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Studio_Joy Herro Portrait ©Luigi Fiano

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Studio_Joy Herro Portrait ©Luigi Fiano

La forma è un sentimento che cammina: le presenze di Harry Rigalo per The Great Design Disaster a Milano

Forms Without Briefs: le opere del designer e scultore greco Harry Rigalo abitano gli spazi della galleria The Great Design Disaster in Via della Moscova 15, fino al 19 dicembre.

Matilde Burelli

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Lo spazio della designer libanese Joy Herro, The Great Design Disaster, accoglie i visitatori in un’atmosfera che evoca l’intimità di una casa, pur conservando la dimensione espositiva di una galleria. Una quinta in legno, un’antica libreria a tutta altezza, separa il locale principale, affacciato sulla strada, dal retro più appartato, evocando l’idea di una quinta teatrale: uno spazio che è insieme palcoscenico e spazio espositivo. Il pavimento, un mosaico di cementine che alternano tonalità di bianco, senape, ceruleo e nero, conferisce al luogo un’eleganza misurata, milanese, creando un ritmo visivo che accompagna l’occhio lungo tutto l’ambiente. È qui che le sculture di Harry Rigalo, designer e artista autodidatta di Atene classe 1984, emergono come presenze ieratiche, evocative di figure umanoidi d’altri tempi, realizzate in argilla, alcune scure come la pece, altre calde come la terra. Sul pavimento giacciono, quasi fossero i loro elmi, delle sculture più minute, come se, al termine di un lungo servizio, dei guardiani silenziosi si fossero ritirati in un piccolo avamposto a ridosso di Brera, pronti a riposare nella calma domestica dello spazio.

Le sculture di Rigalo, dalle linee sinuose e androidi, dialogano con la delicatezza dello spazio. Qui, per la prima volta, l’artista presenta opere in argilla nella mostra dal titolo Forms Without Briefs. Cinque grandi sculture, che ricordano totem o figure monolitiche, accolgono il visitatore con imponenza, rivelando inizialmente la loro forma e solo successivamente la loro funzione: alcune sono lampade, ma ciò che affascina non è l’illuminazione, bensì la fisicità delle opere, la forza materica delle superfici, la ruvidità dell’argilla che cattura lo sguardo e invita al tatto. La funzione diventa qui un dettaglio secondario: ciò che colpisce è la loro consistenza, la loro presenza nello spazio, la sensazione che emanano e la traccia del tempo e del processo creativo, evidente in ogni curva, in ogni imperfezione.

Intorno ai cinque totem, che raggiungo anche i 180 cm di altezza, si trovano sculture più raccolte, che assumono più chiaramente la funzione di sedute e dialogano tra loro attraverso il colore, il materiale e la forma. Le linee morbide e primordiali sembrano fluire con naturalezza e trasformano la forma in sentimento. Le sculture evocano, nei tratti e nelle curve, i versi di Rilke nei Sonetti a Orfeo: “La forma è un sentimento che cammina, che prende corpo in aria e in silenzio […] Ogni curva, ogni linea che si distende, è memoria.” Rigalo sembra interessato più al processo creativo che al risultato finale: studio, modellazione, attesa, osservazione. Ogni gesto lascia un’impronta tangibile sull’opera, e nel risultato permane l’eco del tempo e della dedizione investita.

La scelta dell’argilla grezza, priva di smalti, non è casuale: è un materiale che richiede attenzione e applicazione fisica, capace di instaurare una relazione con chi lo modella e l’esito, sebbene controllabile, conserva sempre un elemento di imprevedibilità. Antica e materica, l’argilla non si piega alle aspettative, ma restituisce la traccia del gesto e della pratica. Alcune imperfezioni presenti nelle opere non sono difetti, ma testimonianze del processo creativo: un taglio su una seduta richiama i concetti spaziali/attese di Lucio Fontana, le texture emergono e vengono esaltate, anziché nascoste. L’opera diventa così memoria del tempo, eco del gesto e riflesso del dialogo tra la materia e l’artista.

Le opere in mostra sono realizzate con un materiale argilloso ricco di componenti che ne assicurano stabilità, resistenza e capacità di conservare i dettagli scultorei. Le varie forme, modellate a mano, sono integrate dall’artista seguendo metodi strutturali per progetti di grandi dimensioni, studiati e personalizzati da Rigalo: sistemi di rinforzo interni, viti e giunti garantiscono la stabilità delle sculture composte da più elementi che, pur apparendo precari, mantengono insieme un equilibrio solido. Attraversando la quinta in legno si accede alla seconda parte della mostra. Qui, nove sculture in terracotta e color pece si dispongono in fila come piccoli soldatini su un lungo plinto a muro: figure apparentemente minori, più dichiaratamente funzionali, concepite come vasi o contenitori, che invitano lo sguardo a indugiare sulle superfici, sulle forme e a seguire il ritmo della sequenza scultorea.

Forms Without Briefs si configura così come un’indagine contemplativa su oggetti che esistono per se stessi, la cui bellezza deriva dalla materialità, dalla plasticità, dalla sensorialità. La forma parla da sé, sospesa tra utilità e poesia, tra ambiguità e concretezza. La fluidità e l’energia delle opere di Rigalo comunicano stabilità e calma: oggetti che non devono giustificare la loro esistenza attraverso una funzione, ma che parlano di istinto, energia, tempo, processo, memoria, invitando chi osserva a una contemplazione più sensoriale che razionale.

BB Studio_Forms Without Briefs by Harry Rigalo x TGDD ©Luigi Fiano

BB Studio_Forms Without Briefs by Harry Rigalo x TGDD ©Luigi Fiano

BB Studio_Forms Without Briefs by Harry Rigalo x TGDD ©Luigi Fiano

Matilde Burelli, 09 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

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La forma è un sentimento che cammina: le presenze di Harry Rigalo per The Great Design Disaster a Milano | Matilde Burelli