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Cratere a colonnette attico a figure rosse. Scena musicale di significato funerario con suonatore di lyra e suonatrice di aulos. Museo Archeologico Regionale «Pietro Griffo» di Agrigento (inv. AG. 22769)

Da Agrigento, necropoli greca di contrada Pezzino. 420 a.C. Da A. Bellia, «Scene musicali nella ceramica attica in Sicilia», Roma, De Luca Editori d’Arte, 2010, pp. 30-31, fig. 42

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Cratere a colonnette attico a figure rosse. Scena musicale di significato funerario con suonatore di lyra e suonatrice di aulos. Museo Archeologico Regionale «Pietro Griffo» di Agrigento (inv. AG. 22769)

Da Agrigento, necropoli greca di contrada Pezzino. 420 a.C. Da A. Bellia, «Scene musicali nella ceramica attica in Sicilia», Roma, De Luca Editori d’Arte, 2010, pp. 30-31, fig. 42

L’Archeologia musicale alla ricerca dei suoni perduti

Al Festival del Cinema Archeologico diffuso nelle sedi di Licata, Realmonte, Agrigento e Palermo, in corso fino al 24 luglio, si svela il mistero degli strumenti per il viaggio nell’aldilà

Angela Bellia

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Qual era il ruolo della musica nel mondo antico e cosa conosciamo degli strumenti musicali utilizzati? Quale relazione legava la musica ai rituali celebrati per la nascita, il matrimonio e la morte? Qual era l’importanza della formazione musicale dei giovani nella società antica e che cosa la legava alla deposizione di strumenti a corda nelle sepolture?

Nel corso degli ultimi anni è stata avvertita la necessità di indagare la funzione delle attività musicali nel mondo antico non soltanto attraverso le testimonianze scritte, ma anche attraverso lo studio di sculture, immagini, strumenti musicali e oggetti sonori scoperti nei santuari, nelle sepolture e nelle abitazioni. Questa indagine è in linea con lo sviluppo dell’archeologia musicale, un ambito di ricerca che ha posto le basi per lo studio della musica attraverso l’analisi dell’evidenza materiale, accogliendo allo stesso tempo vari indirizzi (da quello antropologico e storico-religioso a quello storico artistico e musicologico) e rivelando come la musica fosse una componente essenziale della vita religiosa e parte integrante della società antica, creando coesione e identità collettiva. Contribuiva inoltre, all’azione rituale attraverso i suoni, la sollecitazione del movimento corporeo e della gestualità nell’ambito dell’ampio calendario di eventi e di attività pubbliche e private.

Se lo studio della musica dal punto di vista archeologico si è rivelato una vera propria sfida per l’immaterialità del suono, la ricerca di dati riguardanti il ritrovamento e l’individuazione delle provenienze e dei contesti d’uso delle singole testimonianze di interesse musicale ha svelato aspetti inesplorati della presenza e del ruolo della musica in tutte le occasioni della vita nel mondo antico, dalle competizioni sportive e musicali al banchetto, dalle feste solenni alle contese politiche, dall’intrattenimento domestico al corteggiamento, e perfino nei momenti della vita quotidiana come nei giochi per l’infanzia, nel corso delle nozze e nelle cerimonie funebri.

Un esempio è offerto dallo studio degli strumenti musicali rinvenuti nelle tombe dell’Italia meridionale. La loro presenza nelle sepolture di Locri, Crotone, Metaponto, Poseidonia, Taranto e dell’area messapica come parte del corredo funebre non è un «fenomeno» molto frequente nel mondo antico. Si tratta infatti di particolari rinvenimenti archeologici, perlopiù di strumenti a corda e a fiato risalenti ad un periodo compreso tra la fine del VI e la metà del III secolo a.C., che sul piano ideologico-simbolico risultano «atipici» rispetto al comportamento funerario in uso nelle diverse comunità.

