«Sant’Andrea in preghiera» (1615-18) di Jusepe de Ribera

© Foto Scala, Firenze

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«Sant’Andrea in preghiera» (1615-18) di Jusepe de Ribera

© Foto Scala, Firenze

Jusepe de Ribera, più cupo e feroce di Caravaggio

Al Petit Palais un centinaio di opere provenienti da tutta Europa per la prima attesa retrospettiva francese del pittore spagnolo, che si focalizza sui suoi periodi romano e napoletano 

La mostra «Ribera. Tenebre e luce» «vuole dimostrare che, oltre al ruolo pionieristico nell’interpretazione dell’opera di Caravaggio, Jusepe de Ribera è stato uno dei più grandi pittori del periodo barocco». Così il Petit Palais presenta dal 5 novembre al 23 febbraio 2025 la sua mostra inedita, prima attesa grande retrospettiva, fin troppo tardiva, in Francia, dedicata al grande esponente dell’arte del Seicento detto lo Spagnoletto. Il percorso della mostra, curata da Annick Lemoine e Maïté Metz, conservatrici al Petit Palais, si concentra sui due momenti chiave della carriera dell’artista: il periodo romano e quello napoletano. Jusepe de Ribera (1591-1651), nato vicino a Valencia, in Spagna, raggiunse Roma molto giovane, verso il 1605-06, proprio nell’anno in cui Caravaggio partiva per Napoli. Non è noto se i due artisti si incontrarono, ma l’influenza di Caravaggio segnò in modo profondo lo stile pittorico di Ribera, per l’uso del chiaroscuro inteso nella drammaticità delle scene e il crudo realismo, più cupo e feroce ancora di quello del maestro. In un percorso cronologico, il Petit Palais torna anche sugli studi scientifici, relativamente recenti, che hanno permesso di riattribuire a Ribera alcune opere di gioventù, a partire dal «Giudizio di Salomone» (1609-10), prestato per l’occasione dalla Galleria Borghese, in cui nel 2002 lo storico dell’arte Gianni Papi riconobbe la mano del giovane pittore all’indomani del suo arrivo a Roma. Nel 1616 il valenzano si stabilì a Napoli e non la lasciò più. Nella capitale partenopea, centro vivace di scambi culturali, Ribera trovò la protezione del vicerè, il duca di Osuna, sposò la figlia di Giovanni Bernardino Azzolino, noto pittore dell’epoca, e si affermò come uno dei protagonisti della scena artistica locale. 

Si distinse per le drammatiche scene bibliche e per i ritratti, in cui coglieva la personalità e l’anima dei soggetti, anche dei più umili, mendicanti e miserabili. La sua bottega divenne il punto di riferimento per le nuove generazioni di pittori tra cui Luca Giordano e Salvator Rosa, contribuendo allo sviluppo del Naturalismo nella pittura napoletana. Il Museo di Belle arti di Parigi espone un centinaio di opere, con prestiti eccezionali da tutta l’Europa. Ne citiamo solo alcune: il «San Girolamo e l’angelo del Giudizio» (1626), prestato dal Museo di Capodimonte, il singolare ritratto di «Maddalena Ventura», detto anche «Donna con la barba» (1631), prestato dal Prado di Madrid, e «La negazione di san Pietro» (1615-16) del Palazzo Barberini di Roma. Per la prima volta, sono riunite tre «Pietà»: i due «Compianto sul corpo di Cristo» della National Gallery di Londra (1635 ca) e del Thyssen-Bornemisza di Madrid (1633) e la «Deposizione» del Louvre (1628-30). Sono allestite inoltre opere su carta meno note, grazie ai prestiti del Metropolitan di New York, del British Museum di Londra e della Colección Comín Colomer della Biblioteca nazionale di Spagna, mentre le eccezionali incisioni appartengono al fondo Dutuit del Petit Palais.

«San Girolamo e l’angelo del Giudizio» (1626) di Jusepe de Ribera, Napoli, Museo di Capodimonte. Su concessione del MiC-Museo e Real Bosco di Capodimonte. © Archivio dell’arte-Luciano e Marco Pedicini

Luana De Micco, 04 novembre 2024 | © Riproduzione riservata

Jusepe de Ribera, più cupo e feroce di Caravaggio | Luana De Micco

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