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Particolare dell’opera grafica «The scent of the night» di Chiara Biancheri (conosciuta sul web come Lindelokse). La Cassazione ha riconosciuto il copyright all’artista che aveva fatto causa alla Rai, accusata di aver usato l’opera per creare la scenografia del Festival di Sanremo del 2016

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Particolare dell’opera grafica «The scent of the night» di Chiara Biancheri (conosciuta sul web come Lindelokse). La Cassazione ha riconosciuto il copyright all’artista che aveva fatto causa alla Rai, accusata di aver usato l’opera per creare la scenografia del Festival di Sanremo del 2016

Intelligenza Artificiale: con il diritto d’autore un rapporto complesso

Due i profili giuridici in particolare: da un lato, la tutela del diritto d’autore sulle opere utilizzate nella raccolta di dati per l’addestramento dell’Intelligenza Artificiale; dall’altro, la tutela autoriale delle opere create dall’IA stessa

Emiliano Rossi

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L’Intelligenza Artificiale (IA) ha conosciuto un forte progresso negli ultimi anni e ha generato ampi dibattiti in merito alle conseguenze del suo utilizzo in vari settori dell’economia e della società. Nell’ambito dell’arte l’attenzione si è concentrata su due profili giuridici in particolare: da un lato, la tutela del diritto d’autore sulle opere utilizzate nella raccolta di dati per l’addestramento dell’IA; dall’altro, la tutela autoriale delle opere create da o con l’ausilio dell’IA stessa. Recentemente, questi temi sono stati oggetto di particolare attenzione in occasione dell’asta online di Christie’s «Augmented Intelligence» con 34 opere d’arte create mediante l’uso dell’IA da artisti anche molto noti quali Refik Anadol, Harold Cohen, Holly Herndon & Mat Dryhurst, Pindar Van Arman e Alexander Reben e che si è chiusa il 5 marzo 2025 con un risultato molto positivo secondo quanto riportato dalla casa d’aste (88% di venduto, 37% di nuovi clienti e 48% di partecipanti millennials e Gen Z). Nell’overview dell’asta si leggeva che «dalla robotica alle Gan [Generative adversarial network, rete generativa avversaria, Ndr] alle esperienze interattive, gli artisti incorporano e collaborano con l’Intelligenza Artificiale in una varietà di mezzi, tra cui dipinti, sculture, stampe, arte digitale e altro ancora». 

Christie’s non è nuova alla vendita di opere generate con l’IA fin da quando, nel 2018, vendette all’asta il «Ritratto di Edmond de Belamy», creato dall’IA, al prezzo di 432.500 dollari. Tuttavia, in questo caso, l’asta ha suscitato la reazione di oltre 6mila artisti che hanno presentato una petizione per chiederne la cancellazione, sostenendo che molte delle opere offerte in vendita sono state create utilizzando modelli addestrati senza autorizzazione su opere protette da copyright. A tale proposito, un portavoce di Christie’s ha dichiarato che, nella maggior parte dei casi, l’IA utilizzata per creare le opere d’arte nell’asta è stata addestrata sulla base degli input degli artisti stessi. Tuttavia, i critici hanno sostenuto che i modelli di IA non possono essere addestrati in modo efficace solo sul lavoro di un artista, ma si basano su enormi set di dati di immagini delle più varie provenienze. 

Un altro tema sollevato in merito alle opere vendute da Christie’s è se, essendo generate attraverso l’IA, esse possano o meno essere oggetto di tutela ai sensi del diritto d’autore e se, quindi, la loro pubblicazione, riproduzione, comunicazione e modificazione siano riservate o libere. In proposito, un portavoce della casa d’aste ha osservato come fosse riconoscibile un contributo umano nelle opere e come l’utilizzo dell’IA potenzierebbe la creatività umana, senza sostituirla.


 

