Still dalla videoinstallazione «Secondary» (2023) di Matthew Barney

© Matthew Barney. Foto Soren Nielsen. Cortesia dell’artista e di Gladstone Gallery, Sadie Coles Hq, Regen Projects e Galerie Max Hetzler

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Still dalla videoinstallazione «Secondary» (2023) di Matthew Barney

© Matthew Barney. Foto Soren Nielsen. Cortesia dell’artista e di Gladstone Gallery, Sadie Coles Hq, Regen Projects e Galerie Max Hetzler

Il placcaggio di Matthew Barney alla Fondation Cartier

A Parigi, una nuova videoinstallazione dell’artista americano (ex giocatore di football) è dedicata alla violenza come intrattenimento

Il boulevard Raspail come lo studio di Long Island City. Matthew Barney ha scelto la Fondation Cartier di Parigi per la prima europea di «Secondary», la sua ultima videoinstallazione presentata a New York nella primavera del 2023. Tra l’artista statunitense (San Francisco, 1967), performer, scultore, regista, figura tra le più influenti dell’arte contemporanea, e la Fondation Cartier, esiste una collaborazione di lunga data. Trent’anni fa, nel 1994, l’istituzione parigina aveva infatti coprodotto l’opera che rese celebre Barney, «Cremaster 4», primo lungometraggio del «Cremaster Cycle», saga monumentale, iconica e sbalorditiva di otto anni in cinque film in cui l’artista, trasformato di volta in volta in uomo-ariete o mostruoso gigante, mescolando leggende celtiche, riti massonici e cultura pop, riflette sull’umanità mutante e i cyborg (il ciclo, sei ore in tutto, sarà proiettato integralmente a Parigi il 29 e 30 giugno). 

Matthew Barney, vincitore del premio Europa 2000 alla 45ma Biennale di Venezia del 1993 e dell’Hugo Boss Prize del Solomon R. Guggenheim Museum di New York nel 1996, mancava dalla Francia ormai da una decina d’anni. «Secondary», presentata dall’8 giugno all’8 settembre, accanto a una serie di opere inedite, create appositamente per Parigi, si compone di cinque video della durata di 60 minuti totali girati su un campo di football americano. Barney ci riporta indietro nel tempo, al 12 agosto 1978, il giorno del placcaggio del safety degli Oakland Raiders, Jack Tatum, soprannominato «The Assassin», sul wide receiver dei New England Patriots, Darryl Stingley, che rimase paralizzato a vita. Barney, che all’epoca aveva 11 anni e cominciava a giocare come quarterback nella squadra della scuola, seguì come tutti gli americani il tragico evento ritrasmesso dalle tv. Ora lo racconta attraverso la musica e la danza

Questo lavoro «mostra la complessa sovrapposizione tra la violenza reale e la sua rappresentazione, nonché la sua celebrazione nell’industria dell’entertainment sportivo, spiega la curatrice Juliette Lecorne. Il risultato è un’opera intensamente fisica e corporea che si sofferma su ogni elemento del gioco, dagli esercizi e i rituali pre partita ai momenti dell’impatto con i replay diffusi al rallentatore». La mostra della Fondation Cartier presenta anche una selezione di prime opere di Matthew Barney, tra cui «Drawings Restraint» (serie iniziata nel 1987), in cui l’artista performer già si metteva in scena riflettendo sui limiti del corpo umano. A Parigi Barney realizzerà la performance «Drawings Restraint 27», che girerà negli spazi della Fondation Cartier e sarà poi proiettata nella mostra.

Matthew Barney. © Matthew Barney. Foto Jonathan O’Sullivan. Cortesia dell’artista, di Gladstone Gallery, Sadie Coles Hq, Regen Projects e Galerie Max Hetzler

Luana De Micco, 06 giugno 2024 | © Riproduzione riservata

Il placcaggio di Matthew Barney alla Fondation Cartier | Luana De Micco

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