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Lo stand della galleria Nicolas Hall di New York a Tefaf 2025, Maastricht

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Lo stand della galleria Nicolas Hall di New York a Tefaf 2025, Maastricht

Il mercato è vivo e vegeto, come si è visto a Tefaf

La vista lunga del tiratore scelto • La merce parla, basta saperla leggere, e ciò che ha affollato la fiera di Maastricht era piuttosto loquace. Ciò che più strideva, invece, erano gli allestimenti

Chi ha avuto l’occasione di visitare l’ultima edizione di Tefaf Maastricht (chiusa lo scorso 20 marzo) si sarà reso conto che il mercato è vivo e vegeto, come una pianta grassa sotto il sole d’agosto. Non parlo delle vendite ma dell’offerta; la merce parla, basta saperla leggere, e ciò che si è visto a Tefaf era piuttosto loquace. Una delle frasi più commoventi che ho avuto modo di ascoltare è connessa alla disperazione di alcuni mercanti (ne ho sentiti tre diversi, nelle stesse condizioni) che avevano appena venduto il pezzo più importante della loro collezione. «Sarà difficile sostituirlo. Quando mi ricapiterà di trovarne uno simile!». D’accordo, può essere un copione, una posa attoriale, ma mi pareva di aver percepito una vena sincera che registrava il termometro di una passione pervasiva. In quale altro settore potete trovare un’analoga reazione schizofrenica? 

Gironzolando tra gli stand uno degli aspetti che più stridevano erano gli allestimenti. Alcuni sembravano curati nei minimi dettagli, tramite sofisticatissime regie di collegamenti concettuali tra gli oggetti esposti; altri, al contrario, restituivano la sensazione di entrare in una casa dell’orrore. Poi c’erano quelli più spartani (soprattutto degli inglesi) che se ne infischiano dei dispositivi perché puntano tutto sulla qualità delle opere. Chissà, forse per nostra fortuna, non si è ancora imposta un’unica filosofia dell’arredamento. Lo stand di Nicolas Hall era diviso in due, sembrava l’appartamento di dottor Jekyll e mister Hyde, da un lato c’era il pavimento in cemento con un tappeto bucato e due poltrone sgangherate, dall’altro feritorie che tagliavano le pareti, luci soffuse e colonne rivestite di specchi bruniti. Vi immaginate un elettore di Trump con un po’ di senso estetico: sarebbe inorridito davanti alla cagnetta dipinta da Cesare Dandini appesa in cornice sopra la poltrona gialla di Nicolas Hall, mentre si sarebbe idealmente messo in ginocchio di fronte all’allestimento basilicale di Lullo Pampoulides che culminava con una magnetica pala d’altare di Mattia Preti. 

Uno dei più abili costruttori di labirinti è certamente Kugel. Può piacere o no, ma è difficile non sentirsi trasportati in una trappola fatta di magnifiche attrazioni, anche perché vi costringe a strofinarvi gli occhi su materiali preziosi e sbrilluccicanti. Per riequilibrare il giudizio bisogna anche dire che ci sono mercanti totalmente privi di gusto. Lo si capisce perché tra i vari arnesi che espongono non hanno neanche un oggetto di qualità. Certo, magari c’è il nome e la bella provenienza, ma nient’altro. Hanno articoli brutti e fuori moda ma loro lo ignorano. In genere sono quelli che si fregano le mani quando incassano un po’ di soldi perché non sanno di preciso che cosa hanno perduto. È la felicità del mercante inconsapevole che potrebbe trattare indistintamente padelle o animali esotici. In genere questa categoria non lo sa, ma quelli che si disperano quando vendono l’opera introvabile lo detestano e lo vorrebbero morto, figurativamente parlando, s’intende. Se per puro caso un oggetto di qualità arriva tra le mani di un mercante inconsapevole i suoi colleghi glielo levano subito, lo comprano all’istante, è una legge di natura. Non lo merita, non lo capirebbe e poi c’è la calamita universale che spesso riequilibra le cose. 

Simone Facchinetti, 07 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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