste per creare la sua piattaforma online e una serie di NFT che sono stati venduti all’asta a luglio.

Quando è iniziata questa collaborazione, molti erano scontenti della presenza dell’operatore del mercato secondario. Joost Bosland, ad esempio, direttore della galleria Stevenson in Sud Africa, ha dichiarato al Financial Times che «le case d’asta non dovrebbero sostenere le fiere».

La fiera ha anche dovuto riconsiderare il suo commercial core alla luce del suo ruolo educativo e culturale. Alla sua quinta edizione nel 2017, Koyo Kouoh, l’eminente curatrice camerunese e direttrice dello Zeitz Museum di Cape Town, che aveva organizzato il programma di eventi della fiera dal 2013, ha detto al pubblico che aveva accettato di unirsi alla fiera solo a condizione di non discutere del mercato.

«La collaborazione con Christie’s è stata molto importante per le gallerie che hanno potuto incontrare nuovi collezionisti in un momento di difficoltà», ricorda El Glaoui. Ma per quanto 1-54 continui a «condividere il suo letto» con i grandi attori del mercato, sembra aver finalmente compreso la sua linea strategica: rimanere piccola. El Glaoui la spiega così: «Io volevo che partecipasse alla fiera una grande galleria. Ora mi rendo conto che non siamo quel tipo di piattaforma, siamo il luogo in cui le persone vengono a scoprire nuovi artisti». La sua più grande sfida quindi è aiutare a sostenere l’ascesa fulminea dell’arte africana e difenderne le quotazioni.

L’occhio sulla London Art Week 2022
 

Un particolare di «Aqua Dresses» (2022) di Charlene Komuntale, rappresentata da Afriart Gallery

Chinma Johnson-Nwosu, 12 ottobre 2022 | © Riproduzione riservata

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