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Louise Benson
Leggi i suoi articoliQuasi 75 anni fa, la più grande collezione al mondo di manufatti e opere d’arte cinesi fu spostata dalla Città Proibita di Pechino alla capitale di Taiwan. Il trasferimento dei manufatti, che sono più di 600mila, fu orchestrato da Chiang Kai-shek, il leader del partito nazionalista cinese Kuomintang (Kmt) che nel 1949, durante la Guerra civile cinese, sfuggì all’Armata Rossa comunista di Mao Zedong fuggendo a Taiwan. Oggi la Cina rivuole la collezione. Conservata nel National Palace Museum di Taipei dal 1965, è tuttora, e sempre più, motivo di un’accesa disputa tra Cina e Taiwan. Il museo rifiuta non solo di restituire gli oggetti ma anche di prestarli ad altri Paesi per timore che vengano sequestrati e rimpatriati nella Cina continentale.
In aprile la Cina ha inviato navi da guerra, tra cui una portaerei, nei mari intorno a Taiwan, l’ultima di una serie di azioni provocatorie. In un discorso pubblico dell’ottobre 2021, il presidente cinese Xi Jinping aveva dichiarato che la «riunificazione» con Taiwan «deve essere realizzata». Allo stesso tempo, sostengono i funzionari del museo taiwanese, la Cina ha lanciato un’aggressiva campagna di disinformazione digitale. Lo scorso ottobre è emerso che tre pezzi della collezione di porcellane del museo, per un valore di 66 milioni di dollari, erano stati rotti. All’epoca il museo scelse di non registrare ufficialmente le rotture, il che portò ad accuse di insabbiamento. Ma ora la notizia è stata ripresa dal Governo cinese, che ha attaccato le autorità di Taiwan tramite un quotidiano di Stato, affermando che solo con la riunificazione questi tesori nazionali possono essere pienamente protetti. Ed è stato lanciato anche un attacco informatico attraverso numerosi account su diverse piattaforme social, che accusano il National Palace Museum di gestire in modo scorretto gli inestimabili manufatti.
Gli attacchi informatici assumono diverse forme. In marzo sono state diffuse online fino a 100mila immagini ad alta risoluzione di dipinti e calligrafie della collezione, dopo che il museo è stato vittima di un furto digitale ad ampio raggio. I manufatti sono stati poi messi in vendita, spesso per meno di 1 dollaro, su Taobao, una piattaforma di shopping cinese. «Stiamo indagando e abbiamo assunto degli avvocati per contestare a Taobao la proprietà intellettuale e i danni», aveva dichiarato all’epoca alla Cnn il vice direttore del museo, Huang Yung-tai, spiegando che il server privato del museo era stato violato.
Una storia complessa
«I manufatti storici esposti nel National Palace Museum di Taipei sono di estrema importanza per la Cina», afferma Baoping Li, docente di Archeologia cinese all’University College di Londra. Gli oggetti facevano parte della collezione reale della Città Proibita delle dinastie Ming e Qing (1368-1911). Dopo la fondazione della Repubblica di Cina (Roc), nel 1925, la Città Proibita di Pechino fu trasformata nel Museo del Palazzo per ospitare la collezione reale. A seguito della sconfitta del partito Kuomintang (Kmt) da parte dei comunisti nel 1949, il Governo della Roc si ritirò a Taiwan, portando con sé gran parte della collezione del Museo del Palazzo di Pechino, mentre Mao Zedong istituiva la Repubblica Popolare Cinese (Rpc).
«Il Governo nazionalista ha ovviamente selezionato solo i pezzi più importanti della vasta collezione reale quando si è trasferito a Taiwan, come simbolo della propria legittimità e a sostegno della continuità», spiega Li. Il National Palace Museum di Taipei fu inaugurato 15 anni dopo. «La Repubblica Popolare Cinese è stata fondata come uno Stato rivoluzionario che voleva distruggere il passato, che riteneva avesse trascinato la Cina verso il basso, afferma Ian Johnson, reporter dalla Cina per pubblicazioni come il «New York Times», che in passato aveva una sede a Pechino. Ma negli ultimi decenni il Partito Comunista ha ridefinito la sua missione per diventare protettore del passato culturale della Cina. Così ora considera i tesori del Palace Museum di Taiwan come proprio patrimonio culturale, forse dimenticando che molti di questi tesori probabilmente sarebbero stati distrutti se fossero rimasti in Cina durante i primi decenni di Governo comunista».
Per i governi di Taiwan e della Cina, questi manufatti rappresentano un’importante testimonianza del loro passato. Ma sono anche un simbolo del loro status politico in un momento in cui l’indipendenza di Taiwan appare minacciata. La creazione del museo durante un periodo di radicale trasformazione per Taiwan, quando il territorio era ancora sotto la legge marziale, ha rappresentato un momento chiave di costruzione della Nazione. «Il museo è stato progettato dal Kmt per dimostrare che Taiwan è la “Cina migliore”, quella che rispetta le tradizioni e non le distrugge, quella che si prende cura del patrimonio culturale del Paese e non permette ai fanatici di distruggerlo, come invece è accaduto nei primi decenni di Governo comunista», spiega Johnson.
Sotto la guida dell’attuale presidente Tsai Ing-wen, Taiwan si è sempre più allontanata dalla Cina per avvicinarsi a Paesi come gli Stati Uniti. Nancy Pelosi, ex speaker della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti, ha visitato Taiwan nell’agosto 2022. In aprile, Tsai ha risposto parlando alla Biblioteca Ronald Reagan in California durante una visita negli Stati Uniti. Tsai ha a lungo sostenuto l’indipendenza di Taiwan dalla Cina e ha messo in discussione il «principio di una sola Cina», affermando che «non esiste consenso» tra la maggioranza dell’opinione pubblica taiwanese.
Le elezioni del gennaio 2024 chiuderanno il secondo mandato di Tsai e molti dei suoi sostenitori temono che possa tornare al potere il Kmt, che da tempo promuove legami diplomatici più stretti con la Cina. «Oggi il museo ha un ruolo più complesso, dice Johnson. Molte persone, soprattutto i giovani taiwanesi, si identificano maggiormente con altre Nazioni insulari, come il Giappone, le Filippine o l’Indonesia, piuttosto che con l’autoritaria Repubblica Popolare Cinese. Per loro, questi tesori non riguardano realmente la loro cultura, ma rappresentano invece un legame che non è più così forte. Per loro, il Palace Museum è qualcosa del passato».
Per Li, invece, le opere del museo rappresentano un patrimonio collettivo che non può essere dimenticato. «Questi tesori nazionali sono i più rappresentativi della civiltà cinese, afferma. Un gran numero di persone a Taiwan si considera sia taiwanese che cinese, e i manufatti del National Palace Museum fanno certamente parte di questa identità». Mentre l’identità nazionale di Taiwan continua a mutare, la collezione ricorda come la Guerra civile cinese continui nel braccio di mare tra i due Paesi. E le ripercussioni di questa situazione continuano a riverberarsi nel museo. «Secondo il Partito Comunista, Taiwan fa parte della Cina», ricorda Johnson. La collezione del National Palace Museum di Taipei viene sempre più spesso utilizzata come «pedina» di uno scacchiere più ampio, mentre entrambi gli Stati fanno a gara per affermare la propria autorità. E quei tesori diventano il simbolo non solo di un conflitto storico, ma anche di un futuro incerto e potenzialmente instabile.

La presidente di Taiwan Tsai Ing-wen © Presidential Office of the Republic of China

Il Taiwan National Museum