Uno still dal film «For Aicha» (2024) di Orian Barki, Meriem Bennani, John Michael Boling e Jason Coombs

Cortesia dell’artista

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Uno still dal film «For Aicha» (2024) di Orian Barki, Meriem Bennani, John Michael Boling e Jason Coombs

Cortesia dell’artista

Le ciabatte di Bennani alla Fondazione Prada

Nel Podium due lavori dell’artista marocchina: una grande installazione di infradito che «prendono vita» per un «balletto-sinfonia-rivolta» in un ambiente multisensoriale e «un film nel film», tra il documentario e l’animazione

Oltre due anni di lavoro sono stati necessari a Meriem Bennani (Marocco, 1988; vive e lavora a Brooklyn, New York) per realizzare i due lavori che compongono un grandioso progetto da lei ideato per i due piani del Podium, nella sede milanese di Fondazione Prada. «For My Best Family» (dal 31 ottobre al 24 febbraio), il progetto espositivo più ambizioso sinora realizzato da Bennani, è un ambiente multisensoriale formato da una grande installazione, che occupa il piano terreno, e dal film d’arte «For Aicha», diretto dall’artista con la regista e documentarista Orian Barki (Tel Aviv, Israele, 1985; vive e lavora a New York): il duo cui già si doveva il film «2 Lizards» (2020), acclamato dal «New York Times» («un lavoro ipnotico; un’originale commistione tra la struttura del documentario e il surrealismo animato») e acquisito dal MoMA di New York per le sue collezioni. 

È proprio questa «commistione», del resto, la cifra dominante del lavoro cinematografico di Bennani, che ama spingersi nella dimensione di un realismo magico ibridato con i modelli linguistici dei filmati di YouTube, dei video girati con i cellulari e dei film di animazione. Non a caso, nel film «For Aicha» (circa 60 minuti; realizzato con la produzione creativa di John M. Boling e Jason Coombs), ci s’imbatte in una moltitudine di esseri ibridi, chimerici, metà umani e metà animali. Protagoniste sono due figure femminili dalla testa di sciacallo, realizzate con la tecnica dell’animazione 3D, che incarnano i personaggi di Bouchra, regista marocchina trentacinquenne che vive a New York, dove sta realizzando un film autobiografico sulla propria omosessualità, e di sua madre Aicha, cardiologa che vive a Casablanca, colte nei momenti in cui intrecciano un dialogo, intriso di affetto, di umorismo e di dolore, su questo tema. Un film nel film, dunque, che tuttavia si avvale delle reali conversazioni tra Bennani e la madre per narrare il sentimento che le lega, trasfigurando la loro interazione attraverso le sembianze animali e lo strumento «asettico» del film d’animazione. 

Ad accogliere i visitatori al piano terreno del Podium è però la grande installazione meccanica «Sole Crushing»: una sarabanda di innumerevoli ciabatte infradito in movimento, accompagnate da una colonna sonora composta con Cheb Runner che, grazie a un complesso sistema pneumatico, danno vita a un «balletto-sinfonia-rivolta». Distribuite in due «orchestre», due sculture spiraliformi e un’isola centrale, le ciabatte «prendono vita», così come accadeva con tanti oggetti quotidiani nei primissimi film d’animazione, «respirando» ed emettendo suoni, come se si trattasse di un ballo rituale collettivo o di un evento di aggregazione in cui la componente razionale viene meno per lasciare spazio alle forze della rabbia e della protesta o sbrigliare le energie dell’interiorità più profonda. Ciò che accade (lo suggeriva Federico García Lorca, facendo riferimento a Goethe) con il «duende», quella «forza misteriosa che tutti sentono ma nessun filosofo può spiegare», con cui si manifesta ed erompe «lo spirito nascosto della Spagna sofferente». 

Studio per «Sole crushing» (2024) di Meriem Bennani. Cortesia dell’artista

Ada Masoero, 29 ottobre 2024 | © Riproduzione riservata

Le ciabatte di Bennani alla Fondazione Prada | Ada Masoero

Le ciabatte di Bennani alla Fondazione Prada | Ada Masoero