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Silvia Mazza
Leggi i suoi articoliBraccio di ferro tra associazioni culturali e comitati di cittadini che contestano, occupando il cantiere, i lavori nell’area di uno dei templi più antichi della Magna Grecia, quello di Capo Colonna, e la Soprintendenza archeologica della Calabria che ha curato il progetto. E il ministro Dario Franceschini invia gli ispettori
Il progetto, avviato lo scorso settembre, finanziato con fondi Fas per 2,5 milioni di euro, prevede l’ampliamento del sito archeologico dove resta un’unica colonna dorica ancora in piedi del tempio di Hera Lacinia e dove sorge il santuario di Santa Maria di Capo Colonna, di origine medievale, nonché la messa in sicurezza delle strutture portate in luce. In attesa di conoscere l’esito del sopralluogo ministeriale, atteso entro fine febbraio, la Soprintendenza ha sospeso i lavori.
Preoccupa, in particolare, il rifacimento della pavimentazione del sagrato del santuario, su un’area dove lo scavo archeologico, previsto da progetto, ha portato in luce un edificio con doppio porticato del foro romano, che il fronte di contestazione vorrebbe non andasse ricoperto come, invece, previsto dalla Soprintendenza, per «la grave precarietà in cui si trovano le strutture scoperte che ha sconsigliato una loro conservazione all’aperto», oltre che per «l’estrema aggressività ambientale del promontorio Lacinio».
Ma anche la tettoia da realizzare per la copertura e la salvaguardia dei mosaici portati alla luce nel «balneum» delle terme di epoca romana, sarebbe sovradimensionata. «Si è dovuto tenere conto del fortissimo vento che spazza il promontorio», si controbatte, ma, con una superficie di poco maggiore di quella delle due stanze che dovrebbe proteggere, ed essendo aperta sui lati, non sarebbe efficace in caso di pioggia.
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