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Rosa Cinelli
Leggi i suoi articoliNegli spazi dell’ex mattatoio di Nizza, oggi Le 109, è in scena -fino all'11 ottobre- il festival di fotografia contemporanea L’Image Satellite. Ancora poco noto al pubblico italiano, la rassegna si autodefinisce, non a torto, “risolutamente sperimentale”. Più che una semplice vetrina, il festival si presenta come un laboratorio in cui pratiche artistiche e ricerche sul medium dialogano e si contaminano, spesso adottando soluzioni formali e installative che rispecchiano le metamorfosi della fotografia contemporanea, intesa non solo come strumento di ricerca artistica ma anche come medium in sé.
Ne è un esempio Guerre et contrôle di Matthieu Asselin, che apre il percorso espositivo. Concepita come un laboratorio più che come un’opera già conclusa, questa installazione, simile a un’inchiesta come quelle portate avanti da collettivi di ricerca in ambito investigativo come Forensic Architecture o Bellingcat, l’installazione fa il punto sul problema della guerra e del coinvolgimento delle istituzioni europee nei conflitti contemporanei. Sfatando ancora una volta il mito secondo cui la fotografia d’arte sia solo quella che utilizza la macchina fotografica per creare nuove immagini, e senza tralasciare approcci ibridi come le infografiche, le opere in mostra rappresentano l’esito di ricerche su questioni spesso trascurate dai media mainstream.
Questo approccio infrastrutturale, incentrato sul disvelare le reti portanti del mondo, anima Behind the Curtain di Francesca Comune, presentato in prima assoluta. Nato da un periodo di immersione nel quartiere di Cureghem – uno dei principali centri europei del commercio di auto usate dirette verso l’Africa occidentale – il progetto intreccia fotografia documentaria e ricerca socio-antropologica. Comune porta alla luce i segni invisibili, i gesti codificati e le reti informali che legano dinamiche locali a flussi globali, tra eredità coloniali ed economie contemporanee. Gli scatti, incorniciati in lightbox – un dispositivo tipicamente pubblicitario e quindi industriale – sottolineano come la città stessa diventi archivio di linguaggi cifrati disseminati nello spazio urbano. Riecheggiando i grandi maestri come Brassaï o Siskind, grande attenzione viene dedicata ai muri e agli indizi segreti inscritti sulle loro superfici, che Comune inquadra come indizi nella lente d’ingrandimento di un investigatore.
C’è spazio anche per ricerche più liriche, come Les Roches Fluides di Arina Essipowitsch, vincitore, nel 2024, dell’Urbanautica Institute Awards. Forse una delle proposte più interessanti di questa edizione del Festival, il progetto esplora l’equilibrio fragile tra figura e paesaggio. Installazioni componibili, manipolabili e perfino indossabili invitano lo spettatore a partecipare attivamente, assumendo il ruolo di co-autore e performer. In questo modo la fotografia si apre a un’esperienza immersiva e dinamica, in cui identità e paesaggio si ridefiniscono reciprocamente.
Il filo che tiene insieme un ventaglio così eterogeneo di pratiche è il rapporto con il territorio e con il paesaggio, inteso sia nelle sue declinazioni urbane e antropizzate che in quelle naturali, turistificato e poi lasciato in decadenza, come quello di Les enfants du palais sous la mer di Anne-Lise Seusse, dedicato alle colonie estive in stato di abbandono, o postapocalittico, come in Larmeland di Sayo Senoo, in parte incentrato sul paesaggio post-atomico in Giappone. In questo senso, L’Image Satellite si inserisce in modo significativo nel contesto di Nizza, città turistica per eccellenza e da sempre luogo di transito e stratificazione culturale.
Questo dialogo si riflette anche nella geografia delle sedi espositive, che articola un confronto tra centro e periferia. Accanto allo spazio 109, il festival coinvolge luoghi nel cuore della città, come la Galleria del Musée de la Photographie Charles Nègre, dove è presentato Les Phénomènes analogues di Sandrine Marc, progetto vincitore del Prix Satellite, e la galleria Mercred/ Samed/, che ha dato carta bianca all’artista Driss Aroussi. La volontà di creare una rete di realtà radicate nel territorio è evidente anche con la collaborazione con l’Université Côte d’Azur, che presenta proprio al 109 i risultati della residenza artistica di Hubert Crabières dedicata ai temi della danza e delle arti performative, sviluppata in laboratori partecipativi aperti alle scuole d’arte locali, tra cui la prestigiosa Villa Arson.
L’Image Satellite si conferma, così, un festival-laboratorio destinato a crescere e a moltiplicare le iniziative parallele alle attività espositive – tra queste vale la pena menzionare Carta book fair, che quest’anno giunge alla seconda edizione. In questo senso, “satellite” non vuol dire decentrato, ma piuttosto libero: un’orbita che permette ai progetti di svilupparsi senza vincoli, lasciando spazio a possibilità finora poco battute.