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Marco Delogu, «Pierluigi Concutelli», Carcere di Rebibbia, Roma, 1998 con «Ritratto d’uomo» 1465-1476

© Marco Delogu

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Marco Delogu, «Pierluigi Concutelli», Carcere di Rebibbia, Roma, 1998 con «Ritratto d’uomo» 1465-1476

© Marco Delogu

Marco Delogu guarda Antonello da Messina: «Quella pittura era dentro di me»

Una mostra nel Palazzo Bellomo di Siracusa presenta le meditazioni fuori dal tempo del fotografo

L’arte vera è fuori dal tempo, e i fotografi lo sanno. Dal 18 aprile al 30 settembre, la Galleria Regionale di Palazzo Bellomo, a Siracusa, ospita la mostra «Marco Delogu - Antonello da Messina. Cinque opere investigate e trasfigurate attraverso la fotografia. Lavori in dialogo», in cui un fotografo contemporaneo medita su un gigante del passato, che ha ancora da dire. Limpide geometrie e temporalità sospese del pittore siciliano si offrono così allo sguardo di chi, rigorosamente in bianco e nero, tali geometrie ha rincorso nel groviglio della realtà del nostro mondo. Dittici e trittici, composti da abbinamenti tra opere di Antonello da Messina e fotografie di Delogu, si offrono a una rete di rimandi che vogliono, alfine, parlare dell’uomo.

Per gli abbinamenti ha scelto, tra i numerosi cicli di ritratti da lei realizzati negli ultimi trent’anni, il volto di un pluriomicida (il neofascista Concutelli), di una rom (Senada, anch’essa con storie di carcere), di un papa (Ratzinger), di un cardinale (Dezza) e di uno scrittore (Erri De Luca): santi e diavoli, in dialogo con le Annunciazioni e i Cristi di Antonello da Messina…
A me non interessano i volti della buona borghesia romana, mi interessano le persone che hanno una loro specifica storia e identità umana sociale.

L’incontro con Antonello quando avviene?
Nel 2006. Stavano allestendo una sua grande mostra monografica alle Scuderie del Quirinale. Riuscii a fotografare alcuni suoi capolavori, quelli che ho abbinato, ora, a una serie di ritratti fatti nel 1998. La vita, come sa chi non è più giovanissimo, è circolare, è un perenne ritornare di segni e forme, più o meno consce o inconsce. Questi richiami, del tutto casuali, ho voluto evocare con i miei abbinamenti.

Che rapporto c’è tra fotografia contemporanea e arte classica?
Un rapporto fortissimo. Chi decide, come me, di fare ritratti ha sempre in testa i lavori dei grandi maestri, molta di quella pittura era sicuramente dentro di me.

Qual è per lei il senso profondo del fotografare?
Lasciare dieci sassolini che parlino del proprio passaggio sulla terra… Dieci visioni di momenti irripetibili.

Come sta la fotografia contemporanea?
In un’interfase. Avremo risposte che arriveranno sicuramente da quello che i venti- o trentenni, al momento sballottati tra troppi mutamenti tecnologici e sociali, sapranno tirare fuori da sé stessi. C’è un grande potenziale, che si deve ancora esprimere. Siamo in mezzo a un’ubriacatura delle immagini, a un mare di fotografie, ma un mare in fase di bonaccia. Vedo all’orizzonte apparire imbarcazioni, ma sono ancora lontane…

Da tre anni lei è presidente dell’Azienda speciale Palaexpo. Come ha conciliato i tanti impegni di questo incarico pubblico con la sua attività artistica?
Li ho conciliati male, nel senso che la mia attività artistica ne ha sofferto. È per questo che ho deciso di riprendere in mano fotografie fatte 10 o 25 anni fa, per tessere nuove storie tra di loro.

 

Guglielmo Gigliotti, 14 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

Marco Delogu guarda Antonello da Messina: «Quella pittura era dentro di me» | Guglielmo Gigliotti

Marco Delogu guarda Antonello da Messina: «Quella pittura era dentro di me» | Guglielmo Gigliotti