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Federico Castelli Gattinara
Leggi i suoi articoliMatera. Ha inaugurato in via ufficiale sabato scorso 4 marzo nell’ex Convento di Santa Lucia Nova la sede di Matera della Scuola di Alta Formazione (Saf) dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro intitolata a Michele D’Elia, storico dell’arte pugliese scomparso cinque anni fa, che dal 1988 al 1991 fu direttore dell’allora Istituto Centrale del Restauro e grande promotore di questa scuola.
In realtà la Saf è attiva a Matera già dal primo dicembre del 2015 e a oggi è l’unica filiazione della sede storica di Roma. L’inaugurazione è stata accompagnata dalla mostra RestaurAnno Primo, che presenta quanto svolto dagli allievi del primo anno accademico (2015-16), con una prevalenza di pezzi lucani: tra gli altri una Madonna policroma in calcare recuperata dai Carabinieri TPC e databile a metà Seicento; opere in calcare locale dal Museo Ridola di Matera e altre in pietra provenienti da varie chiese della Basilicata; una Croce dipinta databile tra Tre e Quattrocento dalla Galleria Palatina di Palazzo Pitti.
L’attenzione alla creazione della figura professionale del restauratore, con solide basi scientifiche da integrare a competenze storico-artistiche, è sempre stato uno degli scopi principali dell’Istituto fin dalla sua fondazione nel 1939 ad opera di Giulio Carlo Argan e Cesare Brandi, come ci racconta l’archeologa Licia Vlad Borrelli in un’affascinante lectio magistralis tenutasi all’Iscr di Roma e pubblicata in esclusiva sul prossimo numero di aprile di «Il Giornale dell’Arte».
«Il restauratore non è né un mago né un artista, scriveva nel 1939 Giuseppe Bottai, allora ministro dell’Educazione nazionale, gli si chiede di essere un tecnico accurato cosciente attentissimo: e non è poco. Così potrà nascere anche la prima scuola di restauro, che veramente meriti questo nome con corsi regolari di storia dell’arte, di chimica, di fisica, di scienze naturali, con un vastissimo e controllato tirocinio. Pochi dovranno essere gli allievi, ma ne usciranno dei tecnici perfetti».
Fu una vera rivoluzione e subito l’Istituto s’impose come un’avanzatissima eccellenza del nostro Paese (ancora è così), essendo quello del restauratore fino ad allora un mestiere privato, amatoriale, di bottega, tramandato di generazione in generazione con i suoi segreti e le sue «pozioni».
La Saf di Matera ha attivato due percorsi formativi, dedicati l’uno alle superfici decorate dell’architettura, l’altro ai dipinti. L’insegnamento teorico pratico del restauro occupa tra il 50 e il 65% della didattica ed è svolto su opere spesso di notevole rilievo, almeno l’80% delle attività su manufatti qualificabili come beni culturali ai sensi del Codice.
La scuola dura cinque anni e si conclude con un esame abilitante e una laurea, riconosciuta dal 2011 come magistrale, in «Conservazione e Restauro dei Beni Culturali».
Nell’anno accademico in corso gli allievi sono impegnati su opere arrivate dalle aree recentemente terremotate di Umbria e Marche: una quattrocentesca Madonna in adorazione del Bambino in legno policromo da Castelluccio di Norcia, un tabernacolo in legno dorato e dipinto di metà Settecento da Avendita di Cascia, due dipinti su tavola di Vittore Crivelli da Massignano (Ap) e di Gaspare Gasparini da Macerata. A queste si aggiungono opere recuperate dai Carabinieri TPC, tra cui un uomo togato in marmo di età giulio-claudia e due tondi ad affresco di XII-XIII secolo raffiguranti un Salvatore benedicente e un Agnus Dei.
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Laboratorio di restauro dei materiali lapidei nella sede SAF di Matera. Operazioni di pulitura della scultura maschile in marmo (foto di Antonella Basile ©ISCR-MiBACT
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