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Rica Cerbarano
Leggi i suoi articoliL’ultima opera d’arte pubblica di Ilaria Turba è infotografabile. No, non è una critica. Lo è davvero, ma per volere dell’artista. Per la seconda edizione di «Sconfinamenti. Arte e natura nelle terre matildiche», nei comuni di Albinea, Canossa e Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia, Turba ha creato un’installazione diffusa la cui superficie riflettente ostacola una visione nitida delle immagini ritratte, così come la loro «cattura digitale». Scattare una fotografia che ne rifletta la potenza è un’impresa quasi impossibile, ma proprio per questo affascinante. Nell’ambiente ristretto, ma ingombrante, dell’arte contemporanea, dove la documentazione fotografica delle mostre sembra quasi superare, per importanza, l’esperienza reale dell’incontro con l’opera, questa scelta può risultare alquanto bizzarra. E invece, così facendo Turba sottolinea la necessità di dare priorità alla visione diretta, ma anche, soprattutto, al percorso che ha portato alla realizzazione finale di «Nuêter - Costellazioni nelle Terre Matildiche».
Tre sono le opere che dal 24 ottobre albergano, in modo permanente, sulle pareti esterne di luoghi simbolici per la comunità locale: Villa Tarabini ad Albinea, edificio del XVII secolo per lungo tempo sede di feste popolari e oggi di proprietà comunale, oggetto di un progetto di riqualificazione in polo culturale; la Casa del Mezzadro, accanto alla Chiesa di Santa Maria della Mucciatella nella frazione di Puianello (Quattro Castella), un edificio rurale al centro di un importante intervento di restauro, rigenerazione e miglioramento sismico; e infine il Centro Sociale Autogestito di Borzano di Canossa, nato nel 1989, ex edificio scolastico dei primi del Novecento, oggi luogo di incontro, confronto e aggregazione. Spazi attraversati da trasformazioni architettoniche e sociali, veri e propri emblemi di un fare comunità radicato nel territorio.
«Nuêter - Costellazioni nelle Terre Matildiche», un progetto di Ilaria Turba, a cura di Daniele De Luigi, per Sconfinamenti (Albinea)
Il progetto, curato da Daniele De Luigi, nasce da una committenza «illuminata» promossa dalle Amministrazioni comunali di Albinea, Canossa e Quattro Castella, con l’intento di disseminare opere d’arte nel paesaggio naturale, favorendo così un legame più profondo tra gli abitanti dei tre Comuni. Alla base di questa iniziativa, l’idea di superare il concetto tradizionale di opera-monumento, privilegiando invece interventi in connessione con l’identità e l’anima dei luoghi, in un’ottica di educazione all’arte contemporanea capace di parlare a tutti, senza barriere o sensi di inadeguatezza. La pratica artistica che meglio incarna questa visione non può che essere partecipativa, volta cioè a coinvolgere attivamente la comunità per rafforzare il senso di appartenenza, la memoria collettiva e il dialogo tra cittadini.
In piena sintonia con questa concezione democratica dell’arte, Ilaria Turba è stata invitata a creare un’opera originale insieme alla cittadinanza. Durante diversi periodi di residenza sul territorio, l’artista ha incontrato persone, associazioni e realtà locali, raccogliendo racconti e fotografie dai loro archivi personali sul tema dello «stare e fare insieme», un argomento profondamente sentito in queste zone, dove l’associazionismo rappresenta da sempre un motore vitale della vita comunitaria.
Ritratto di alcune persone e comunità coinvolte nell’opera pubblica di Borzano di Canossa (RE). Foto Camila Schuliaquer
Secondo quello che è il suo solito modus operandi, Turba non ha deciso a priori la forma dell’opera, ma il tempo trascorso con le persone e le conversazioni raccolte lungo la strada hanno scolpito passo passo la struttura finale del lavoro: tre «costellazioni» composte da una serie di cerchi in ottone, la cui superficie specchiante, su cui sono incise le fotografie, riflette l’idea di un’opera viva e cangiante, che cambia non solo a seconda della prospettiva da cui la si guarda, ma anche della luce che la colpisce nei diversi momenti della giornata. L’idea della costellazione non è casuale, ma rimanda alla forte componente collettiva che caratterizza queste comunità, così come all’esperienza stratificata che ha dato vita al progetto: non si tratta semplicemente di una forma, ma di un vero e proprio sistema, fatto di molteplicità, di frammenti, pezzi di storie, memorie del passato più lontano e di quello più vicino. Ma anche, nelle parole di Turba stessa, «una sorta di orientamento per le generazioni future». Le fotografie, incastonate nelle pareti, diventano emblemi di un modo di stare insieme che è forse una delle risorse più preziose che un territorio possa avere, soprattutto al giorno d’oggi, quando riconoscere e rispettare la presenza di altre persone nello spazio condiviso sembra essere diventato un atto di resistenza, più che un semplice gesto quotidiano.
Festa di Sconfinamenti. Progetto di Ilaria Turba a cura di Daniele De Luigi, 8 giugno, Centro Sociale Autogestito Borzano di Canossa (RE), Foto Camila Schuliaquer
In questo ultimo lavoro di Ilaria Turba, come nel resto della sua pratica, c’è un lato sommerso che non emerge dall’installazione finale, ma è custodito nel cuore delle persone che hanno preso parte al progetto: il processo di scambio, dialogo e crescita innescato dalle fotografie. Il «dietro le quinte» in questo caso è una festa collettiva tenutasi lo scorso 8 giugno a Borzano di Canossa, durante la quale gli abitanti del territorio si sono riuniti per guardare insieme le fotografie raccolte dall’artista nei mesi precedenti (oltre 60mila immagini, un numero impressionante!). L’evento, aperto a tutta la cittadinanza, è stato un momento di esplorazione collettiva del potere evocativo e relazionale della fotografia: un linguaggio con cui raccontare storie ma anche entrare in contatto con le persone. Infatti, nel corso della giornata, l’artista ha attivato un laboratorio partecipativo, invitando i presenti a selezionare porzioni circolari delle immagini destinate a confluire nell’opera finale, trasformando così il gesto artistico in un atto comunitario, un generatore di immaginazione condivisa. Per l’occasione, inoltre, sono stati creati tre album (uno per ogni comune) contenenti 350 fotografie, sui quali le persone hanno potuto annotare ricordi, commenti e riflessioni che restituiscono non solo la dimensione collettiva dell’esperienza, ma anche il valore documentale dell’archivio che è andato costruendosi nel corso della ricerca e dell’ideazione del progetto. Quest’ultimo aspetto è confermato anche dalla scelta di Turba di lasciare gli album alle rispettive Biblioteche Comunali, affinché entrino a far parte del patrimonio culturale dei tre Comuni.
Progetti di questo tipo ci invitano a riflettere seriamente sul senso di fare arte oggi. Nella loro dimensione, forse modesta, ma non per questo meno incisiva, quello che comunicano è un’urgenza di cui sembra che pochi si siano accorti: riconquistare la capacità di relazionarsi con gli altri è un passo fondamentale per affrontare i tempi bui che stiamo vivendo. Condividere è un modo per stare bene, ma anche per essere più forti.
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