Anni Irish
Leggi i suoi articoliTre dipendenti del Noguchi Museum di New York sono stati licenziati per aver violato il nuovo codice di abbigliamento del museo, che tra le altre cose vieta al personale di indossare la kefiah, copricapo tradizionale del Nord Africa e dell’Asia occidentale e divenuto fortemente associato a sentimenti pro-palestinesi, in particolare durante la guerra a Gaza. La nuova politica del museo in materia di abbigliamento, adottata lo scorso mese, afferma che per mantenere un «ambiente neutrale e professionale, ai dipendenti è vietato indossare abiti o accessori che mostrino messaggi, slogan o simboli politici»; il divieto comprende anche capi che «promuovono partiti politici, candidati o movimenti ideologici».
I licenziamenti seguono un’azione del 21 agosto in cui 14 dipendenti avevano abbandonato il museo in segno di protesta per le nuove direttive. L’8 settembre artisti, operatori culturali e residenti del quartiere hanno manifestato il loro sostegno ai lavoratori, chiedendo anche le dimissioni della direttrice del museo, Amy Hau, che avrebbe definito l’istituzione di cui è a capo «un santuario lontano dalla politica». Sono anche stati distribuiti volantini in cui si sottolinea il significato politico dell’opera di Isamu Noguchi (1904-88). «Essere in un museo di un uomo che si è autointernato con i suoi fratelli e sorelle nippo-americani oppressi durante la Seconda guerra mondiale, un museo pieno di sculture dedicate alle memorie di coloro che sono stati uccisi dalle armi atomiche: come osano dire che questo luogo è un santuario lontano dalla politica?», ha affermato Nathalie Cappellini, una delle tre dipendenti licenziate.
Il museo, per mezzo di un portavoce, ha fatto sapere che «pur comprendendo che l’intenzione di indossare questo indumento fosse di esprimere opinioni personali, siamo dell’idea che tali espressioni possono involontariamente alienare segmenti del nostro eterogeneo pubblico. Abbiamo discusso con il personale che è nostro dovere, in quanto istituzione culturale pubblica, garantire che il museo sia accogliente per tutti».
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