Mariella Rossi
Leggi i suoi articoliIl Friuli Venezia Giulia è tra le prime regioni in Italia sia per l’investimento di risorse pubbliche in cultura sia per la spesa culturale delle famiglie. Secondo gli ultimi dati Istat (riferiti al 2022), le medie regionali sono più alte di quelle nazionali, infatti oltre alla percentuale di persone che frequentano i musei (26,3% in Friuli Venezia Giulia a fronte di una media italiana del 22,6%) e i concerti (10,5%, contro 6,5%), anche i lettori abituali sono molti di più nella regione (48,9%) rispetto alla media nazionale (39%). A registrare ottimi afflussi nello specifico sono anche i siti museali, che nel 2022 in Friuli Venezia Giulia hanno registrato 2,3 milioni di visitatori, con un incremento del 76,9% rispetto all’anno precedente (ancora parzialmente segnato dalle restrizioni messe in atto per il Covid-19).
Questi dati incoraggianti fanno da sfondo alle parole di Mario Anzil, nato a Udine nel 1971 e laureato in Legge all’Università di Trieste, vicepresidente della Regione e assessore regionale a Cultura e Sport nella Giunta presieduta da Massimiliano Fedriga. Al Governo regionale da poco più di un anno, ha applicato da subito un approccio a medio-lungo termine con la volontà di innescare cambiamenti capaci di influire sul futuro, a cominciare dall’opportunità rappresentata da Go! 2025 Nova Gorica Gorizia Capitale europea della cultura, le cui atmosfere e collaborazioni proseguiranno anche oltre il 2025, in sintonia con un’idea di confine immaginato non come limite, ma come trampolino per spingersi più in là.
Vicegovernatore Anzil, secondo lei ci sono molte differenze tra la realtà culturale del Friuli Venezia Giulia e quella delle regioni limitrofe?
La nostra regione ha una peculiarità geografica che la caratterizza e la arricchisce rispetto alle regioni limitrofe. Infatti, può giovarsi dei buoni contatti con i diversi Stati confinanti e da questa cooperazione internazionale nasce un’offerta culturale variopinta e vivace, tipica e speciale.
Lei considera che debbano esserci rapporti con i pubblici della cultura? Ha dei dati in materia?
Le inevitabili scorie causate dalla sospensione delle attività culturali nel periodo pandemico ormai si stanno rapidamente esaurendo. I dati di presenza di pubblico nei teatri regionali, nei musei, nelle gallerie d’arte e in occasione di spettacoli musicali, concerti e festival cinematografici sono molto confortanti. In alcuni casi hanno addirittura superato quelli dell’anno antecedente la pandemia. Questo grazie all’assoluta qualità delle produzioni culturali offerte, oltre a proposte mirate a particolari target di pubblico, che in alcuni casi, in passato, non avevano l’abitudine di frequentare teatri, musei e sale da concerto. Certo, per consolidare nel tempo questi confortanti risultati a favore di tutta la comunità sarà necessario che tanto gli operatori culturali quanto le istituzioni lavorino insieme nella direzione di uno sviluppo coordinato, soprattutto rivolto alle nuove generazioni, che costituiscono il pubblico di domani.
Bastano le risorse che la Regione Friuli Venezia Giulia investe in campo culturale?
Siamo tra le prime Regioni in Italia per investimento di risorse pubbliche nel settore della cultura. Credo sia il segno di un investimento culturale che va di pari passo con l’evidenza che la nostra Regione ha assegnato al sistema cultura per favorire un «Rinascimento del Friuli Venezia Giulia». Il Rapporto Annuale Impresa Cultura, realizzato da Federculture (l’associazione nazionale che rappresenta le imprese culturali e i soggetti pubblici e privati che gestiscono beni e attività culturali) e che fotografa ogni anno lo «stato di salute» e l’andamento in termini di risorse, domanda e offerta in ambito culturale, ha evidenziato che il Friuli Venezia Giulia è al sesto posto tra le regioni italiane per spesa culturale delle famiglie. Addirittura prima di Lazio, Piemonte e Veneto. Le ingenti risorse in ambito culturale che la Regione ha allocato al proprio bilancio (59,7 milioni per le attività culturali e 11,7 milioni per il patrimonio culturale) si riflettono con effetti positivi sul turismo culturale, confermato dalla crescita dell’attrattività delle città d’arte e anche dei piccoli centri a vocazione culturale, che sono una peculiarità della nostra regione, così ricca di perle diffuse nel territorio.
