«Senza fine» (2023) di Margherita Manzelli (particolare)

Foto: Roberto Marossi. Cortesia dell’artista e di greengrassi, Londra

Image

«Senza fine» (2023) di Margherita Manzelli (particolare)

Foto: Roberto Marossi. Cortesia dell’artista e di greengrassi, Londra

Il fascino delle signorine di Manzelli

Nel Centro Pecci di Prato dipinti e disegni dell’artista ravennate realizzati dagli anni Novanta ad oggi, oltre a una scultura robot che recita sue poesie

Nel Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato la mostra dedicata a Margherita Manzelli, «Le signorine», a cura di Stefano Collicelli Cagol, dal 14 dicembre all’11 maggio 2025 riunisce una selezione di dipinti e disegni dell’artista dagli anni Novanta ad oggi con un nucleo concepito invece per l’evento pratese ispirato alla Cattedrale di Santo Stefano. Ravennate di nascita (1968) ma milanese di adozione, Manzelli si muove dagli anni Novanta tra pittura, scrittura e azione, portando avanti una ricerca unica da questo punto di vista in Italia, presente anche in questa mostra. Il titolo rimanda alle protagoniste dei dipinti: «signorine» dai corpi fragili, con espressioni lievemente beffarde, giocose, dolenti o quasi mistiche. Indossano abiti succinti, stropicciati, che lasciano in vista altri indumenti intimi, hanno le calze calate oppure esibiscono la loro nudità androgina, sfidando le convenzioni rappresentative, ribaltando la visione del corpo femminile pensata per lo sguardo maschile. Gli occhi spalancati trafiggono lo sguardo di chi le osserva ma a volte sono fissi in un altrove. Creature resilienti nella capacità di subire urti senza infrangersi, di affrontare traumi rimanendo integre, indipendenti, quasi sempre ritratte da sole. Ne scaturisce un’ambiguità che è poi la stessa insita nell’artista, sospesa tra la necessità di esporsi, di calarsi nel mondo e la volontà invece di ritrarsi in una dimensione tutta interiore.

Ad accrescere la forza di quelle rappresentazioni ossessive e visionarie è il rapporto che le figure instaurano con lo sfondo sul quale i loro corpi si ritagliano, oppure con cui paiono fondersi, tanto che a volte i tratti somatici hanno lo stesso colore dello spazio da cui affiorano. Uno spazio sempre astratto, mentale, a volte quasi monocromo, ma più spesso composto da linee e da pattern geometrici, o da motivi floreali, tessuti immaginari che assumono una connotazione spaziale e esistenziale. Un elemento che si lega al territorio di Prato, patria dell’industria tessile; la scelta di Manzelli rientra nel progetto «Toscana al centro» di cui fan parte anche la mostra di Peter Hujar (fino all’11 maggio) e quella di Louis Fratino, in corso fino al 2 febbraio

Manzelli ha infatti realizzato per la mostra pratese alcune opere, un trittico e un dipinto che ha come protagonista la datura, fiore che dà anche il titolo a una poesia e a una raccolta di Patrizia Cavalli, scrittrice citata anche nei dipinti di Louis Fratino. La parola e l’aspetto performativo lo troviamo nella scultura robot che recita poesie di Manzelli, ma è programmato per produrne a sua volta di nuove a partire dall’universo dell’artista: il robot segue i visitatori in mostra, creando così un elemento poetico e di disturbo insieme. In mostra anche i disegni, su carta bianca, in cui ha particolare rilievo la testa, elemento complesso di sintesi tra i tratti del volto, le storie e le emozioni che lo attraversano. 

«La Notte» (2009) di Margherita Manzelli. Foto di Marcus J. Leith. Cortesia dell’artista e di greengrassi, Londra

Laura Lombardi, 12 dicembre 2024 | © Riproduzione riservata

Il fascino delle signorine di Manzelli | Laura Lombardi

Il fascino delle signorine di Manzelli | Laura Lombardi