Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliA distanza di molti anni dall’uscita nel 1966, torna Firenze di Emilio Cecchi, montaggio di saggi e testi scritti nell’arco di un ventennio dal maestro della prosa d’arte che spesso si occupò dell’eredità del suo luogo natale. A inaugurare il volume è infatti un testo dal titolo categorico: Fiorentinità, che è poi una condizione dello spirito, più che una nozione geografica.
Nel 1950, finita da poco la guerra, egli lodava, contro gli intellettuali del suo tempo, i mercati di fronte a San Lorenzo, avanzando la suggestione che quelle rassegne di «tessuti dozzinali, saponette da serve e reggipetti» gli fanno pensare alla salita a sinistra del Partenone, con «le casupole di bandone, coi miseri bucati tesi ad asciugare, dove l’aria eterna lontanamente risuona di grammofoni e del canto dei galli».
Tra la realtà di una città che si faceva già decisamente turistica, e i fantasmi dorati del Rinascimento, lo scrittore tesse paralleli, fa il punto sulla vicenda critica che volle Firenze legata a una sola epoca gloriosa, mentre anche in Fattori si possono trovare le tracce del pensiero paesaggistico del Beato Angelico.
Notevoli in questo senso le pagine dedicate al Manierismo, in cui egli si impegna, modernamente, a redimere il concetto dalla negatività che allora lo avvolgeva, ribadendo nessi, segreti e visibili, tra le diverse stagioni della città del giglio e di san Giovanni, tra il prestigio medievale e il trionfo dell’artigiano geniale, espressione diretta del popolo, e rigidi programmi estetici della dinastia medicea al suo apogeo. Il libro di Cecchi inaugura la collana di Aragno «Ante litteram», diretta dal giornalista Luigi Mascheroni, caratterizzata da «una forte connotazione giornalistico-letteraria».
Firenze, di Emilio Cecchi, introduzione di Pietro Citati, 290 pp., Nino Aragno Editore, Torino 2017, € 20,00
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