Un momento dell’edizione 2016 del Festival di Sanremo

La tutela autoriale, l’addestramento e l’AI Act

L’IA utilizzata per la realizzazione di opere d’arte è la cosiddetta IA generativa, capace di creare nuove immagini e altri contenuti sulla base dell’addestramento ricevuto. Quest’ultimo consiste in un procedimento di raccolta di un gran numero di dati e documenti dal web («web scraping») da parte di meccanismi automatici di ricerca («bot» o «web crawler»), i quali li immettono nell’IA al fine di consentirle di generare i risultati («output») richiesti dall’utente attraverso le istruzioni impartite di volta in volta («prompt»). Posto che i dati immessi possono consistere anche in opere tutelate dal diritto d’autore, si pone l’esigenza di regolare l’attività di web scraping, affinché la raccolta non vanifichi la tutela autoriale riconosciuta ai creatori delle opere utilizzate per l’addestramento. L’1 agosto 2024 è ufficialmente entrato in vigore il Regolamento (UE) 2024/1689 (AI Act), volto a migliorare il funzionamento del mercato interno dell’Unione Europea istituendo un quadro giuridico uniforme sullo sviluppo, l’immissione sul mercato, la messa in servizio e l’uso di sistemi di Intelligenza Artificiale, in conformità con i valori e i diritti protetti dall’Unione stessa. L’AI Act, pur non intervenendo direttamente in materia di diritto d’autore, si inserisce nel quadro normativo relativo alla tutela autoriale vigente nell’UE, richiamando la Direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale (Direttiva Copyright in the Digital Single Market). In sostanza, il diritto comunitario configura un’eccezione alla tutela del diritto d’autore consentendo ai fornitori di modelli di IA di raccogliere liberamente dati e documenti sul web (text e data mining) comprensivi di opere tutelate dal diritto d’autore, salvo il caso in cui l’utilizzo delle opere o di altri materiali sia stato espressamente riservato dai titolari del diritto d’autore e dei diritti connessi nonché dai titolari delle banche dati («opt-out»). In particolare, tale quadro normativo risulta dalla combinazione fra l’art. 4 della Direttiva Copyright in the Digital Single Market, che prevede tale eccezione generale alla tutela del diritto d’autore, e l’art. 53, lettera c, dell’AI Act, che si applicherà dal 2 agosto 2025 (salvo che per i modelli immessi sul mercato prima del 2 agosto 2025, che devono essere conformati agli obblighi del Regolamento entro il 2 agosto 2027) e che dispone che i fornitori di modelli di IA per finalità generali devono attuare «una politica volta ad adempiere al diritto dell’Unione in materia di diritto d’autore e diritti ad esso collegati e, in particolare, a individuare e rispettare, anche attraverso tecnologie all’avanguardia, una riserva di diritti espressa a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2019/790». L’art. 4 della Direttiva è stato attuato in Italia nel 2021 con l’introduzione dell’art. 70-quater nella legge sul diritto d’autore, mentre il disegno di legge Butti (Ddl AI), attualmente in discussione al Senato, prevede l’introduzione del nuovo 70-septies, secondo cui l’applicazione del diritto di opt-out si applica anche nel caso di riproduzione ed estrazione di opere attraverso modelli di IA.

Esistono due metodi per esercitare l’opt-out in modo leggibile dalle macchine: il primo approccio si basa su identificatori di posizione che si applicano a tutti i contenuti ospitati su un determinato dominio o «url» o a una parte significativa degli stessi (tra cui «robots.txt») mentre il secondo utilizza identificatori unitari, consentendo ai creatori e titolari di diritti di specificare l’opt-out per ogni singolo file multimediale (inserimento dell’opt-out nei metadati dei file o strumenti di registrazione dei file per cui sia stato esercitato l’opt-out). A oggi gli identificatori di posizione sono gli strumenti più utilizzati ma questo approccio presenta alcune limitazioni, in quanto se il titolare del dominio non coincide con il detentore dei diritti d’autore, quest’ultimo non può gestire direttamente l’opt-out e la protezione risulta limitata anche perché un file può essere copiato o incorporato su altri siti non soggetti alle stesse restrizioni. Gli identificatori unitari, invece, permettono ai titolari di diritti di impostare le restrizioni fin dalle prime fasi della distribuzione, senza dipendere da piattaforme di terzi.

L’UE ha affidato all’Ufficio Europeo per l’IA la creazione di un Codice di buone pratiche in materia di IA per scopi generali, a cui i fornitori e operatori IA dovranno attenersi nell’applicazione dell’AI Act. A oggi sono state pubblicate tre bozze del documento, su cui alcune associazioni rappresentative degli interessi degli operatori nel settore culturale hanno svolto alcune considerazioni. In particolare, in occasione della pubblicazione della prima bozza di Codice nel novembre 2024, alcuni hanno auspicato l’implementazione di uno standard dei meccanismi di opt-out basato sulla semplicità di utilizzo, per garantire anche ai creatori di poter scegliere in merito all’uso dei propri contenuti. Inoltre, a seguito della pubblicazione della seconda bozza il 19 dicembre 2024, il 27 gennaio 2025 un gruppo di associazioni che rappresentano creatori in vari settori (arte, cinema, musica ecc.) ha pubblicato una lettera aperta che lamenta come la seconda bozza, invece di imporre obblighi più stringenti, chieda ai fornitori di modelli IA solamente di dimostrare di aver compiuto sforzi ragionevoli e proporzionati per accedere legittimamente ai dati da loro acquisiti. Inoltre, la lettera sottolinea come la bozza, ai fini dell’esercizio dell’opt-out, dia preferenza all’utilizzo dell’indicatore di posizione «robots.txt», che presenterebbe carenze funzionali e non consentirebbe un efficace esercizio del diritto da parte dei singoli autori. La terza bozza, pubblicata l’11 marzo 2025, sembra aver mantenuto l’impostazione della precedente su questi temi. In conclusione, il tema della tutela del diritto d’autore dall’utilizzo improprio di tecnologie di raccolta di dati rimane oggetto di dibattito e rimangono dubbi circa le modalità di implementazione delle tutele previste nell’AI Act

