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Vera Fortunati
Leggi i suoi articoli«Pigliar occhi per avere la mente» (Paradiso, XXVII-92), ove Dante rielabora in una straordinaria sintesi il pensiero di Gregorio Magno sull’importanza delle immagini nel Medioevo, è il titolo scelto da Laura Pasquini per introdurre il lettore al viaggio entro la «componente figurativa» della Divina Commedia, per svelarne le fonti nascoste in un ampio repertorio artistico dal mondo antico e bizantino alle novità sperimentali di fine Duecento e inizio Trecento.
Senza dimenticare gli importanti studi esistenti, la Pasquini, in sintonia con Aby Warburg, evidenzia la misteriosa complessità che caratterizza il ruolo delle immagini in ciò che definisce «la biblioteca interiore» del poeta: immagini che, stimolando emozioni e fantasia, affiorano più o meno consapevolmente alla memoria per essere trasformate o trasfigurate dalla forza poetica di Dante.
L’indagine è condotta con la massima prudenza: si parte dai soggiorni documentati di Dante a Firenze, Bologna, Verona, Treviso e Ravenna per riconoscere i documenti artistici che hanno potuto suggestionarlo.
Solo in un secondo momento lo sguardo si allarga all’ipotesi di un viaggio a Roma in occasione del giubileo del 1300 per la visione dei celebri cicli musivi; a Padova per la conoscenza di Giotto; a Venezia per i mosaici di San Marco; a Torcello per il Giudizio Universale di Santa Maria Assunta.
La simmetria fra la poesia di Dante e le opere d’arte è messa in risalto dalla profonda conoscenza che l’autrice ha sia della Commedia sia dell’orizzonte artistico più o meno coevo, con una specifica attenzione alle iconografie della più antica tradizione cristiana.
Si segnalano alcuni esempi emblematici: i dannati che si contorcono e mordono le labbra nel mosaico della Cattedrale di Torcello si rispecchiano negli iracondi del canto VIII dell’Inferno; il Satana mostruoso, antropomorfo e triforme, immaginato da Coppo di Marcovaldo nella cupola del battistero di Firenze sembra rivivere con alcune varianti nel Lucifero dantesco.
Nel Purgatorio si intravvedono i segni della rivoluzione naturalistica promossa da Nicola e Giovanni Pisano e da Arnolfo di Cambio: esemplare è il ciclo dei bassorilievi scolpiti nel canto X.
Nella seconda cantica il celebre paragone fra Cimabue e Giotto è l’occasione per dimostrare come Dante, comprendendo il potere innovativo dell’arte giottesca, non esita a svelare la sua affinità con il pittore: entrambi impegnati a inventare nel proprio campo nuovi linguaggi.
Nel Paradiso trionfa lo splendore dei mosaici di Ravenna, non solo per i temi iconografici, ma soprattutto per gli aspetti materici e tecnici imitati dal poeta al fine di realizzare «una scintillante e irreale ambientazione paradisiaca».
Un libro importante e suggestivo: il rigore scientifico e la scrittura lucida e fluida regalano il singolare privilegio di vedere con gli occhi del grande poeta l’arte del Medioevo.
Pigliare occhi, per aver la mente. Dante, la Commedia e le arti figurative,
di Laura Pasquini, 288pp., ill. col., Carocci, Roma, 2021, € 24

Il Satana mostruoso, antropomorfo e triforme di Coppo di Marcovaldo nella cupola del battistero di Firenze