Come un maestro rinascimentale, Alex Katz (nato a New York nel 1927 e presente nei massimi musei mondiali) si è sempre servito, per le sue composizioni più vaste, dei cartoni da spolvero, quelle grandi carte usate da secoli dagli artisti per trasferire le immagini sul muro (o sulla tela) attraverso i fitti forellini praticati sul loro contorno. Come loro, traduce dapprima la sua idea in disegni a inchiostro, poi realizza studi a matita di tutta la composizione o dei suoi singoli elementi. In seguito, dopo aver fissato i valori di colore e tono con schizzi a olio, ingrandisce il disegno su un cartone e lo fora con una ruota dentata lungo le linee principali. Su questi forellini depone il pigmento in polvere, tracciando così sulla tela sottostante le linee principali della composizione.
Lo fa, ovviamente, con lo sguardo disincantato di chi ha attraversato le rivoluzioni artistiche del nostro tempo, ma anche con una felicità di mano (si vorrebbe dire antica) che dona a ognuno di quei cartoni la dignità dell’opera finita. Esposti come tali nel 2014 all’Albertina di Vienna, ora i suoi cartoni tornano, in una diversa selezione, nella mostra «Alex Katz. Cartoons and drawings» presentata da Monica de Cardenas a Milano dal 22 novembre all’8 febbraio 2025.
Sebbene sia cresciuto all’ombra dell’Espressionismo astratto e della Scuola di New York, da spirito libero quale è Alex Katz si è sempre mosso con grande autonomia, non solo servendosi di tecniche tradizionali ma praticando la figurazione anche quando questa era rifiutata, introducendo però in essa caratteri propri dell’Espressionismo astratto, dalle superfici di colore piatto a una gestualità spontanea e controllata insieme. Mentre, guardando ai mass media, ha suggerito la strada agli artisti Pop. Una miscela, la sua, da cui scaturisce uno stile del tutto personale, in cui si bilanciano spontaneità e disciplina, precisione e approssimazione. Lo provano anche i disegni che in mostra accompagnano i cartoni e che documentano una naturalezza raggiunta attraverso l’indagine meticolosa dei volti e delle espressioni. Si tratta infatti, com’è sua abitudine, di ritratti: immagini in cui riassume in poche linee, oltre alle fattezze, l’interiorità della persona.
Quanto ai cartoni, l’alone lasciato dal pigmento lungo le linee forate, com’è stato notato in occasione della mostra all’Albertina, conferisce ai volti un aspetto da apparizione «spettrale», che non è voluta né cercata, essendo la conseguenza della tecnica utilizzata dall’artista, ma che accresce singolarmente la suggestione di questi grandi lavori.