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Sara van Bussel
Leggi i suoi articoli«Quando eri ancora una stellina», mi dice sempre mia madre parlando del tempo prima del mio arrivo. La mia essenza, prima di toccare la terra, era dunque celeste. Allo stesso modo, quando qualcuno se ne va, diciamo che è tornato in cielo, diventato una stella, che ci guarda dall’alto. In questa circolarità di immagini e credenze si nasconde la trama più antica del vivere: inizio e fine, presenza e assenza, luce e ombra non sono che due lati della stessa orbita. È proprio questa visione del reale che si intesse nella nuova edizione di Contemporary Locus, progetto di rigenerazione urbana attraverso l’arte contemporanea a cura di Paola Tognon, oggi alla sua 17ma edizione. L’associazione, nata a Bergamo nel 2012, lavora da oltre un decennio per restituire alla cura delle comunità luoghi dimenticati, spazi dismessi o invisibili, trasformandoli in territori di relazione e produzione condivisa di cultura. Nel tempo, ha costruito attraverso l’arte una vera e propria geografia culturale della città, che attraversa architetture e epoche diverse, generando connessioni tra passato e presente, memoria e immaginazione.
Intitolata «La città nella città», la rassegna è visibile fino al 30 novembre al Cimitero Monumentale di Bergamo, luogo che da sempre custodisce la memoria collettiva della città e la traduce in architettura. Come suggerisce il titolo, il progetto riflette sul concetto di città: da un lato, lo spazio vitale della nostra quotidianità, fatto di strade, negozi, relazioni e gesti ripetuti; dall’altro, la città dove riposa chi non c’è più. Questa distinzione è però impura: basta pensare alla toponomastica delle nostre città, dove ogni strada che attraversiamo porta inciso il nome di persone scomparse da almeno dieci anni, unendo in un solo spazio i vivi e i morti. Così, la città dei vivi è in realtà costellata di assenze: viviamo tra spazi che dedichiamo ai morti, ripercorriamo i loro passi, nutrendo al contempo il nostro presente. Il Cimitero Monumentale, progettato da Ernesto Pirovano tra il 1896 e il 1913, si pone in questa dialettica come una città esattamente complementare: anch’essa è fatta di sentieri, vie, regole, gerarchie, e seppur abitata da chi non c’è più, è costantemente spazio di vita: la percorrono i visitatori, i custodi, i giardinieri, le guide che ogni giorno ne curano la vita silenziosa. Definirla «la città dei morti» sarebbe dunque impreciso: come la città dei vivi, essa è un luogo di attraversamento, un punto dove la memoria si fa indice, ma genera anche azione.
Questa visione profondamente duplice costituisce la radice poetica della mostra. Memoria e ricordo non sono soltanto atti individuali, ma anche collettivi: a ricordare siamo noi, la comunità dei rimasti, coloro che abitano l’oggi e che, nel ricordare, tengono accesa la vita. Le opere concepite per il Cimitero Monumentale diventano la traduzione artistica di questo spazio liminale: entrambe le installazioni realizzate per Contemporary Locus 17 si pongono come ponti, come passaggi tra ciò che è stato e ciò che ancora può essere. Con «Shooting Stars», il duo artistico Antonello Ghezzi, composto da Nadia Antonello e Paolo Ghezzi, disegna una linea luminosa che attraversa la facciata sinistra del cimitero come una stella cadente. Il sistema, collegato in tempo reale al radiotelescopio Croce del Nord dell’Istituto Italiano di Astrofisica, si accende ogni volta che una meteora attraversa il cielo del Mediterraneo, in media una al minuto. Ogni 60 secondi, dunque, chi passa davanti al cimitero vede una luce accendersi, una cometa tradotta in segnale terrestre, un ponte tra chi siamo stati, chi siamo ora, e chi non c’è più. C’è, in questa pulsazione luminosa, la stessa ingenua e tenace speranza del desiderare, il gesto più vitale e universale che ci resta.
Sulla facciata centrale del cimitero, imponente porticato di pietra, l’artista argentino Daniel González ha costruito invece «Golden Gate», un portale dorato fatto di coperte isotermiche in mylar, cucite e annodate una a una, che rifrangono il sole e il vento delle Prealpi. L’opera trasforma la facciata del cimitero in una soglia liquida, morbida, un’architettura effimera il cui movimento si apre a seconda del vento che tira da un lato o dall’altro della facciata: ora dalla parte dei vivi, ora dalla parte dei morti. L’oro, colore del divino, è accompagnato dal metallico argento, simbolo di vitalità. Il rimescolio continuo delle strisce isotermiche scosse dal vento ricorda il rumore del mare, mentre il sole che si riflette sulla superficie dorata crea pareti di luce cangiante. Luce e acqua, elementi ancestrali di passaggio e di trasformazione, si fondono in un varco che qui unisce, trasformando la facciata in una soglia che vibra, aperta.
Intorno a queste due installazioni si muove Comunità Aperta, una rete di 39 enti, istituzioni e cittadini che, sollecitati dal cimitero come luogo di memoria collettiva, partecipano con incontri, mostre e azioni condivise, componendo una rete attiva che permea entrambe le città per tutta la durata del progetto. Contemporary Locus 17 celebra l’archivio a cielo aperto della storia bergamasca, in un progetto in cui la terra si sporca di cielo per rivendicare il valore assoluto del tempo, inteso come ciclico riverberare di memoria, desiderio, vita.
Antonello Ghezzi, «Shooting Stars», 2025, progetto site specific per Contemporary Locus 17, «La Città nella città», Cimitero Monumentale di Bergamo. Photo: Mario Albergati