Laura Lombardi
Leggi i suoi articoliEra il 2017 quando il Museo della Manifattura Richard Ginori veniva acquistato dallo Stato e nasceva la Fondazione che vede ora alla direzione Andrea Di Lorenzo e alla presidenza Tomaso Montanari. Oliva Rucellai, alla guida dell’istituzione quando era ancora Museo d’industria, è stata nominata capo conservatore, Rita Balleri conservatore e Daniele Lauri assistente alla direzione.
Questo piccolo team è ora «ospitato» nella Biblioteca Ernesto Ragionieri di Sesto Fiorentino situata nella villa Buondelmonti Ginori, prima sede della Manifattura, in attesa che si compia la fase più delicata di tutta l’operazione: la riapertura del museo progettato da Pier Niccolò Berardi per ospitare il lascito storico e gli oggetti successivi alla fusione con la Richard, e inaugurato nel 1965.
«L’edificio non è per ora agibile, spiega Di Lorenzo, aveva gravi infiltrazioni di acqua dal tetto, sanate con un intervento d’urgenza, ma devono essere messi a norma gli impianti e ristrutturati gli spazi interni. Il Museo Ginori è tuttora affidato alla Direzione Regionale Musei della Toscana. L’atto costitutivo prevede che sia prima restaurato e poi consegnato alla Fondazione».
Sull’incertezza dei tempi insiste anche Tomaso Montanari. «Faremo di tutto per velocizzare il restauro del museo, ma il milione e 900mila euro stanziati per i lavori dal Cipe sono sufficienti solo per un primo lotto, riguardante il piano terreno. Il Governo dovrebbe aiutarci ad anticipare i tempi del secondo lotto per garantire una continuità. Tuttavia, il museo “fuori dal museo” non dorme, stiamo lavorando all’inventario e alla catalogazione».
E gli sponsor? «Ci sono gli Amici di Doccia, precisa Di Lorenzo, che pubblicano nei “Quaderni” le relazioni sui restauri, e ricordo la campagna di raccolta fondi per i restauri promossa nel 2018 da “Artigianato e Palazzo” che è stata di grande aiuto, però il patrimonio da mettere in sicurezza è molto ampio: circa 8mila pezzi con una gran varietà di oggetti e situazioni di emergenza, specie per quanto riguarda i materiali cartacei, i più bisognosi di cure, in particolare documenti e stampe del Settecento, modelli per la Manifattura, che sono in deposito presso l’Archivio di Stato di Firenze. Per dare un segno di rinascita abbiamo però avviato un’attività didattica, destinata ai bambini e anche agli adulti».
Quale è il rapporto tra Museo e territorio? La Ginori era nata come museo d’impresa. «Il legame col territorio è molto forte: a Sesto quasi tutti i cittadini hanno avuto in famiglia dei parenti che hanno lavorato alla Ginori, prosegue Di Lorenzo. Il museo deve avere inoltre un’importante attività di ricerca ed essere in rapporto con grandi musei che possiedono collezioni affini, quali il Museo delle porcellane di Meissen, quello di Dresda, il Metropolitan Museum di New York, il Victoria and Albert a Londra, il Castello Sforzesco e il Museo Poldi Pezzoli a Milano, e mi adopererò per cercare forme di collaborazione anche con archivi privati che conservano fondi documentari rilevanti.
Tra le priorità, c’è la realizzazione del sito internet del museo, in cui pubblicheremo il catalogo digitale della raccolta del museo e segnaleremo le opere della Manifattura Ginori più importanti conservate in altre collezioni. Realizzeremo anche mostre temporanee in ambienti offerti dal Comune di Sesto e mostre itineranti». Primo esempio di questa attività è infatti la mostra «“La stanza dei modelli”. Sculture restaurate dal Museo Ginori», a cura di Giulia Basilissi e Giulia Coco, con la collaborazione di Rita Balleri, Livia Frescobaldi e Oliva Rucellai che si terrà alla Villa medicea La Petraia dal 18 dicembre al 18 giugno 2022.
Ma quanto dovremo attendere per il «vero» museo? «Sarebbe necessario fare pressione politica, ribadisce Montanari, e coinvolgere anche gli enti locali, Regione e Città Metropolitana. È importante infatti far arrivare la tramvia fino al museo Ginori per poter portare pubblico in un luogo che non è sugli itinerari turistici consueti».
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