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Il capolavoro di Yale è Louis Kahn

Hilarie M. Sheets

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La principale opera d’arte del Yale Center for British Art è il suo stesso edificio, l’ultima realizzazione del grande architetto Louis Kahn (1901-74), che riapre l’11 maggio dopo un restauro durato 16 mesi delle sue gallerie e della sala congressi, oltre a miglioramenti dell’accessibilità, della sicurezza, degli impianti meccanici ed elettrici. Si tratta della terza fase di un progetto di conservazione da 33 milioni di dollari iniziato nel 2008.

George Knight di Knight Architecture, che ha diretto il restauro, dice: «L’assillo è stato come preservare l’edificio, così ricco sul piano architettonico, ed eseguire il nostro intervento chirurgico in modo da non sfigurare in alcun modo il paziente. Tutti noi conosciamo edifici modernisti che hanno subito opere di rinnovamento che forse rispondevano alle esigenze immediate degli utenti, ma che hanno comportato danni significativi all’architettura nel suo insieme». L’edificio venne inaugurato nel 1977 (tre anni dopo l’improvvisa morte di Kahn) per ospitare la donazione del collezionista e filantropo Paul Mellon alla Yale University, la più importante collezione di arte britannica fuori dal Regno Unito. Il restauro è stato frutto di un decennio di ricerche che hanno stabilito le priorità negli elementi da preservare e in quelli che potevano subire adattamenti. «Nei diversi atti amministrativi finalizzati al progetto di conservazione abbiamo stabilito ciò che riteniamo culturalmente importante in questa specifica struttura», dice Amy Meyers, che ha commissionato il progetto (il primo del genere negli Stati Uniti) allo studio londinese Peter Inskip + Peter Jenkins Architects, poco dopo essere diventata direttrice del centro nel 2002.

Il primo progetto di conservazione per una importante architettura moderna venne redatto nel 1993 per l’Opera House di Sydney. Nel 2002, si erano accumulate molte alterazioni dell’edificio di Kahn. «Le maniglie delle porte erano state rimosse e rimontate al contrario. Un pannello dell’ascensore era stato sostituito con un acciaio diverso da quello originario», fa notare Constance Clement, vicedirettrice del centro, a capo del comitato di conservazione. Gli spazi pubblici dei quattro piani dell’edificio ora risplendono, con la griglia di lucernari che illumina le gallerie di dipinti all’ultimo piano e i due cortili interni illuminati da luce naturale. I pannelli in legno ora ripuliti che rivestono l’ingresso e la biblioteca, sbiaditi da anni di esposizione alla luce, sono stati riportati al loro originale colore miele. I materiali naturali sono parte integrante e fondamentale dell’edificio: gli scoloriti lini belgi sulle pareti sono così stati sostituiti così come le moquette, consumate o sintetiche, con altre in lana della Nuova Zelanda. 

Hilarie M. Sheets, 08 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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