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Javier Pes
Leggi i suoi articoliIl 19 novembre la Tate Britain ha riaperto al pubblico le sale più antiche della propria sede. Si tratta della seconda fase del Millbank Project, il piano di ristrutturazione e riallestimento del museo (realizzato da Sydney R.J. Smith e aperto nel 1897), che aveva visto l’inaugurazione delle prime dieci sale a maggio (progetto di Herzog & de Meuron) e che sarà completato nel 2014 con l’apertura di altre dieci sale per l’esposizione di circa 500 opere (costo totale 45 milioni di sterline, 54 milioni di euro ca). Nata nel 2000, quando la Tate Gallery si era scissa dando vita alla Tate Modern e, appunto, alla Tate Britain, la cosiddetta «casa dell’arte britannica» ha sempre sofferto di un senso di inferiorità rispetto alle più prestigiose istituzioni mondiali, arrivando a contare 1,5 milioni di visitatori l’anno, ma consapevole di avere un potenziale ben più alto. Ora, le trasformazioni principali realizzate dallo studio Caruso St John Architects, autore di questa seconda tranche di interventi da 16 milioni di sterline (19 milioni di euro ca), hanno portato al ripristino dell’entrata prospicente il Tamigi, nuovo ingresso principale con scalinata d’accesso al Foyer, alla riapertura del Grand Saloon, ribattezzato River Room, un’ampia sala con vista sul fiume che ospiterà seminari ed eventi e che è rimasta chiusa dall’inondazione del 1928 e poi adibita a uffici, e all’inserimento di una nuova scala elicoidale nella Rotonda: perfetto esempio di intervento coerente con l’ambiente circostante ma dotato di autonomia formale e il cui stile è a metà tra un disegno di Escher e l’Art Déco, conduce alla balconata che domina l’intero atrio, risalente al 1920.
Tra gli artefici principali del rinnovamento della Tate c’è la direttrice Penelope Curtis (Londra, 1961, in carica dal 2010), il cui credo è però sempre stato quello di «valorizzare più che trasformare», come tiene a sottolineare lei stessa. Al criterio tematico, ora riservato per lo più alle sale minori, fa da contraltare adesso un percorso cronologico più «robusto». Diverse opere potranno così essere esposte dopo anni trascorsi nei magazzini e alcune sono state restaurate in occasione della riapertura (come il murale di Rex Whistler «The Expedition in Pursuit of Rare Meats», 1926-27, nel seminterrato, che ospita caffetteria e ristorante, anch’essi riallestiti). Molti dettagli inoltre sono stati valorizzati, come lo studio delle viste tra una sala e l’altra o il rinforzo dei pavimenti per poter esporre sculture fino a oggi precluse: due lavori monumentali di Jacob Epstein in esposizione destano particolare ammirazione, «Sun God», 1910 (retro «Primeval Gods», 1931-32), in prestito dal Metropolitan di New York, e «Jacob and the Angel», 1940-41, della Tate. Per questo «nuovo inizio» sono anche state commissionate opere ad hoc, realizzate da tre artisti contemporanei: Richard Wright, Alan Johnston e Nicol Wermurs. Maggiore attenzione anche al settore educativo, grazie ai nuovi spazi dedicati e a un’entrata riservata esclusivamente alle scuole, sotto la scalinata principale, e alla ricerca, con nuove sale e strumenti di consultazione degli archivi. Principale finanziatore della trasformazione della Tate è l’Heritage Lottery Fund.