In particolare, la lira era costruita con l’uso del carapace osseo di una tartaruga dal quale veniva ricavata la cassa di risonanza. Al carapace veniva fissata una cordiera in metallo con sviluppo a┌─┐ per collegare le corde, generalmente sette, ai due bracci dello strumento. Su tutto il dorso del carapace erano praticati piccoli fori per assicurare con dei chiodini le fascette o le lamelle di bronzo, indispensabili a rinforzare la struttura della lira, lungo tutto il bordo del guscio.

Carapace di tartaruga usato come cassa di risonanza di una lyra. Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria (inv. MRC 5613). Da Locri, necropoli di contrada Lucifero (tomba 684, ai piedi del defunto). Prima metà del IV secolo a.C. Da A. Bellia, «Lyra», in C. Malacrino, A. Bellia, P. Marra, «Per gli dei e per gli uomini. Musica e danza nell’antichità», Genova, Sagep, 2023, p. 256, n. 13

Le tombe contenenti strumenti musicali sono state a lungo considerate come appartenenti a «musicisti» e attirato l’attenzione per l’eccezionalità e il numero dei ritrovamenti. Tuttavia, la presenza delle lire nelle tombe può essere compresa se si tiene anche conto che la musica faceva parte del programma educativo del mondo antico e che l’educazione musicale veniva impartita con la lira, specialmente ai fanciulli appartenenti alle classi privilegiate. Alle lire nelle tombe si può assegnare anche una funzione simbolica, con un richiamo al mondo maschile e al percorso iniziatico per entrare a farne parte.

L’impossibilità di compiere il normale ciclo della vita e di diventare membro della comunità degli adulti può spiegare la deposizione di questi strumenti musicali nelle tombe di bambini e di adolescenti che, se da un lato presuppongono comprensibili spinte di carattere affettivo, dall’altro esprimono il desiderio dei superstiti di «compensare» il giovane defunto per l’infelice sorte e il conseguente non inserimento nel mondo degli adulti.

L’indagine sugli strumenti musicali nelle tombe ha anche consentito di ampliare lo studio e l’approfondimento organologico con la riproduzione di copie di antichi strumenti realizzate per riascoltarne la sonorità, anche attraverso la tecnologia e la digitalizzazione per la loro ricostruzione virtuale. In qualche caso, attraverso le ricostruzioni, che hanno reso necessaria l’integrazione delle parti mancanti o perdute in ambiente virtuale, ricercatrici e ricercatori hanno proposto ipotesi sulle tecniche esecutive e sull’intonazione degli strumenti originali poi messe a disposizione degli esecutori.

Queste tematiche sono affrontate nel film «A la recherche de la musique de l’antiquité» (Alla ricerca della musica dell’antichità), diretto dal regista Bernard George e prodotto in Francia (2021) la cui proiezione avrà luogo il 17 luglio nell’ambito del Festival del Cinema Archeologico, realizzato dal Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, in collaborazione con il RAM film festival e la Fondazione Museo Civico di Rovereto, in programma dall’11 luglio fino al 24 luglio a Licata, Realmonte, Agrigento e Palermo.

Oltre alla proiezione di film dedicati al patrimonio culturale e all’archeologia, il Festival propone momenti di approfondimento con esperti in luoghi suggestivi di interesse archeologico. Alla musica nel mondo antico sarà dedicato l’archeotalk «Alla ricerca dei suoni perduti: archeologia musicale della Magna Grecia e della Sicilia greca» che avrà luogo il 18 luglio alle ore 19 al Museo Archeologico Regionale «Pietro Griffo» di Agrigento.  

Locandina del Festival del Cinema Archeologico, realizzato dal Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, in collaborazione con il RAM film festival e la Fondazione Museo Civico di Rovereto

Angela Bellia, 16 luglio 2024 | © Riproduzione riservata

L’Archeologia musicale alla ricerca dei suoni perduti | Angela Bellia

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