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Alla Galleria Christian Stein ricostruita la personale dell’artista del 1999, allestita negli stessi spazi, al numero 23 di corso Monforte
- Christian Stein
- 02 agosto 2022
- 00’minuti di lettura


Gianfranco Benedetti e Mario Merz all’inaugurazione della mostra di Mario Merz al Guggenheim Museum (1989). Courtesy Artista e Galleria Christian Stein
Il sodalizio Merz/Benedetti
Alla Galleria Christian Stein ricostruita la personale dell’artista del 1999, allestita negli stessi spazi, al numero 23 di corso Monforte
- Christian Stein
- 02 agosto 2022
- 00’minuti di lettura
Christian Stein
Leggi i suoi articoliFu nell’estate del 1967, quando Christian Stein espose per la prima volta il suo lavoro a Torino, nella collettiva «Confronti», che si schiuse l’amicizia tra la grande gallerista torinese e Mario Merz (Milano 1925-Torino 2003). Ora, 33 mostre (di cui 12 personali) dopo, la Galleria Christian Stein, a Milano, rende un nuovo omaggio all’artista, con una mostra che, fino al 16 settembre, ricostruisce nella sede di corso Monforte 23 la personale tenuta nel 1999 in questi stessi spazi.
A dominare la sala, proprio come volle allora Merz, è il grande tavolo di vetro composto di tre sezioni a spirale, basate dunque sulla successione di Fibonacci (dal nome del matematico medievale pisano che l’individuò) che presiede alla crescita del guscio della chiocciola o della conchiglia del Nautilus, su cui sono posati cinque vasi, uno dei quali contiene del vino: uno dei più antichi prodotti dell’umanità, capace di liberare i sensi e dare voce al piacere.
Natura e cultura sono i due pilastri su cui da sempre si regge il lavoro di Mario Merz, artista eclettico, anche un po’ scrittore, matematico, biologo (non a caso, a Torino, s’iscrisse a Medicina), per il quale, fra i due poli del binomio, non esiste soluzione di continuità. Come insegna il suo continuo ricorso alla sequenza di Fibonacci, formula matematica che, con il suo ritmo esponenziale, in cui ogni numero è dato dalla somma dei due che lo precedono, presiede alla crescita di molta parte del mondo naturale, e che diventa per lui il simbolo stesso del dinamismo della vita e della proliferazione organica.
E proprio i numeri di quella sequenza, modellati con tubi al neon, scorrono qui sulle pareti, unendo fra loro le forme di un bestiario misterioso, campite in un nero profondo: una sorta di summa, dunque, dei temi ricorrenti nel lavoro di Mario Merz che, muovendo dal tavolo (soggetto inaugurato a Berlino nei primi anni ’70), inteso come elemento fondamentale di una possibile «Casa Fibonacci», include le altre costanti della sua ricerca.

Gianfranco Benedetti e Mario Merz all’inaugurazione della mostra di Mario Merz al Guggenheim Museum (1989). Courtesy Artista e Galleria Christian Stein