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La grande videoinstallazione di Douglas Gordon al MaXXI di Roma

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La grande videoinstallazione di Douglas Gordon al MaXXI di Roma

Il MaXXI è diventato monumento nazionale

Il Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma festeggia con cinque mostre che spaziano da Douglas Gordon a Nacho Carbonell, dagli stadi alla Galleria Pieroni

Il MaXXI di Roma compie quindici anni (è stato inaugurato il 30 maggio 2010) con un salto di classe: non più solo grande museo italiano del contemporaneo, ora anche monumento nazionale. Tale qualifica, che comporta una tutela specifica, volta a garantirne la conservazione e la valorizzazione nel tempo, è frutto di una procedura di riconoscimento dell’interesse culturale dell’edificio progettato da Zaha Hadid, avviata nel luglio 2024 su iniziativa dell’allora presidente Alessandro Giuli (ora al suo posto c’è Elena Bruni), e curata dalla Soprintendenza speciale archeologia, belle arti e paesaggio. Quindici anni e cinque mostre: questo il programma dell’estate-autunno 2025 del Museo nazionale delle arti del XXI secolo, nei due settori che lo animano, arte e architettura.

Per l’arte, nella Galleria 5 del museo, Douglas Gordon (Glasgow, 1966), tra i maggiori videoartisti viventi, presenta il suo lavoro in una mostra, visibile fino al 26 ottobre, concepita come un’unica grande opera ambientale, dal titolo-poema «Pretty much every film and video work from about 1992 until now’ish…». È una installazione costituita da singoli monitor con i suoi video più celebri, da «24 hour Psycho» del 1993 (dove il capolavoro di Hitchcock è rallentato fino a durare il corso di un intero giorno) a «EastWestGirls» del 2023. Per un artista aduso a trattare il materiale cinematografico come un ready made, è apparso naturale fare lo stesso con la propria concezione di arte, presentandola all’insegna di una simultaneità che ne ricontestualizza i significati.

Fino al 7 gennaio 2026, nella hall del museo, troneggia invece un maestoso albero artificiale, dal tronco composto da segmenti di pini raccolti nei parchi romani, i rami flessuosi costituiti da tubi e le ricche fronde formate da grandi reti da pesca, colorate e di diversa fattura, recuperate in mare dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nell’ambito del progetto Pnrr Mer-Marine Ecosystem Restoration. L’autore è l’inventivo designer spagnolo Nacho Carbonell, il titolo è «Memory, in practice». La memoria è quella personale del designer, nato a Valencia, a cospetto del mare, un mare mai dimenticato e talvolta sublimato in altro, anche in albero d’acqua. L’operazione, promossa dal dipartimento MaXXI Architettura e Design contemporaneo, diretto da Lorenza Baroncelli, è il primo atto del ciclo «Entrate», destinato a reimmaginare ad ogni appuntamento, con la firma di designer invitati, la grande entrata del museo.

Prodotta sempre da MaXXI Architettura è la mostra «Stadi. Architettura e mito», aperta fino al 26 ottobre e curata da Manuel Orazi, Fabio Salomoni e Moira Valeri. È la forma-stadio a essere sottoposta al vaglio da questo mostra, in tutte le sue possibili angolazioni: architettoniche, sociali, politiche, antropologiche, economiche e artistiche. Il percorso prende avvio dall’antico Panathinaiko, «stadio di tutti gli ateniesi», nato in legno e ricostruito in marmo nel IV secolo a.C., per giungere a Roma con il Colosseo storico, e terminare di nuovo con il Colosseo della contemporaneità, ovvero quello che Alberto Burri scelse di rappresentare nel manifesto dei mondiali di Calcio di Italia 90, fino alla storia, alle immagini e ai significati dei più bei stadi del mondo. Afferma la Baroncelli: «Dopo essere stati lungamente e colpevolmente trascurati dalla critica, negli ultimi decenni e soprattutto oggi gli stadi sono tornati al centro della disciplina e del dibattito pubblico». A corredo degli stadi in cemento armato, quelli senza corpo, se non iconico, degli artisti Tato, Titina Maselli, Bruno Munari, Luigi Ghirri, Henri Cartier-Bresson, Olivo Barbieri e Yuri Ancarani.

Stadio non meno importante è lo Stadio dei Marmi, scandagliato nella mostra «Il Foro Italico di Enrico Del Debbio. Classicismo e modernità», aperta fino al 31 agosto e curata da Carla Zhara Buda e Ariane Varela Braga, ex borsista presso l’Accademia di Francia Roma-Villa Medici, istituzione non a caso coinvolta nella produzione dell’esposizione. Progettato da Del Debbio a partire dal 1927, il Foro Italico impegnò l’architetto per 40 anni, fino a dilungarsi oltre i lavori per il Palazzo della Farnesina, avviato nel 1937 e terminato nel 1959, per opera di Del Debbio, assieme a Vittorio Morpurgo e Arnaldo Foschini. Disegni, fotografie, lettere autografe provengono dal fondo Del Debbio, acquisito nel 2002 da MaXXI Architettura.

Stesso destino ha avuto l’archivio della Galleria Pieroni, entrata a far parte nel 2022 del museo romano. Alla prima stagione delle imprese della coppia (in vita e nel lavoro) Mario Pieroni e Dora Stiefelmeier è dedicata la mostra «In viaggio per l’arte. La Galleria Pieroni 1975-1992», allestita presso il foyer Carlo Scarpa del MaXXI fino al 31 agosto, per la cura di Stefano Chiodi. Attraverso fotografie, pubblicazioni, progetti e corrispondenze sono raccontati quasi vent’anni di attività della galleria che tra Pescara (1975-78) e Roma (1979-92), fu specchio delle principali tendenze affermantisi in quegli anni, dall’avanguardia alla pittura di ricerca, promuovendo mostre di Boetti, Fabro, Kounellis, Mario Merz, Paolini, Pistoletto, Accardi, Oppenheim, Gerhard Richter, Förg, Genzken, Bagnoli e West.

Una veduta della mostra «Stadi. Architettura e mito». Photo: Pasqualini Fucilla, Musa

Guglielmo Gigliotti, 05 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Il MaXXI è diventato monumento nazionale | Guglielmo Gigliotti

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