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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliRoma. «Le Accademie di Belle Arti, che corrispondono a una realtà fondamentale per la storia e per l’identità italiane, devono entrare nel sistema universitario. L’ho detto in più occasioni pubbliche, l’ultima volta il 23 ottobre a Udine, in occasione di un convegno organizzata dal Partito Democratico dal titolo "Più valore al capitale umano. Università, ricerca e alta formazione motori di sviluppo". L’Afam (il settore del Ministero dell'Università e della Ricerca dedicato all’Alta formazione artistica e musicale, Ndr) ha delle incongruenze, perché ha una testa nell’università e le gambe nella scuola». Così Stefania Giannini, ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, interpellata da «Il Giornale dell'Arte» risponde alle preoccupazioni destate tra docenti e studenti da un decreto pubblicato un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato il 17 settembre scorso e relativo alla mobilità intercompartimentale dei dipendenti della Pubblica Amministrazione.
Il provvedimento equipara i docenti delle Accademie di Belle Arti a professori di scuola media e liceo, al pari inoltre del livello più basso dei funzionari delle Soprintendenze. Si attendeva da quindici anni il contrario, l’equiparazione all’università, come stabilito dalla legge di riforma 508 del ’99, attuata per metà, perché mancante dei decreti attuativi. Ora, invece il declassamento. Perché? Lo hanno chiesto i venti direttori delle Accademie di Belle Arti distribuite per tutto il Paese, in un’allarmata lettera al Ministro, pubblicata in questo sito il 20 ottobre scorso. Vi si parla di «profonda umiliazione»: le Accademie di Belle Arti sono facoltà universitarie in tutto il mondo, eccetto che in Italia, che invece le Accademie le ha inventate oltre 500 anni fa, costituendo un modello universale.
Vittorio Sgarbi, che della legge di riforma 508/99 è stato, quando era parlamentare, uno dei «padri», parla anche da ex presidente dell’Accademia di Belle Arti di Urbino: «Con questo decreto la democrazia è sospesa, oggi le leggi si fanno così, a naso. È un blitz assurdo contro la cultura e contro il buon senso: dopo un corso di studi liceale, lo studente dove si iscrive, a un altro liceo? L’università è l’esito obbligatorio e necessario della formazione artistica. Lo dice anche la parola: l’anno universitario è detto anno accademico. Bisogna interpellare la presidente della Commissione parlamentare cultura e istruzione, l’on. Flavia Piccoli Nardelli, bisogna tornare al parlamento, non è bene che una legge così importante venga dall’alto. Che il parlamento, la politica, la cultura italiana si sollevino per difendere il tesoro d’Italia rappresentato dalle Accademie». Ma proprio la 508 è tornata in discussione; essa, tra l'altro, riguarda anche i Conservatori musicali, frequentati da meno del 30 % della loro utenza da discenti di livello universitario, perché comprensivi degli anni corrispondenti al liceo, ma anche su questo la Giannini, nelle brevi dichiarazioni riasciateci è stata chiara, almeno nelle intenzioni: «Risolveremo anche questo problema. La legge 508 è stata una legge ambiziosa, ma era una legge a costo zero. Porremo rimedio a questo con un provvedimento normativo, che comprenda un impegno economico».
Tiziana D’Acchille, direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma, dichiara: «Le Accademie sono state chiamate ad attuare una riforma universitaria a costo zero, e dal 2003, data di prima attuazione della legge di riforma del 1999, sono stati attivati corsi di diploma accademici di primo e di secondo livello (equipollenti a lauree e lauree magistrali), e da allora centinaia e centinaia di studenti hanno conseguito questi titoli di studio. Molti sono stati abilitati dalle Accademie a insegnare le discipline artistiche nella scuola, e molti altri hanno conseguito l’abilitazione a insegnanti di sostegno. La legge di Riforma prevede inoltre che le istituzioni rilascino titoli equipollenti alle specializzazioni e ai dottorati di ricerca. Non si comprende quindi la ragione di un inserimento delle Accademie e soprattutto dei docenti delle Accademie nei ruoli della scuola secondaria. È un paradosso e una palese anomalia che deve essere sanata in tempi brevissimi. Le ricadute in senso negativo di una situazione di questo tipo sono inimmaginabili e di sicuro nocumento per l’immagine dell’Italia a livello nazionale e internazionale. Sono necessari provvedimenti urgenti in vista di un definitivo allineamento delle Accademie al sistema di formazione di tipo universitario».
