A Mendrisio, il Museo Vincenzo Vela, diretto da Antonia Nessi, ha inaugurato il 23 febbraio (e fino al 27 aprile) un’inedita installazione di Ishita Chakabroty, «La libertà è una lotta costante», che s’inserisce nella riflessione in corso a livello internazionale per «decolonizzare i musei». Chiave di lettura è il concetto di porosità, che intacca un elemento monolitico qual è la nostra stessa società, celebrata dai monumenti di eroi italiani ed europei della gipsoteca di Vincenzo Vela (Ligornetto, 1820-Mendrisio, 1891). In questo Pantheon del nostro progresso civico, la giovane artista indiana classe 1989, che vive in Svizzera ed è già stata insignita del premio Manor Aarau, dice di essersi sentita estranea. Per questo ha deciso di far fiorire una visione nuova e alternativa del mondo, creola grazie alla convivenza di culture, pubblico e privato, diversi momenti storici e specie.
Così alle statue candide sui piedestalli fanno da contraltare colorati vegetali, che sono parte della nostra quotidianità consumistica, ma vengono da lontano: baccelli di cacao, piante di caffè, cotone, banani. Quest’interferenza visiva e culturale s’immette delicata grazie a silouette sospese, che sul retro svelano colorati sari indiani, si muovono al passaggio dei visitatori e sono cullate dal suono delle testimonianze del vissuto di altri immigrati. La direttrice Nessi parla di «necessità di relativizzare il patrimonio» alla luce dello sguardo di oggi. Così la principale opera di Vincenzo Vela portata al centro della sala, lo Spartaco che a ridosso del periodo rivoluzionario del 1848 veniva visto come l’intrepido liberatore dal giogo straniero, nel tempo venne preso Oltreoceano come schiavo nero simbolo di libertà: ieri l’abbiamo visto alla luce dell’immaginario kubrickiano, oggi inaspettatamente colpisce per il broncio minaccioso molto simile all’espressione oltraggiosa delle immagini ufficiali di Donald Trump. Per fortuna, la radicale tenerezza di Chakabroty apre nelle nostre granitiche certezze varchi che danno riparo.
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Una veduta del work in progress «La libertà è una lotta costante» di Ishita Chakraborty al Museo Vela. Foto: Sebastiano Carsana