La tutela secondo il Copyright Office degli Usa

Un secondo tema che ha catturato l’attenzione degli addetti ai lavori è quello della tutela autoriale delle opere create dall’IA. Infatti, posto che sempre più artisti utilizzano tali strumenti nel loro processo creativo, ci si è chiesti con quali limiti possa essere estesa anche a tali contenuti la tutela riconosciuta dal diritto d’autore. Sul tema è intervenuto a gennaio il Copyright Office statunitense che ha pubblicato il secondo di tre report sul rapporto tra copyright e IA, dedicato al tema della «copyrightability» delle opere create mediante l’utilizzo dell’IA. Premesso che negli Usa l’applicazione del copyright presuppone che l’opera sia creata da un essere umano, il documento, al fine di determinare se un’opera realizzata attraverso l’IA possa essere tutelata con il copyright, analizza tre tipi di contributo umano agli output generati dall’IA: n i prompt che istruiscono un sistema di Intelligenza Artificiale per generare un output; n gli input espressivi che possono essere percepiti negli output generati dall’IA; n le modifiche o sistemazioni dei risultati generati dall’IA. Per il primo caso, l’Ufficio conclude che, in base alla tecnologia attualmente disponibile, l’elaborazione di un prompt per richiedere all’IA di elaborare un’immagine non consente di esercitare sull’IA un controllo tale da consentire di considerare il soggetto che impartisce l’istruzione autore dell’output e di applicare quindi la tutela del copyright. Ciò in quanto i prompt, al momento, non sono in grado di determinare adeguatamente gli elementi espressivi prodotti dall’IA o di controllare come il sistema li traduce in output, posto che lo stesso prompt può condurre a output diversi elaborati autonomamente dall’IA. Nel secondo caso, dato che alcuni sistemi di IA possono consentire agli input introdotti con un prompt di essere sostanzialmente mantenuti come parte dell’output generato dall’IA, laddove l’artista introduca un input consistente in una sua opera tutelata da copyright e tale opera sia percepibile nell’output, l’artista sarà considerabile come l’autore di almeno tale porzione dell’opera generata con il contributo dell’IA. Infine, nel caso in cui l’artista intervenga sull’output generato dall’IA selezionando, coordinando, sistemando o modificando tale materiale in maniera creativa, l’Ufficio ritiene che il contributo umano potrà esser protetto da copyright, che tuttavia non si estenderà al materiale sottostante generato dall’IA.In Italia, il principale precedente giurisprudenziale in tema è l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 1107 del 2023 relativa al caso di una giovane creativa digitale, grafica, designer e architetta, Chiara Biancheri (conosciuta sul web con il nome d’arte Lindelokse), che aveva convenuto in giudizio la Rai, assumendo di essere la creatrice dell’opera grafica «The scent of the night» rappresentante un fiore e lamentando la violazione del proprio diritto d’autore sull’opera, utilizzata dalla Rai come scenografia fissa per il Festival di Sanremo del 2016. Per la Corte, l’utilizzo di un software di IA non è sufficiente al fine di escludere la protezione del diritto d’autore, in quanto può essere compatibile con l’elaborazione di un’opera dell’ingegno, il cui tasso di creatività va scrutinato con maggior rigore, al fine di verificare se e in qual misura l’utilizzo dello strumento abbia assorbito l’elaborazione creativa dell’artista che se ne era avvalso. Tuttavia, la Corte non indica i criteri in base ai quali tale analisi debba essere svolta, per cui il contributo dato dal Copyright Office statunitense potrà servire come spunto per tale valutazione anche in Italia.

L’autore, avvocato, è partner di Pavesio e Associati with Negri-Clementi

Emiliano Rossi, 12 aprile 2025 | © Riproduzione riservata

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