Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Piero della Francesca, «Leggenda della Vera Croce», San Francesco ad Arezzo (particolare)

Image

Piero della Francesca, «Leggenda della Vera Croce», San Francesco ad Arezzo (particolare)

L’armonia musicale di Piero della Francesca

Note strinate • «Les fresques de Piero della Francesca» di Bohuslav Martinů come traduzione musicale delle suggestioni degli affreschi di Arezzo, ricostruendone la genesi culturale e il significato nel contesto artistico e musicale del Novecento

Nel 1955 l’eminente musicista ceco Bohuslav Martinu compose a Nizza un notevole poema sinfonico in tre movimenti intitolato «Les fresques de Piero della Francesca». Il pezzo fu eseguito l’anno dopo al Festival di Salisburgo sotto la direzione di Rafael Kubelík ottenendo grande successo. La genesi di questo superbo lavoro è interessante. Martinu era nato nel 1890 e, dopo aver studiato in patria, si era acclimatato a Parigi entrando a far parte di quella che verrà poi ricordata, dalla fine degli anni Venti, proprio come l’École de Paris, annoverante una serie di eccelsi compositori. Dovette poi emigrare negli Stati Uniti, ottenendone la cittadinanza nel 1952. Rientrato successivamente in Europa, ebbe ripetute occasioni di recarsi anche in Italia, dove rafforzò l’appassionato culto per le arti figurative che aveva sempre avuto. 

Il suo amico e conterraneo, Rudolf Kundera, pittore di qualche merito nell’ambito matissiano-picassiano, lo introdusse all’arte di Piero della Francesca subito dopo la pubblicazione, nel 1951, della memorabile monografia su questo artista di Sir Kenneth Clark. Il dotto studioso inglese era in quel momento un referente assoluto per tutti i cultori delle Belle Arti, anche se mancava ancora una quindicina d’anni all’inizio (1969) delle trasmissioni televisive a sua cura che, col titolo di «Civilisation», sarebbero diventate il modello per antonomasia dell’alta divulgazione storico artistica. Modello rimasto sostanzialmente vigente fino ad oggi e ripreso da tutti i più grandi maestri della disciplina tra cui i nostri Federico Zeri, Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi. Certo, era stato Roberto Longhi (con la monografia del 1927, ripresa anche dal suo intervento del 1950, Piero in Arezzo) a lanciare la figura di Piero della Francesca come il sovrano maestro che definisce l’idea stessa del Rinascimento e dell’aulica atarassia e bellezza dello spazio prospettico e della conseguente «dignitas» della figura umana. 

Ma si dovette a Clark la traduzione di questa immagine (a parer mio alquanto fasulla) in quella dell’irreprensibile e infallibile gentleman universale, «compos sui», dotto e sereno, simbolo mirabile dell’essere umano civilizzato pur non ignaro degli inevitabili residui di ferinità, sapiente dispensatore di benevolenza. Martinu, visitati gli affreschi di Arezzo, intese darne non tanto una meccanica, e peraltro impossibile, trasposizione in termini musicali quanto una metafora sonora delle sensazioni e suggestioni scaturite da una visione consapevole dell’immane capolavoro in San Francesco ad Arezzo, per parlare all’universo dei buoni e dei giusti che vi si vedono come rispecchiati. Il grande compositore incitò i suoi ascoltatori a non farsi prendere da facili modalità di ascolto, ma indicò bene la fonte di ispirazione dei tre movimenti del poema sinfonico. Il primo è un inno alle donne che scortano la Regina di Saba prima verso il ponticello sul fiume Siloe e poi alla presenza di Salomone; il secondo è il «Sogno di Costantino», quel magico notturno su cui Vasari nelle Vite ha scritto una pagina definitiva; mentre il terzo è una sintesi globale, riferita alla totalità degli affreschi. Una sintesi di quel senso di pienezza espressa da una sorta di possente piattaforma sonora che investe tutta la composizione marcando, a ben vedere, un’epoca felice nella storia della musica occidentale. Un’epoca che vede nel giro di pochi anni la solenne affermazione del jazz secondo Miles Davis («Kind of Blue» esce nel 1959) e nel contempo della musica postdodecafonica di Darmstadt («Gruppen» di Karlheinz Stockhausen viene elaborato tra il 1955 e 1956). Tempi beati, ma solo in apparenza come felice non fu certo il mondo della pittura di Piero, anche se lo rimane almeno nel ricordo dei posteri così devoti a lui, tra i quali ci piace comunque annoverarci.

Claudio Strinati, 27 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Note strinate • Dietro l’opera del maestro urbinate si cela la vicenda della scomunica di Martin Lutero da parte di papa Leone X Medici, trattata attraverso i temi «trasfigurati» della Grazia e del Libero arbitrio

Note strinate • Nel 1987 il sommo scrittore russo pubblicò un pamphlet con un bilancio del pensiero estetico del XIX secolo per dimostrarne, in conclusione, la sostanziale fatuità e inutilità

Note strinate • Non è probabile che Pollock abbia avuto Cassirer tra le sue fonti di ispirazione eppure la coincidenza di posizione tra questi due sommi personaggi è emblematica

In campo artistico e letterario sono almeno due: l’abbé Prévost, dotto e affascinante scrittore, e l’incisore parigino Bonaventure-Louis Prévost

L’armonia musicale di Piero della Francesca | Claudio Strinati

L’armonia musicale di Piero della Francesca | Claudio Strinati