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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliRoma. Era il 2010 quando partì il progetto «I Giorni di Roma», programma di cinque grandi mostre ai Musei Capitoliniper una rilettura complessiva e aggiornata del linguaggio dell’arte a Roma, dalla potente influenza della Grecia successiva alla sua conquista fino al progressivo sgretolarsi dei valori civili, morali e politici che precedettero il collasso dell’impero. Tre gli excursus cronologici che dalla fine del III secolo a.C. ci hanno condotto agli inizi del IV d.C., due gli affondi tematici dedicati alle eccellenze dell’arte romana classica, il ritratto e l’architettura, quest’ultimo ancora da fare. «L’Età dell’Angoscia. Da Commodo a Diocleziano (192-305 d.C.)» se da un lato conclude il ciclo temporale del progetto, dall’altro apre una riflessione sugli aspetti di crisi e decadenza di una civiltà e un modello di sviluppo, con non pochi agganci al presente. Il titolo si rifà allo studio (1970) di un celebre grecista irlandese, Eric Dodds, dedicato a «Pagani e cristiani in un’epoca di angoscia», il III secolo appunto. A Roma è un periodo difficile, segnato dalla pressione dei barbari ai confini, da guerre civili, carestie, epidemie, crisi economiche e corruzione politica. Riti e divinità classiche cedono il passo alla moda dei nuovi culti dall’Oriente, più esotici e incisivi o semplicemente più consolatori, Iside, Cibele, Mitra e naturalmente Cristo. Ansia, incertezza e sete di rassicurazioni si diffondono in tutti gli strati della popolazione, il potere si concentra sempre più in mano all’esercito, rivolgimenti sostanziali, basti pensare all’avvento della Tetrarchia, ridisegnano l’intero assetto geopolitico e sociale. Tutto questo si riflette nell’arte. Nei ritratti i volti degli imperatori sono inclinati, gli occhi dilatati, le labbra serrate, come nel Probo e nel busto di Decio dei Capitolini, nella strepitosa statua in bronzo di Treboniano Gallo del Metropolitan, nelle sculture che per la prima volta lasciano il Casino del Belrespiro di Villa Doria Pamphilj (statua di togato, statua di cacciatore e statua con spada e testa) e vengono esposte insieme al cacciatore dei Capitolini, tutte di età gallienica. Nei ritratti privati è di moda l’abbinamento della testa del defunto con un corpo ideale, divinità femminile o eroe a seconda del genere, come nel busto di Commodo come Ercole dei Capitolini e nella statua di privato come Marte, cosiddetto Decio, della Centrale Montemartini. Circa 200 i pezzi in mostra, statue in marmo e bronzo, busti, ritratti, rilievi, sarcofagi, mosaici, pitture parietali, argenti da mensa e altro. Le sezioni ritmano il percorso suddividendolo in protagonisti, esercito, città di Roma, religione, dimore private e loro arredi, vivere e morire nell’impero, costumi funerari. I prestiti arrivano sia dall’estero (New York, Magonza, Monaco) sia dall’Italia (Aquileia, Brescia, Bologna). A cura di Eugenio La Rocca, Claudio Parisi Presicce e Annalisa Lo Monaco. Catalogo edito da MondoMostre.
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Busto femminile, fine del II secolo d.C. Marmo lunense, altezza 80 cm Musei Capitolini, Palazzo Nuovo Roma, Italia © Foto di Zeno Colantoni

Ritratto cosiddetto Aureliano in bronzo, Brescia, Museo di Santa Giulia
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