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«Cristo crocifisso» (metà del XV secolo) dalla Confraternita di San Bernardino di Canale (particolare)

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«Cristo crocifisso» (metà del XV secolo) dalla Confraternita di San Bernardino di Canale (particolare)

La riscoperta dei corpi di Cristo nel Piemonte meridionale

A Montà d’Alba sono esposte sculture lignee, restaurate e recuperate per la fruizione comunitaria, raffiguranti Gesù defunto e realizzate tra Quattro e Settecento 

Montà o Montà d’Alba (Cn) è un piccolo comune di poco più di 4mila abitanti situato nel Roero, non lontano da Asti, alle porte delle Langhe, in una zona bellissima del Piemonte, crespata di colline, da sempre vocata alla coltura della vite. È un territorio che oggi conosce uno sviluppo turistico nuovo e impetuoso. In questi luoghi le vestigia del sacro, sparse fra chiese, cappelle e piccoli Sacri Monti, offrono la testimonianza di quanto vasta sia la ricchezza spirituale e artistica dell’antico Piemonte. A Montà il 16 maggio, presso il Salone Comunale, viene inaugurata la mostra «Corpi di Cristo. Testimonianze scultoree tra Quattrocento e Settecento nel Piemonte meridionale». L’esposizione è promossa, in virtuosa sinergia, dal Comune di Montà, dalla Parrocchia di Sant’Antonio Abate, dall’Associazione Montata Fangi e dall’Ecomuseo delle Rocche del Roero, in collaborazione con il Museo Diocesano di Alba. Hanno contribuito all’evento la Fondazione Crc, la Banca d’Alba, la Newatt group Gazel, Simplast Group, Sipal, Lions Canale-Roero, Cauda Strade, Insit Group, Alma, dal Trifulè, Calorio Lavorazionimeccaniche, Cmd di Capello, Bornengoetrucco.

La mostra prosegue un significativo e lodevole percorso di recupero e restituzione alla comunità del consistente patrimonio artistico locale, iniziato nel 2020, volto a coinvolgere direttamente la cittadinanza locale nella conoscenza, tutela e valorizzazione del proprio patrimonio storico artistico. L’evento si vale di un comitato scientifico composto da Giuseppe Dardanello, Silvia Piretta, Paola Traversone e Massimiliano Caldera. Particolarmente curato e scenografico l’allestimento, opera dello studiocantono+valsania (Torino); non manca un video didattico a cura di Alessandro Cocito. Il complesso e delicato restauro delle sculture è stato realizzato da Restauri Pier Franco Nicola. È previsto anche un piccolo ma utile catalogo stampato dalla Editris di Torino. La mostra, visitabile fino al 13 luglio, si focalizza su preziose opere lignee raffiguranti il tema del Cristo morto. Spicca fra tutti un magnifico «Cristo deposto» del XV secolo recentemente recuperato, proveniente dalla vecchia Parrocchiale di Montà. L’opera rappresenta una straordinaria testimonianza della sensibilità religiosa e artistica dell’epoca e viene esposta, a confronto, accanto ad altre importanti sculture provenienti dal territorio, che indagano l’evoluzione iconografica e devozionale del soggetto dal Quattrocento al Settecento. Tra le opere in mostra, anche il «Cristo crocifisso» (metà del XV secolo) dalla Confraternita di San Bernardino di Canale, il raffinato «Cristo crocifisso» (1720-30) di Carlo Giuseppe Plura dalla Chiesa della SS. Trinità di Bra, l’intenso «Cristo morto» (1760-70) su modello di Francesco Ladatte dalla Chiesa di Santa Croce a Cavour, oltre al «Cristo deposto» (XVII secolo) dal Sacro Monte dei Piloni. I Cristi morti e i crocifissi sono stati studiati in relazione alla scultura ligure e lombarda e ai riferimenti romani del genere.

«Cristo deposto» (XVII secolo) dal Sacro Monte dei Piloni (particolare)

L’immagine scolpita del Cristo crocifisso è sempre stata al centro di manifestazioni collettive dal forte coinvolgimento religioso ed emotivo, come avveniva nella Settimana Santa, quando il Crocifisso veniva deposto dalla Croce e offerto alla venerazione dei fedeli. Dobbiamo tuttavia ricordare che queste statue non sono mai state solo opere d’arte a sé stanti, ma ausili all’immaginazione e al potere della fede nel processo di interpretazione delle immagini sacre, in grado di suscitare emozioni e riflessioni che possono indurre a conversioni e alla santità stessa (si ricordi il caso del Crocifisso di San Francesco). L’immagine, sia essa dipinta, scolpita, o altro, va intesa sempre non per quello che raffigura, ma in relazione al prototipo in essa raffigurato, altrimenti si cadrebbe nell’idolatria. La venerazione delle immagini sacre fu codificata e confermata al tempo del Concilio di Trento, sul fondamento di quella teologia dell’immagine, che in epoca bizantina aveva trovato la sua applicazione nel Concilio di Nicea II (787 d.C.). Diego Laínez (1512-65), primo successore di Ignazio di Loyola, in merito al culto dovuto alle sacre immagini affermò che esse servono a «tirare la mente» a quanto rappresentato e che quando ci inginocchiamo davanti a una di esse non ci inginocchiamo davanti a una statua o a un dipinto fini a sé stessi, ma a quello che rappresentano: Cristo, la Vergine, Dio o i santi.

Questo è capitato anche per secoli nella piccola e devota Montà, dove generazioni di abitanti hanno pregato davanti a questi Cristi morti e compianto i suoi dolori, avvicinandoli ai loro e traendone consolazione. Queste rappresentazioni di Cristo che ora la mostra propone, molto pregevoli sul piano artistico, sono altrettanto importanti su quello della fede, come giustamente ha ricordato François Boespflug, quando affermava che «Oggi più che mai è estremamente importante che gli europei si rendano conto di un fatto fondamentale che hanno invece la tendenza a sottovalutare, come fosse trascurabile: il Cristianesimo latino è l’unico dei tre monoteismi che abbia tollerato, poi accettato, legittimato, suscitato e praticato una straordinaria galleria di ritratti del Dio unico. Che abbia osato esplorare il suo intimo mistero, il suo segreto. Che nel fare questo abbia impiegato tanto talento e tanta audacia».

«Cristo morto» (1760-70) su modello di Francesco Ladatte dalla Chiesa di Santa Croce a Cavour

Arabella Cifani, 13 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

La riscoperta dei corpi di Cristo nel Piemonte meridionale | Arabella Cifani

La riscoperta dei corpi di Cristo nel Piemonte meridionale | Arabella Cifani