State portando avanti progetti particolari per il patrimonio materiale e immateriale etnografico? Con quale obiettivo?
La Regione, grazie al nostro Ente Regionale per il Patrimonio Culturale, sta strutturando una rete di musei etnografici denominata Mess (Museo etnografico, storico e sociale del Friuli Venezia Giulia), attraverso la stipula di singole Convenzioni (strumento flessibile e snello) tra lo stesso Erpac e i musei interessati. Per l’attuazione di queste Convenzioni la Regione stanzia annualmente le risorse che permettono ai musei appartenenti alla rete di ricevere servizi specifici e contributi per attività concordate. Con l’implementazione della rete regionale etnografica Mess ci prefiggiamo, in un’ottica di medio-lungo periodo, di fornire ai musei supporto scientifico e tecnico per il raggiungimento di livelli minimi uniformi di qualità, accompagnandoli quindi nell’individuazione e nel raggiungimento di obiettivi di miglioramento e potenziamento delle proprie attività e della propria missione sul territorio. Contiamo così di assicurare la piena accessibilità, fisica e intellettuale delle collezioni e del patrimonio materiale e immateriale etnografico regionale, e di promuovere al contempo la conservazione, la gestione e la cura delle collezioni. Ma non meno importante è l’obiettivo di favorire sia lo svolgimento di attività educative e percorsi didattici in collaborazione con le istituzioni scolastiche, per la conoscenza del nostro patrimonio etnografico, sia la realizzazione di attività formative e di aggiornamento professionale per il personale interno, per i collaboratori esterni, per i volontari e per tutte quelle figure che in diverso modo interagiscono e contribuiscono allo sviluppo delle attività dei musei della rete.
Quali obiettivi si è posto per il suo mandato?
Vorrei riuscire a immaginare un manifesto culturale che racchiuda nel contempo sia la nostra visione di futuro sia le basi condivise per un movimento culturale e artistico che contraddistinguerà i prossimi anni nella nostra regione. Noi siamo da sempre caratterizzati dalla forte presenza del confine, e ci riconosciamo coralmente nella cultura di frontiera. Confido che con il volano del forte impegno pubblico, questa visione condivisa possa stimolare una vivacità culturale potenzialmente preludio di un’auspicata stagione di nuova rinascita.
Che cosa può dirci di Go! 2025 Nova Gorica Gorizia Capitale europea della cultura 2025? Quali sono le sue sensazioni e le sue aspettative?
Essere la Capitale europea della cultura può aprire la strada alla scrittura di una nuova storia: quella di una regione di confine che esplora la cultura di frontiera per costruire un nuovo dialogo. Abbiamo una rete di operatori culturali di qualità che vogliamo mostrare all’Europa. Go! 2025 non ha un limite geografico in Nova Gorica e Gorizia, ma si estende a tutto il territorio regionale, così come non ha un limite cronologico nel 2025, ma produrrà effetti anche negli anni a venire. Con convenzioni specifiche abbiamo aperto linee contributive per gli operatori più grandi su bandi triennali e per gli operatori più piccoli attraverso contributi annuali. A tutti chiediamo di fornire un’interpretazione del confine che favorisca l’offerta di esperienze culturali pluraliste.
Altri articoli dell'autore
Con l’impegno della direttrice Stella Falzone, il MArTA aiuterà la città pugliese a cambiare pelle e a riprendere il suo ruolo dominante nel panorama archeologico nazionale e internazionale
Al m.a.x. museo e allo Spazio Officina una panoramica di designer, pittori e creativi
Dopo Ruth e Giancarlo Moro, nella città ticinese una serie di appuntamenti all’insegna dell’arte contemporanea
Il Museo di Ligornetto dedica una mostra al figlio di Vincenzo, fertile autore di vivaci rappresentazioni cromatiche, che seppe uscire dall’ombra del padre e ritagliarsi il proprio spazio nell’ambiente artistico ottocentesco