Si configura come una «stanza delle meraviglie», accumulo di itinerari del pensiero e dello sguardo, frammenti del vissuto, emozioni, dove vita e arte si fondono indissolubilmente, la mostra «Alighiero Boetti. Cabinet de curiosités» alla Tornabuoni Arte dal 6 novembre al 22 febbraio 2025. «Per ricordare i trent’anni della scomparsa dell’artista abbiamo cercato di costruire una mostra diversa, che lasciasse trapelare l’essenza più autentica di Boetti, che dicesse della sua vita, dei suoi processi mentali, matematici, combinatori, di gioco», spiega Michele Casamonti. Così, grazie a un lungo e solido rapporto con la galleria, Agata Boetti, figlia di Alighiero, ha messo a disposizione dalla sua collezione alcuni scatoloni contenenti duecento documenti inediti, appunti, schizzi, cartoline, progetti e taccuini degli anni Sessanta, lettere, elenchi di parole, frasi e concetti, liste del quotidiano, che nella loro eterogeneità, possibilità di relazioni e combinazioni, fuori dalle gerarchie, permettono di avvicinarsi alla complessità e alla capacità di evolversi all’infinito della ricerca dell’artista torinese.
Avviarsi nel percorso espositivo significa entrare nel flusso temporale da lui concepito (1973): «(…) io sto diventando partigiano dei tempi lunghi (…). Nel mio lavoro il procedere del tempo mi porterà più esperienza, più conoscenza, una visione generale un po’ cosmica (non però intellettuale)». I documenti disposti su due pareti della prima stanza, secondo quell’idea di «caso» precipua dell’artista torinese, comprendono, per esempio, gli studi per «Cimento dell’armonia» e l’invenzione e altri studi per «Lavoro Postale», entrambi del 1969, l’unico bozzetto finora noto per le «Mappe» (1970), ma pure una cartolina spedita alla moglie Annemarie, in cui, sul retro di una foto di un cervo, scrive «I love you baby, Frank Sinatra», il passaporto dell’artista sedicenne e una foto del tempo della scuola. Il cardine della mostra sono due opere. Sulla parete di fondo della galleria è ricostruito il «Muro», work in progress tra il 1972 e il 1993, in cui Boetti aggiunge e toglie cose scelte e incorniciate, come un quadro di Salvo, una foto con Francesco Clemente, inviti, lettere e cartoline con amici artisti, poesie di Penna e altre immagini di natura diversa; così lo ha definito Anne Marie Sauzeau, (2001): «(…) iconostasi privata della sua esistenza e del suo dialetto, nonché come taccuino di appunti, di progetti da sviluppare». In una stanza adiacente l’altra opera, «Zoo»: «Trascorrevamo ore dal giornalaio, il mitico Nando, acquistando riviste d’informazione del mondo che servivano a Boetti per le “Copertine” e le buste con gli animali di plastica per me e mio fratello Matteo, racconta Agata Boetti. In un angolo del suo studio avevamo creato una prateria, alla quale avvicinammo un tappeto, o meglio un “tappeto volante”, sul quale giocavamo tutti e tre a vedere dall’alto i piccoli animali».
A parete è collocata una lettera dattiloscritta dei tre, composta in occasione di un’esposizione dell’opera, divenuta tale, quando nel 1979 l’amico Giorgio Colombo la fotografò per pubblicarla su «Casa Vogue». Intorno al «Muro» ci sono delle bacheche, che accolgono, tra gli altri lavori, l’intera realizzazione di «Classifying, the thousand longest rivers in the world» (1977), riconducibile a quando Boetti insieme alla moglie Anne Marie Sauzeau classificò i mille fiumi più lunghi della Terra: un fascicolo con la corrispondenza per ottenere le informazioni nel mondo, il menabò e due esemplari, uno con la copertina ricamata e uno in tela rossa. Sono allestite anche opere come «Storia naturale della moltiplicazione» (1974-75) e una grande «Mappa» (1983). Introducono alla mostra venti scatti del fotografo Colombo a Boetti (1966-93), inclusi nel volume Vita di Alighiero Boetti (Forma, 2024), presentato al MaXXI il 7 novembre.