Oltre due anni di lavoro sono stati necessari a Meriem Bennani (Marocco, 1988; vive e lavora a Brooklyn, New York) per realizzare i due lavori che compongono un grandioso progetto da lei ideato per i due piani del Podium, nella sede milanese di Fondazione Prada. «For My Best Family» (dal 31 ottobre al 24 febbraio), il progetto espositivo più ambizioso sinora realizzato da Bennani, è un ambiente multisensoriale formato da una grande installazione, che occupa il piano terreno, e dal film d’arte «For Aicha», diretto dall’artista con la regista e documentarista Orian Barki (Tel Aviv, Israele, 1985; vive e lavora a New York): il duo cui già si doveva il film «2 Lizards» (2020), acclamato dal «New York Times» («un lavoro ipnotico; un’originale commistione tra la struttura del documentario e il surrealismo animato») e acquisito dal MoMA di New York per le sue collezioni.
È proprio questa «commistione», del resto, la cifra dominante del lavoro cinematografico di Bennani, che ama spingersi nella dimensione di un realismo magico ibridato con i modelli linguistici dei filmati di YouTube, dei video girati con i cellulari e dei film di animazione. Non a caso, nel film «For Aicha» (circa 60 minuti; realizzato con la produzione creativa di John M. Boling e Jason Coombs), ci s’imbatte in una moltitudine di esseri ibridi, chimerici, metà umani e metà animali. Protagoniste sono due figure femminili dalla testa di sciacallo, realizzate con la tecnica dell’animazione 3D, che incarnano i personaggi di Bouchra, regista marocchina trentacinquenne che vive a New York, dove sta realizzando un film autobiografico sulla propria omosessualità, e di sua madre Aicha, cardiologa che vive a Casablanca, colte nei momenti in cui intrecciano un dialogo, intriso di affetto, di umorismo e di dolore, su questo tema. Un film nel film, dunque, che tuttavia si avvale delle reali conversazioni tra Bennani e la madre per narrare il sentimento che le lega, trasfigurando la loro interazione attraverso le sembianze animali e lo strumento «asettico» del film d’animazione.
Ad accogliere i visitatori al piano terreno del Podium è però la grande installazione meccanica «Sole Crushing»: una sarabanda di innumerevoli ciabatte infradito in movimento, accompagnate da una colonna sonora composta con Cheb Runner che, grazie a un complesso sistema pneumatico, danno vita a un «balletto-sinfonia-rivolta». Distribuite in due «orchestre», due sculture spiraliformi e un’isola centrale, le ciabatte «prendono vita», così come accadeva con tanti oggetti quotidiani nei primissimi film d’animazione, «respirando» ed emettendo suoni, come se si trattasse di un ballo rituale collettivo o di un evento di aggregazione in cui la componente razionale viene meno per lasciare spazio alle forze della rabbia e della protesta o sbrigliare le energie dell’interiorità più profonda. Ciò che accade (lo suggeriva Federico García Lorca, facendo riferimento a Goethe) con il «duende», quella «forza misteriosa che tutti sentono ma nessun filosofo può spiegare», con cui si manifesta ed erompe «lo spirito nascosto della Spagna sofferente».