Dal 6 dicembre al 9 novembre 2025 il Museo storico e Parco del Castello di Miramare a Trieste riapre all’arte contemporanea con una mostra collettiva sul tema della natura. Intitolata «Naturae. Ambienti di arte contemporanea», la rassegna è organizzata da MondoMostre e CoopCulture con la curatela di Melania Rossi, e occupa i mille metri quadrati di superficie delle scuderie del castello, con anche alcune installazioni nel parco.
Diciotto gli artisti selezionati dalla curatrice, tra i quali gli storicizzati Rebecca Horn e Hermann Nitsch, Jan Fabre, Marina Abramovic, Bianco-Valente, Mimmo Paladino e poi i più giovani Marta Roberti (Brescia, 1977), Pietro Ruffo (Roma, 1978), Luca Trevisani (Verona, 1979), Simone Berti (Adria, 1966), Elisabetta Di Maggio (Milano, 1964), José Angelino (Ragusa, 1977) e dall’estero Liu Bolin (Cina, 1973), Sophie Ko (Tbilisi, 1981), Macoto Murayama (Kanagawa, 1984), con più di 50 opere esposte. La scelta è caduta su artisti di diverse generazioni e provenienze geografiche, che con tecniche e modalità differenti hanno approfondito il tema oggetto della mostra. Ogni artista occupa una singola stanza delle scuderie e ogni stanza è collegata alle altre secondo una «drammaturgia» coadiuvata anche da scritti e citazioni di scienziati e grandi pensatori che hanno parlato del rapporto tra uomo e natura nelle varie epoche storiche.
La natura non è trattata nell’accezione di «ambiente naturale» o nelle sfumature «ecologiche» del termine, bensì nella relazione con l’essere umano. Si tratta di una natura non selvaggia ma «addomesticata» e controllata così com’è nella stessa vocazione del Castello di Miramare, nato nell’800 con la cultura del giardino romantico. In Nitsch, Fabre, Horn e Abramovic questa relazione passa attraverso il corpo e la performance. José Angelino lavora con i flussi naturali e rende visibile attraverso il disegno l’aspetto invisibile della natura con la risonanza Schumann; Marta Roberti crea grandi disegni nei quali la natura selvaggia è protagonista e l’elemento umano partecipa alla natura primigenia; Sophie Ko utilizza, oltre a elementi minerali, anche ali di farfalla che trova per strada o sulle bancarelle; il cinese Liu Bolin, maestro del camouflage, ragiona sul concetto di paesaggio nascondendo la sua immagine sullo sfondo con il body painting.
In mostra uno spazio cambierà nel corso degli 11 mesi con una turnazione di altri artisti. «Gli ambienti del titolo, precisa Melania Rossi, sono come “horti conclusi”, i giardini medievali dove i religiosi avevano la possibilità di rapportarsi con l’elemento naturale, veri e propri luoghi di contemplazione, in questo caso sostituiti dall’arte».