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Bianca Cavuti
Leggi i suoi articoli«La domanda sorge spontanea, se Daguerre avesse inventato la moderna fotografia a colori nel 1838, la fotografia odierna non sarebbe completamente diversa?», scriveva Edward Steichen nel comunicato stampa della mostra «Color Photography», allestita al MoMa nel 1950.
Il rapporto tra il colore e la fotografia è stato segnato da un inizio travagliato e ci sono voluti diversi anni, e sforzi, affinché venisse superato l’antico pregiudizio per cui solo la fotografia in bianco e nero era considerata arte. Anni e sforzi che si traducono nel lavoro di alcuni pionieristici e coraggiosi artisti, tra cui Franco Fontana (Modena, 1933), a cui il Museo di Jesolo (Ve) dedica una mostra visitabile dal 29 novembre al 22 maggio 2026: «Franco Fontana. Colors», a cura di Cristina Ghelfi Fontana e Gabriele Accornero dello Studio Franco Fontana. Una grande monografica che ripercorre il percorso artistico e umano dell’autore attraverso una sintesi delle sue opere maggiormente iconiche, realizzate tra il 1961 e il 2017.
L’esposizione è l’esito di un lungo e significativo lavoro di indagine e restauro sulle opere, sia analogiche che digitali, e presenta anche un’esclusiva videointervista. L’intento curatoriale è infatti quello di restituire ai visitatori un’immagine completa dell’autore e di strutturare la mostra come un’esperienza immersiva nel suo immaginario, volontà rimarcata da un suggestivo allestimento accompagnato dalla diffusione sonora delle musiche del compositore francese Armand Amar. «Franco Fontana, spiega Accornero, non ha una visione rigida o unilaterale rispetto alla modalità di proposta delle sue opere. Al contrario ama le sperimentazioni e quanto sia suscettibile di creare emozioni e coinvolgimento».
È infatti dall’inizio degli anni Sessanta che l’autore ha inaugurato un personalissimo e riconoscibilissimo percorso di ricerca, caratterizzato, in controtendenza rispetto ai suoi colleghi, dalla scelta di rendere il colore vero protagonista. «Sfruttando tutte le possibilità ottiche della fotografia (inquadrature ardite, profondità di campo ridotta, inquadrature dall’alto, ecc.), ha affermato Jean Luc Monterosso, già fondatore e direttore dell’École Européenne de la Photographie a Parigi e massimo esperto di Franco Fontana, ha creato immagini astratte e minimaliste attraverso una giustapposizione di colori brillanti dai forti contrasti».
Fontana riesce dunque a valorizzare l’utilizzo del colore in tutte le sue potenzialità, da quelle più legate alla descrizione oggettiva della realtà a quelle che traghettano le immagini verso il campo dell’astrazione, realizzando fotografie di grande fascino, spesso stranianti e misteriose.
Il percorso espositivo è strutturato attorno ad alcuni grandi temi («People», «Paesaggi urbani», «Asfalti» e «Paesaggi») che ben sintetizzano la produzione dell’artista. Che sia naturale o urbano, che sia deserto o che sia attraversato dalla figura umana, protagonista indiscusso delle opere di Fontana resta comunque sempre il paesaggio: per l’artista, infatti, come si legge nel comunicato stampa della mostra, «tutto è o diventa paesaggio». Piscine, scorci cittadini, graffiti, palme, superfici stradali indagate nei dettagli più minuti, dalle verniciature stradali alle fessure dell’asfalto; e ancora i paesaggi catturati da Fontana durante i viaggi intorno al mondo, spesso nel Sud Italia.
L’indagine dello spazio, condotta con occhio documentario e con una grande attenzione per la luce e per la geometria compositiva, lo pone a fianco di maestri come Mario Giacomelli e Luigi Ghirri, tuttavia «Fontana spazia ben oltre, precisa ancora il curatore, e conia un genere assolutamente a sé, riconoscibile e impareggiabile, precursore di molti tentativi di imitazione mai riusciti e al contempo fonte di ispirazione costruttiva e evolutiva per tanti fotografi».
Franco Fontana, «Basilicata», 1978. © Franco Fontana