Commenta Franco Marrocco, direttore dell’Accademie di Belle Arti di Brera di Milano e Presidente della Conferenza dei Direttori: «Preferirei parlare di opera incompiuta piuttosto che di declassamento visto che, ad oggi, la legge 508 è rimasta lettera morta e in larga parte inapplicata. Questo ha determinato, ad esempio, che i nostri bienni sono considerati sperimentali già dal lontano 2003 con grave danno soprattutto per gli studenti. La nomina recente della commissione che sostituisce, si spera in via transitoria, il Cnam (il Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale, Ndr) è un’altra prova di un aggiramento della legge 508 che prevede lo stesso Cnam e che impone che questo sia composto per tre quarti da una rappresentanza di docenti e studenti e il restante di nomina ministeriale. In altre parole tutto quel poco che viene proposto dal Ministero va nella direzione di impedire che le accademie entrino a pieno titolo nella dimensione universitaria come è in tutta Europa. E poi si parla di internazionalizzazione …».
Mario Zito, direttore dell’Accademie di Belle Arti di Palermo, sottolinea che: «le Accademie registrano un importante incremento nelle iscrizioni (si calcola che in tutta Italia gli iscritti siano circa 26mila, Ndr) proprio nel momento in cui il sistema universitario presenta evidenti cali di iscritti».
Per Salvatore Bitonti, direttore dell’Accademia Albertina di Torino «il tentativo di declassamento con il decreto del 17 settembre avviene proprio nel momento in cui le Accademie vivono un rinnovato interesse da parte di molti studenti internazionali proveniente anche da fuori Europa. È complesso far comprendere loro la mancata equiparazione universitaria, poiché tutte le Accademie all'estero sono parte del sistema universitario. Ora ci si aspetterebbe da un governo " riformatore" il definitivo passaggio giuridico ed economico del personale docente delle Accademie al sistema università . Non siamo disponibili a un'ennesima figuraccia dinanzi al contesto culturale europeo». Di identico tenore le parole di Umberto Palestini, direttore dell’Accademia di Urbino, che considererebbe la posizione del governo «colpevole e punitiva qualora configurasse le Istituzioni accademiche a un livello inferiore alla loro dignità universitaria riconosciuta in tutto il mondo».
Secondo Dalma Frascarelli, docente di Storia dell’arte moderna e vicedirettrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma, «l’assurda situazione riguardante le Accademie di Belle Arti Italiane è il frutto della cattiva politica e del fallimento dell’azione sindacale che hanno contraddistinto gli ultimi due decenni della storia italiana. Alla legge 508 varata nel lontano 1999 non sono mai seguiti i decreti attuativi, lasciando irrisolti aspetti strategici per la vita delle Istituzioni come, ad esempio, le norme sul reclutamento, in assenza delle quali hanno preso il sopravvento discutibili logiche sindacali che poco hanno a che fare con l’Alta formazione. La creazione del comparto Afam, sancita dalla suddetta legge, rispondeva alla necessità di “traghettare” le Accademie verso il settore che compete loro ovvero quello universitario, in osservanza dell’art.33 della nostra Costituzione». Da oltre dieci anni le Accademie hanno uniformato i propri percorsi formativi a quelli universitari italiani ed europei, articolando i corsi di studi sul 3+2, ma, spiega la Frascarelli, «i diplomi accademici di II livello, attivati e funzionanti fin dal 2003, sono ancora inspiegabilmente considerati sperimentali e attendono di essere resi ordinamentali. Nell’ambito del riordino dei comparti del pubblico impiego occorre, inoltre, che i docenti delle Accademie siano immessi nel regime di lavoro che spetta loro, ovvero quello pubblicistico (non sottoposto a contrattazione, Ndr), analogamente a quanto accade ai colleghi universitari. Ciò non risponde a un capriccio o a un vezzo dei docenti ma alla reale necessità di non affidare un ambito di straordinaria importanza, quale quello della docenza in istituzioni di Alta formazione, nelle mani di chi difende ragioni corporativistiche. Se le Accademie non saranno inserite definitivamente e senza ambiguità nel sistema universitario, paradossalmente saranno gli studenti italiani a dover emigrare per conseguire i diplomi universitari attinenti alle discipline artistiche. Confidiamo nella volontà di cambiamento manifestata da Renzi e da questo Governo affinché venga scongiurato il declassamento di un ambito strategico per l’Italia, quale quello della formazione e produzione artistica».
Per Lucilla Meloni, direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, «il nostro comparto, a fronte della sua buona salute, è da anni gettato in un'ambiguità normativa che adesso rischia di trasformarsi in un boomerang. È gravissima la mancanza di comunicazione tra le parti: non si capisce dove si voglia arrivare e perché. Si tratta di procedere al riordino del settore? Se lo sapessimo, potremmo concorrere alla ricerca delle soluzioni. Ma così è davvero una situazione kafkiana».
Ma se la legge di riforma del 1999, oltre a essere restata una grande incompiuta, contiene delle incongruenze, è necessario vararne una nuova? «Sì», secondo il Ministro, ma su questo argomento tra il corpo docenti c'è chi teme che ripartire da zero voglia dire dover attendere altri anni prima di vedere finalmente attuata una riforma. Risponde la Giannini: «Posso garantire che siamo nelle condizioni di occuparci dei problemi delle Accademie e di risolverli».
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