Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliCon i suoi quasi 39mila metri quadrati la Kunsthaus Zürich è oggi il più grande museo svizzero. Inaugurando infatti l’8 ottobre il nuovo edificio progettato da David Chipperfield Architects Berlin, vincitori nel 2008 di un concorso, il museo acquisisce 5mila metri quadrati espositivi e 330 destinati alle attività di mediazione museale, ampliando del 75% la propria proposta espositiva.
Prima la Kunsthaus disponeva di tre padiglioni: l’edificio Moser (1910), l’edificio Pfister (1958) e l’edificio Müller (1976). Il costo di 206 milioni di franchi (oltre 190 milioni di euro) dell’ampliamento, terminato nel dicembre 2020 ma non inaugurato a causa del protrarsi della pandemia, è stato coperto per circa la metà da fondi privati raccolti dalla Zürcher Kunstgesellschaft, per la parte restante dalle amministrazioni locali.
«Situati sul lato est della Heimplatz, Kunsthaus e teatro Schauspielhaus costituiscono una vera porta delle arti che dà accesso al “miglio dell’istruzione”, dove come un filo di perle si allineano i grandi edifici delle università zurighesi, spiegano gli architetti. Il nostro edificio definisce due spazi esterni: a sud la piazza e a nord il nuovo Giardino dell’Arte, aperto e permeabile, collegati tra loro da un ampio atrio che attraversa il padiglione per l’intera lunghezza. Su di esso affacciano le funzioni pubbliche del museo (caffetteria, sala eventi, bookshop, servizi didattici) mentre i piani superiori sono interamente destinati all’esposizione delle opere».
Concept e realizzazione sono stati seguiti dal direttore della Kunsthaus Christoph Becker coadiuvato dai conservatori Philippe Büttner e Mirjam Varadinis. Privilegiando l’arte contemporanea, la Kunsthaus ha così potuto accogliere quattro importanti collezioni private: Knecht (45 opere del Seicento olandese e fiammingo), Emil Bührle (circa 170 opere impressioniste), Merzbacher (75 opere di Espressionismo astratto e arte moderna classica) e Looser (70 opere di Espressionismo astratto, Minimal art e Arte povera).
«Alla base del nostro progetto curatoriale ci sono 3 concetti: cluster, storytelling, spazi di intervento, afferma Becker. Data l’estrema varietà degli edifici e degli spazi e pur non dimenticando il principio cronologico, abbiamo infatti individuato alcuni gruppi di opere intesi come nuclei espositivi (cluster) da relazionare agli spazi più appropriati. Considerabili come unità narrative nell’ambito di uno storytelling, questi nuclei rivestono una funzione autonoma e possono essere accostati ad altri, favorendo nuove prospettive. Ciò sarà possibile soprattutto in alcune aree che abbiamo chiamato “spazi di intervento” e che accoglieranno a cadenza regolare nuovi allestimenti, dedicati in particolare ai giovani e all’arte femminile». La previsione è di raggiungere nel 2022 i 375mila visitatori annuali, mantenendo il grado di autofinanziamento del museo superiore al 50%.
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